Che la meta è il viaggio si sa da tempi immemori. Sono parole assaporate e riassaporate, che puntualmente vengono scandite, con gusto, dagli intrepidi always on the road. Ma, al di là di questo scarno, ma sempre piacevole, filosofeggiare, ci sono itinerari in cui la meta è realmente, contenutisticamente, il viaggio. Le rotaie che scavano lo Stivale spesso passano tra campi di mezzi toni, che addormentano gli occhi, o tra cubi su cubi di grigie produzioni umane, che addormentano la fantasia. Altre volte però, accade che regalino scorci di inaspettata pienezza, passando accanto a gioielli che se non stessimo andando, imporrebbero di fermarsi. Boschi e borghi arroccati, viali alberati, montagne innevate e vulcani, possono impreziosire la pellicola di mondo che scorre in qualche finestrino. E un treno che corre per raccontare una bellezza, non può che vestire un design elegante ed antico.
La Transiberiana d’Italia buca 70 chilometri di parchi e riserve naturali, nel Parco Nazionale della Majella, tra Abruzzo e Molise. Si viaggia alti, con la vertigine che è in gioco anche lei per mozzare il respiro. La linea è rimasta a lungo dismessa, ma recentemente è stata rivitalizzata. Parte da Sulmona, e dopo il Parco Nazionale della Majella entra negli altipiani abruzzesi, per finire poi la corsa nel selvatico e verdissimo Alto Molise.
È Patrimonio dell’Umanità e una delle linee ferroviarie più suggestive del mondo. Diretta, sbarazzina, viaggia per sfondare i confini nazionali, da Tirano, in provincia di Sondrio, in Italia, a St. Moriz in Svizzera. Tre ore su e giù in altitudine, fino a quota 2256 metri, sulla cima del Bernina. Dal finestrino si scartano frame dei paesaggi più diversi, tutti affascinanti, fiumi, laghi e desolazione, orti e campi coltivati, ponti e viadotti stagliati su sfondi chiari, di meravigliose montagne innevate, sulle quali si zooma poi, con scorci di straordinaria intensità.
Un treno che porta alto, a guardare il monte di Portofino, fino in Corsica. Per 25 chilometri si passa tra Genova e la montagna, attraversando le valli dei torrenti Bisagno, Polcevera e Scrivia. È un treno che viaggia con i segni del tempo quello che sfida i costoni rocciosi, con alcune carrozze che risalgono al 1929: alcune sedute sono le originali in legno, con le rifiniture in bronzo e in ottone. La carrozza bar è blu e crema, con una abatjour a segnare ogni tavolino. Sembra di correre in un altro spazio e in un altro tempo, a bordo di un improbabile, ridottissimo, Orient-Express.
Circumetnea costeggia l’Etna e fa strizzare gli occhi su un paesaggio da gita non convenzionale: sono crateri vulcanici ad aggredire la vista di taglio, da un’altitudine di quasi 1000 metri, sorpassati poi da agrumeti e distese di lava nera nera, che quasi si arriva a toccare. Da Catania arriva a Riposto, con la possibilità di far sosta in alcuni piccoli borghi, radicati nello spazio ma lontani dal tempo, come Bronte con i suoi pistacchi, o il piccolo centro medievale di Rendazzo.
La Sardegna è terra di boschi e vegetazione intricata, sulle sue rocce si muovono passi incerti. Eppure c’è una linea ferroviaria incatenata nell’entroterra sardo, che armonicamente vive con il paesaggio fin da fine Ottocento. Sale e scende accarezzando il territorio, senza bucare i monti con le gallerie. È un’andatura perfettamente solidale con il paesaggio, un viaggiare a basso impatto ambientale.
Sono tinte calde a riempire gli occhi del viaggiatore, quelle che scorrono dietro la superficie del Treno Natura, che avanza con locomotiva a vapore e carrozze d’epoca in legno. Si parte da Siena e si attraversa la Val d’Orcia, Patrimonio Mondiale dell’Umanità, facendo sosta nelle storiche piccole stazioni delle Crete. Lo sguardo segue il moto ondulato di colline argillose, dai colori caldi, si infiltra nei borghi arroccati, impatta sulle stradine bianche che stridono, contornate di cipressi, e riposa placido nei campi di girasole.
Vertiginosamente in alto, in altitudine e latitudine, corre poi il piccolo trenino del Renon. Da Bolzano si allunga per circa sette chilometri, scivolando tra i “camini delle fate”: sculture rocciose lavorate dal vento e dal ghiaccio. La tratta fu inaugurata nel 1907 e abbracciata come un miracolo. Era il primo mezzo di trasporto stabile che collegasse i paesino più sperduti del Sud Tirolo, sospeso tra campi e masi.
Quello su rotaia è ancora un viaggiare attraverso uno schermo. Eppure, concedendosi valide tappe, questo scivolare di paesaggi mozzafiato può valere davvero la pena.