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Jago the exhibition

JAGO the exhibition: il marmo racconta l’attualità

La genialità di Jago per la prima volta a Palazzo Bonaparte, a Roma, in una mostra che riunisce una serie di opere realizzate fino ad oggi dallo scultore. Scopriamone di più

6 minuti di lettura

«Mi considero un uomo e uno scultore del mio tempo. Utilizzo il marmo come materiale nobile legato alla tradizione ma tratto temi fondamentali dell’epoca in cui vivo. Guardo a ciò che mi circonda, gli do forma, e lo condivido». Così Jago, scultore di primo piano nello scenario artistico contemporaneo, definisce se stesso e il leitmotiv del proprio lavoro: la sua prima mostra, Jago the exhibition, altro non è che una tangibile testimonianza e conferma di queste parole.

Jago

Jago the exhibition è visitabile fino al 31 luglio presso Palazzo Bonaparte a Roma. Prodotta e realizzata da Arthemisia con la collaborazione di Jago Art Studio, l’esposizione ricalca il percorso dell’artista a partire dalle prime opere, incentrate sul rapporto con la natura – basti pensare ai Sassi raccolti sul greto del fiume Serra, modificati nel tempo dal corso dell’acqua e perciò metafora d’intervento creativo – fino alle opere attuali, emblematiche di aspetti esistenziali e umani.

«Habemus Hominem» e «Venere»: la tradizione rivisitata a Jago the exhibition

Fra le opere che hanno reso celebre Jago vi è la scultura rappresentante Papa Benedetto XVI scelta da Vittorio Sgarbi per il Padiglione Italia della 54esima edizione della Biennale di Venezia ed intitolata Habemus Papam. Il ritratto di Joseph Ratzinger, ispirato a quello di Papa Pio XI, realizzato da Adolfo Wildt e che vinse anche il Premio delle Pontificie Accademie in Vaticano, fu trasformato nel 2013 in Habemus Hominem, quando il Papa abdicò e Jago decise di spogliare la scultura dei suoi paramenti liturgici, rivelando un busto drammaticamente scarno. La severità del volto è stata così sostituita dalla dolcezza del sorriso, lo sguardo segue lo spettatore. Incredibilmente raffinata, come del resto in tutte le opere, la lavorazione del marmo tesa ad un realismo più che verosimile.

Jago the exhibition
Habemus Hominem, marmo, 2009/2016

Caratteristiche simili sono riscontrabili nella Venere, una figura che riprende la classica posa iconografica pur essendo priva dell’accezione tradizionale di bellezza. La statua raffigura difatti un’anziana che non nasconde le sue imperfezioni, i segni del tempo sul volto e sul corpo, ma anzi guarda fieramente il suo osservatore sprigionando un’inedita grazia, quella interiore.

Jago the exhibition
Venere, marmo, 2018

«Pietà» e «Figlio velato»: opere della nostra esistenza

In una delle sale più belle di Palazzo Bonaparte, quella che affaccia su Piazza Venezia, è esposta la Pietà ovvero un gruppo scultoreo che vuole riprendere l’episodio biblico ma interpretandolo in chiave moderna. Ad ispirare l’artista, difatti, è stata in particolare una fotografia – esposta in sala – raffigurante un padre che piange la morte del figlio tenendolo fra le braccia, scattata dal fotoreporter Manu Brabo durante la guerra in Siria. Il corpo plastico e il volto della statua riflettono l’attimo di eterno dolore e la consapevolezza della perdita, in contrapposizione all’inerme ed inesorabile abbandono del ragazzo.

Jago the exhibition
Pietà, marmo, 2021

Anche nel Figlio velato viene ripreso un motivo religioso, stavolta in omaggio al Cristo velato conservato a Napoli presso la Cappella San Severo: mentre, però, nell’opera settecentesca è rappresentato l’uomo che si è sacrificato per l’umanità, in quella di Jago c’è il corpo di un figlio sacrificato dall’umanità, un corpo qualunque e che, perciò, può essere quello di ciascuno. Dalla religione, in questo caso, Jago pare riprendere solo il profondo e spirituale significato del valore della vita.  

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Figlio velato, marmo, 2019

«Apparato circolatorio»

Sorprendente e sicuramente punto più originale di Jago the exhibition è l’installazione Apparato circolatorio. Qui, Jago, è riuscito a tradurre in arte la frequenza di un battito cardiaco realizzando 30 modelli di cuori esposti in cerchio al centro della sala, ognuno diverso dall’altro, per proporre le contrazioni del cuore in un singolo battito. In questo caso, fondamentale è stato l’utilizzo della tecnologia, in particolare della stampante 3D, con cui sono stati realizzati i calchi in gesso e dentro cui è stata colata l’argilla successivamente cotta e smaltata.

Apparato circolatorio, ceramica, 2017

L’artista, che tramite foto, video, e dirette streaming sui suoi account social, è riuscito ad arrivare al vasto pubblico. Ha, quindi, messo in piedi una mostra che vale sicuramente la pena visitare per gli stimoli creativi ed emotivi che offre, diversi fra loro, ma accomunati allo stesso tempo dalla ricerca per tecniche innovative e utilizzo di temi tradizionali rivisitati in chiave moderna.

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Chiara Esposito

Sono di Napoli, laureata in Archeologia, Storia dell'arte e Scienze del patrimonio culturale. Sono giornalista pubblicista, mi piace scrivere e ho tanta voglia di farlo

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