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Capendo gli uomini capiremo le epoche. Parola di Jean-Paul Sartre

Jean-Paul Sartre ha sempre sofferto l'identificazione della sua filosofia con l'ideologia della dominante classe borghese. Ma è possibile coniugare marxismo ed esistenzialismo?

14 minuti di lettura

Una vita intera spesa a pensare: il riposizionamento

Al nome di Jean-Paul Sartre sono associati un gran numero di etichette e pregiudizi differenti. Intellettuale engagé per antonomasia, fenomenologo, marxista, borghese, romanziere, letterato e icona pop; tutte queste definizioni possono essere affermate – con verità – circa la sua figura.

Come si spiega una simile pluralità di caratteri ed intenti? Sarebbe superficiale e svilente vedere nel filosofo de L’Être et le Néant una sorta di sofista del Ventesimo secolo che, per ottenere la fama letteraria, volta le spalle allo spirito del tempo in favore della moda del tempo e pone la sua penna non al servizio dell’altezza filosofica ma del successo editoriale. Eppure, tale critica è – sostanzialmente – quanto György Lukács, probabilmente il più grande marxista ortodosso del secolo, obiettava a Jean-Paul Sartre aggiungendovi, logicamente, la nota critica marxista all’ideologia.

Jean-Paul Sartre soffriva severamente l’identificazione della sua filosofia con l’ideologia della dominante classe borghese. Pur conscio dell’aspetto individualistico (al limite del solipstistico) che una lettura non particolarmente serrata de L’Essere e il Nulla può generare, Jean-Paul Sartre – fin dagli anni della guerra – si era impegnato attivamente sul fronte sociale e politico, partecipando alla Resistenza e collaborando -in maniera tangenziale ed esterna – con il Partito Comunista Francese. Perciò, pur rifiutando, puntualmente, le obiezioni dei marxisti ortdossi, Sartre prende profondamente sul serio quanto sollevato e avvia, a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta, una riflessione che mira ad riposizionamento del suo esistenzialismo in un rapporto di maggior vicinanza al socialismo marxista.

In questo senso, Jean-Paul Sartre, nel 1957, dà alle stampe Questions de méthode, testo che poi fungerà da prefazione per la poderosa Critique de la raison dialectique. Nelle pagine iniziale del testo, le philosophes, giura di non aver mai pensato il suo esistenzialismo contro il marxismo (come hanno fatto, a sua avviso, gli autori dell’esistenzialismo tedesco) ma di averlo sempre «sviluppato ai margini del marxismo»1 .

È giunta l’ora di sigillare questo «sistema parassitario che vive ai margini del Sapere»2 con la filosofia di Karl Marx poiché essa è – nel 1957 – ancora la filosofia vivente, l’unica filosofia capace di comprendere il movimento del mondo e della prassi degli uomini.

È necessario domandarsi da dove provenga questa esigenza di saldare esistenzialismo e marxismo in un riflessione unitaria, perché il pensiero marxista dovrebbe avere bisogno delle intuizioni esistenzialisti? Rispondendo a questa domanda Jean-Paul Sartre offre, al contempo, una sagace critica delle derive del marxismo dei suoi tempi e una notevole trattazione di storiografia filosofica.

Dalla ricerca totalizzatrice alla scolastica della totalità

In origine, nel secolo Diciannovesimo, il marxismo era sorto come tentativo di cogliere integralmente il mondo, la filosofia marxista era la filosofia vivente, ovvero quella capace di costituirsi come «espressione del movimento generale della società; e, finché vive, è lei a servire da ambito culturale ai contemporanei»3 .

Il richiamo, evidente nelle prime pagine del testo, è a Hegel e alla celebre definizione della filosofia come «il proprio tempo colto in pensieri»4. La filosofia, secondo Jean-Paul Sartre, ha il compito di emergere da una prassi storicamente situata per illuminarla verso e produrre un’ulteriore prassi intellettualmente rinforzata, ciò vale a dire che «ogni filosofia è pratica, anche quella che sembra a tutti prima la più contemplativa»5 .

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Il marxismo era sorto in questo orizzonte, nel Diciannovesimo secolo, come «un tentativo gigantesco non solo di fare la Storia ma anche di insignorirsi di essa, praticamente e teoricamente, unificando il movimento operaio e illuminando l’azione del proletariato mediante la conoscenza del processo capitalista e della realtà oggettiva dei lavoratori»6 .

Questa poderosa operazione intellettuale si arena – dice Sartre – e conosce il suo più grave tradimento nel corso del Novecento. All’indomani della Rivoluzione Russa la coesione di teoria e prassi che il marxismo ha sigillato si scioglie, da un lato si afferma una praxis caratterizzata dal livellamento burocratico e autoritario e, dall’altro, la teoria abdica al suo compito di essere faro d’illuminazione per divenire uno schema a priori che conferma pedissequamente la veridicità “rivoluzionaria” di quanto la praxis fa. Così, l’intellettuale marxista dei tempi di Jean-Paul Sartre corre a spiegare ogni momento storico, ogni frizione sociale e ogni tensione politica nei termini di un necessitarismo economico-metafisico che lascia poco spazio allo studio delle motivazioni individuali e alla ricerca di un senso nell’operare umano.

L’autore condensa questo tradimento della vitalità originale del pensiero marxista con la formula: «la ricerca totalizzatrice ha lasciato il posto a una scolastica della totalità»7 . L’utilizzo del termine “scolastica” non è casuale, la storia del marxismo è attraversata dalla lotta fra le forme “ortodosse” – che fanno vanto della loro fedeltà alla lettera di Marx – e quelle che, invece tentano di percorrere strade maggiormente creative e innovative, vie di fuga tangenziali che rielaborano i motivi del pensiero.

Jean-Paul Sartre, nel suo tentativo di unire esistenzialismo e marxismo, è perfettamente conscio di stare, da un lato, facendo del marxismo un pensiero euristico, una riflessione capace di illuminare l’analisi per sommi capi e di pavimentare la strada a ricerche approfondite ma, dall’altro, ritiene che questo sia precisamente il senso dell’insegnamento originario di Marx, specialmente quello – ad avviso del filosofo francese – del 18 Brumaio.

Si può dunque affermare che Jean-Paul Sartre si schiera in opposizione al marxismo e dalla parte di Marx. Contro tutti i tentativi di appiattire la realtà su dogmi, ovvero su costruzioni a priori che plasmano le narrazioni senza nessun rispetto per gli avvenimento concreti, Sartre rivendica il valore della fatticità, intesa nel senso offerto dalla tradizione fenomenologico-esistenzialista; ovvero come dato ricevuto e subito nell’esperienza e dall’esperienza, dunque al contempo passivo (nella misura in cui è dato) e attivo (nel momento in cui impone un cambiamento dell’esperienza).

Nello specifico, Jean-Paul Sartre non può accettare quel processo di livellamento – proprio di certo marxismo – che vuole vedere negli uomini fattori economici in senso stretto, ovvero equazioni, curve e altri indicatori. Questo, secondo Sartre, è un vero e proprio tradimento del materialismo; in questo movimento ci si limita, infatti, a totalizzare gli uomini, a farne degli elementi in un processo storico noncuranti della loro esperienza vissuta. È contro l’unidirezionalità di questa falsa dialettica che Sartre oppone il suo metodo progressivo-regressivo.

Disponibile qui: https://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fwww.nationalww2museum.org%2Fwar%2Farticles%2Fjean-paul-sartre-revolutionary-democracy&psig=AOvVaw33XA5tfjtkfvffy2GXF331&ust=1690210868998000&source=images&cd=vfe&opi=89978449&ved=0CBEQjRxqFwoTCKj1z6WMpYADFQAAAAAdAAAAABAE

Il metodo progressivo-regressivo

La domanda cruciale, che i marxisti ortodossi e dogmatici colgono solo a metà, è «come bisogna intendere […] che l’uomo fa la Storia, se, per un altro verso, è la Storia che lo fa?»8 . È necessario comprendere questo termine doppio entro cui l’uomo e la Storia si muovono. Nello specifico, è necessario considerare «la funzione dell’individuo nell’evento storico»9 .

Molta filosofia della storia di derivazione marxista, dice Jean-Paul Sartre, non vede in “Napoleone” nient’altro che il nome etichettato sul concetto “un intervento militare che arresti la Rivoluzione, garantisca ordine e permetta gli affari della borghesia”. Di contro, l’interazione di marxismo ed esistenzialismo permette di capire perché Napoleone (e non un altro uomo) ha portato avanti quelle politiche (e non altre) e dichiarato quelle guerre (e non scelto la pace).

L’elemento cruciale da delineare nella sua filosofia, in ogni epoca, è quello che Jean-Paul Sartre definisce “campo dei possibili“. In una data epoca si presentano, davanti ad ogni uomo, delle possibilità differenti (in termini materiali, tecnici, ecc.). È a partire dalle differenti situazioni che gli uomini costituiscono i propri progetti, i propri tentativi di intervenire sul mondo. L’universale, si presenta così sempre e costantemente mediato.

Marx non nega ciò, ma i suoi discepoli vedono la mediazione unicamente nella direzione del progressivo, ovvero di come l’universale plasma l’individuale, occorre studiare anche le maniere in cui l’universale è vissuto e costituito nelle individualità, ovvero il momento regressivo. Questo, per Sartre, si costituisce innanzitutto nello studio della famiglia (attraverso il recupero della psicanalisi) come condizioni originaria in cui l’individuo, nella sua infanzia, vive l’universale.

Per questa ragione, Jean-Paul Sartre si impegna attivamente nello studio delle psicobiografie di illustri intellettuali della cultura francese (a volte in maniera pedissequa, come con Flaubert e Jenet, altre volte con superficialità, nei casi di Hugo, Valery e De Sade) e lascia chiara l’indicazione di poter fare ciò anche con i personaggi più propriamente storici; politici, condottieri e potenti di varia sorta.

L’analisi oscillerà, così, fra un approfondimento sempre più costante dell’individualità singolare di una persona e, muovendosi con un controbalzo, con un’esplorazione totale delle strutture e dei modi di pensare dell’epoca. Si genera un vero e proprio andirivieni fra l’epoca e i suoi soggetti-oggetti, in cui ogni elemento aiuta ad illuminare l’altro.

La strada pavimentata da Jean-Paul Sartre conduce, chiaramente, alla via del celebre “post-strutturalismo” che, specialmente in Francia, ebbe come concetto cardine e centrale quello di “differenza” (soprattutto nelle differenti versioni di Deleuze e Derrida). Infatti, l’opera di Sartre si muove nella direzione di una moltiplicazione di enti e di concetti in guisa squisitamente post-idealista. Ciò avviene, tuttavia, al netto di un esplicito e dichiarato tentativo di dare nuova vita alla filosofia classica della modernità10: una strana miscela che rende il testo di Sartre storicamente eclettico e lo condanna ad una relativa anonimia, specialmente se comparato a L’Essere e il Nulla.

Al di là di questi rilievi storiografici, le indicazioni euristiche esposte in Questioni di metodo, mostrano una stringente attualità. Il mondo a noi contemporaneo è saturo, infatti, di personalismi che schizzano in quadri sempre più caotici e disomogenei. Tentare di comprendere le ragioni che portano quell’individuo a rispondere alle esigenze di un dato gruppo in un dato momento permetterebbe una maggior comprensione della totalità sociale e del senso della nostra azione sociale sul mondo. Rimanendo fedeli a quel motto programmatico sartriano, facilmente estendibile alla riflessione filosofica tutta, per cui «il marxismo concreto deve approfondire gli uomini reali e non dissolverli in un bagno di acido solforico»11 .

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Bibliografia:

1J. P. Sartre, Questions de méthode tr. it. (a cura di) F. Fergnani, Questioni di metodo, Il Saggiatore, Milano 1963, p. 81.
2 Ivi., pp. 73-74
3Ivi., p. 69
4 G. W. F. Hegel, Grundlinien der Philosophie des Rechts, tr. it. (a cura di) V. Cicero, Lineamenti di filosofia del diritto, Bompiani, Milano 2006, p. 61
5 J. P. Sartre, op. cit., p.70
6. Ivi., p. 158.
7 Ivi., p. 91.
8 Ivi., p. 154.
9 Ivi., p. 193.
10 Al di là della centralità di Marx, il titolo del testo –Critica della ragione dialettica– mostra un lapalissiano riferimento duplice a Kant e ad Hegel.
11 Ivi., p. 109.

Giovanni Soda

Classe 2000, ho rinunciato a studiare finanza per fare filosofia, sogno di scrivere per vivere e sono fermamente convinto che concetti, idee e pensieri di ieri riescano a spiegare il mondo di oggi meglio di quanto facciamo noi.

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