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Storie di chi fugge e di chi resta nella Jugoslavia degli anni Novanta

Dalla newsletter n. 22 - novembre 2022 di Frammenti Rivista

11 minuti di lettura

Scoppia la guerra e qualcuno la racconta. È il compito dei giornalisti: dare voce ai conflitti in tempo reale, l’abbiamo visto bene in questi mesi. Scoppia la guerra e qualcuno la vive. È il compito degli scrittori e delle scrittrici: dare voce a chi la sente scottare sulla propria pelle, a chi respira la paura e l’odore di bruciato. Gli anni Novanta sono stati segnati dal conflitto nei Balcani che si è concluso con la dissoluzione non indolore della Jugoslavia. Anni duri, freddi e impauriti che portarono all’eterno dilemma: partire o restare?

Lo rende bene Alessandra Carati nel suo E poi saremo salvi, in finale al Premio Strega 2022: «Saremmo rimasti al di qua del confine con il nostro destino di spettatori della catastrofe. L’orrore immaginato avrebbe scavato una trincea intorno a ciascuno di noi». Gli anni Novanta di Aida sono sospesi tra due paesi, la Bosnia e l’Italia. Dalla prima scappa, nella seconda non è facile integrarsi. Tutto il libro è attraversato dalla costante sensazione della vita altrove, del sentirsi stranieri dappertutto, abitanti di una terra di tutti e di nessuno. Aida la guerra la vede solo da lontano, dalle immagini della televisione e dalle informazioni che arrivano in Italia da parte dei parenti. La vede negli occhi stanchi di sua madre, rinchiusa in un bozzolo di sofferenza e sempre più distante dalla realtà.

L’immagine del conflitto è lontano e al tempo stesso vicino, troppo vicino per non spaventarla. La stessa paura la percepisce Zlata, sua coetanea che nei giorni dell’assedio avrebbe scritto fittamente pagine e pagine di diario, pubblicate tempo dopo. Gli anni passano, il conflitto finisce, ma la scelta presa anni prima di scappare dalla Bosnia sarà una di quelle con cui Aida e la sua famiglia difficilmente faranno pace. L’effetto collaterale della sopravvivenza è il senso di colpa, il sentirsi responsabili di una guerra per il semplice fatto di non aver fatto nulla per fermarla. Aida scappa, Zlata Filipović resta. Undicenne bosniaca, Zlata è una bambina come tante che nel suo diario – Mimmy, pubblicato successivamente come Il diario di Zlata – racconta quelle “cose da bambina” che tutte abbiamo scritto nei nostri diari. Poi la vita di Zlata cambia all’improvviso. Irrompe il conflitto e anche le pagine scritte in corsivo subiscono una rapida t…

Maria Ducoli

21 anni, bresciana, studentessa di Lingue, civiltà e scienze del linguaggio a Venezia. Dice di voler diventare una giornalista o un'insegnante. O entrambe le cose.

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