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Khaled Al Qaisi: il caso del ricercatore arrestato da Israele

Arresto al confine di Allenby Bridge: il ricercatore italo-palestinese trattenuto senza capi d'accusa. Cosa è davvero accaduto?

9 minuti di lettura

Lo scorso 31 agosto 2023 Khaled Al Qaisi, cittadino italo-palestinese, è stato fermato e arrestato dalle forze di occupazione israeliane presso il valico di frontiera di Allenby Bridge, al confine con la Giordania. Khaled è un ricercatore e traduttore presso l’università La Sapienza di Roma. Al momento del fermo si trovava con la moglie ed il figlio, di ritorno da un viaggio nella città di Betlemme.

Con la sua posizione comoda tra la capitale giordana e Gerusalemme, Allenby è una tappa fondamentale per chi vuole attraversare il confine tra i due stati. Insieme a Sheikh Hussein e Wadi Araba, Allenby è un valico di confine che permette ai turisti di spostarsi via terra tra un paese e l’altro. La procedura di attraversamento della frontiera richiede almeno mezza giornata tra controlli, visti e attese di autobus. Il rilascio del visto e il controllo della sua ricevuta poi rappresentano un momento cruciale per oltrepassare il varco. Solitamente, le domande sono dirette, come ad esempio perché visiti Israele, dove alloggi, dove andrai, perché e per quanto tempo. Per quanto riguarda il controllo bagagli, se si ha un trolley si deve percorrere una fila diversa dal bagaglio a mano. La valigia è identificata sotto al metal detector mentre lo zaino si apre per scoprire velocemente cosa contiene.

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I fatti di Allenby e l’arresto di Khaled Al Qaisi

Nel suo caso, Khaled Al Qaisi ha subito controlli serrati e insistenti. Francesca Antinucci, sua moglie, ha spiegato in un’intervista al Manifesto che la polizia ha aperto e controllato nel dettaglio tutti i bagagli insistendo con domande intime e private.

Dopo questo primo iter, continua la moglie, lei ed il figlio di 4 anni sono stati allontanati violentemente da Khaled che è rimasto insieme ai poliziotti. Da lì sono accaduti due eventi: a lei hanno sequestrato telefono e contanti e hanno portato via il ricercatore italo-palestinese senza spiegazioni.

Da quel momento sono passati 15 giorni e Khaled Al Qaisi ha potuto parlare solo con un funzionario dell’ambasciata italiana. In più, il 7 settembre, si è tenuta un’udienza preliminare dinanzi ai giudici israeliani presso il tribunale di Rishon LeZion. Il risultato dell’udienza non è stato positivo ed infatti, si è deciso di prolungare la custodia cautelare fino al 14 di settembre. Nel giorno del riesame, in data 14, il tribunale ha deciso di prolungare per altri 7 giorni la custodia a fronte degli 11 chiesti dalla procura israeliana.

Difatti, Khaled è tornato nel centro di detenzione Petah Tikwa. Il giorno dopo la nuova decisione, ha potuto finalmente avere un colloquio con il suo avvocato. Quest’ultimo ha dichiarato solo che è in condizioni di salute discrete e di non poter rivelare altro.

Ciononostante, non sono stati resi noti i capi di accusa mossi contro lo studente de La Sapienza in nessuna delle due udienze. Per tale ragione, si chiede la scarcerazione immediata. A sostegno di ciò, il 15 settembre l’università La Sapienza ha organizzato un’assemblea a lui dedicata nell’aula magna del dipartimento di lettere. All’evento hanno partecipato gli studenti, il gruppo di giovani palestinesi italiani e la famiglia. A fine incontro, i partecipanti hanno creato un comitato e una posta elettronica pubblica per mettersi in contatto con loro e restare aggiornati sulle condizioni del ragazzo.  

La storia di Khaled

Khaled Al Qaisi è figlio di un sindacalista palestinese che opera in territorio italiano ed è membro attivo del gruppo “Giovani palestinesi in Italia”. Petah Tikwa è un centro dove vengono portati i palestinesi dei Territori Occupati per essere interrogati dallo Shin Bet, il servizio di sicurezza israeliano. Le organizzazioni non governative Btselem e Hamoked, con sede a Gerusalemme, denunciarono già nell’ottobre 2010 le violazioni dei diritti umani che si consumavano durante gli interrogatori in tale carcere. Di preciso, si legge nel report, i militari avevano istruzioni di usare la forza durante gli incontri. A ragion di ciò, c’è molta preoccupazione per la detenzione di Khaled e dei trattamenti che gli potrebbero essere riservati. Per ora, sappiamo che non gli è concesso nessun contatto con l’esterno e che ha chiesto un libro da leggere al suo avvocato.

Intanto, da Roma, il V municipio ha firmato una mozione all’unanimità per chiedere al sindaco Gualtieri e al governo italiano di intervenire e di riportare il ricercatore a casa.

A due mesi dal ritorno di Patrick Zaki in territorio nazionale, l’Italia non può accettare un altro caso come quello dello studente di Bologna.

Con l’arresto di Khaled Israele rischia di violare alcuni articoli dei Trattati internazionali di cui è firmatario. In più, la libertà personale ed il diritto ad un equo processo sono principi fondamentali sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani così come la tortura e la detenzione sono illegali. Ancora, il Patto Internazionale sui diritti Civili e Politici con riferimento all’articolo 9 sulla libertà personale ed il divieto di arresto senza validi motivi. E l’articolo 4 della Convenzione relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra. Nello specifico, questo articolo protegge i cittadini che si trovano in un territorio a loro estraneo che sia occupante o in parte in conflitto.

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Il ruolo di Israele nel rispetto dei Diritti Umani

Tra l’altro, questo evento si manifesta dopo che nel giugno 2023 è uscito un report della Relatrice Speciale ONU per i diritti umani nei territori occupati palestinesi. In questo report si legge che Israele usa la privazione della libertà nei confronti dei palestinesi in modo strutturale. Si evince l’utilizzo dell’arresto amministrativo e detenzione preventiva come strumento di dominio e di oppressione. L’arresto di Khaled ci dimostra che anche i palestinesi della diaspora sono oggetto di discriminazione e vittime del sistema di apartheid israeliano. Cittadino italiano ma di origine palestinese e membro attivo di “Giovani palestinesi d’Italia”: associazione indipendente, pluralista e senza scopo di lucro, è formata da figli di seconda generazione o giovani recentemente arrivati in Italia, ha come obiettivo principale quello di portare l’attenzione pubblica sulla causa palestinese. Molte Organizzazioni non governative come Amnesty International si sono mobilitate in suo sostegno. Amnesty ha lanciato l’hashtag #freekhaled chiedendo alla Farnesina di intervenire subito per ottenere il suo rilascio immediato in rispetto dei Diritti Umani. Intanto, il prossimo 21 settembre ci sarà un’altra udienza dove, si spera, conosceremo le sorti definitive del suo futuro.

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Alessandra Ferrara

Nata nella provincia di Caserta e laureata in lingue straniere all'università Orientale e cultrice dei diritti umani presso La Sapienza. Sostenitrice della libertà e protezione dei più deboli, amo viaggiare scrivere e leggere e nel tempo libero sono una serie tv addicted.

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