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La libertà di panorama salvata in extremis dall’Europa

8 minuti di lettura

«La cultura è l’unico bene dell’umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande»

Hans Georg Gadamer

In queste settimane l’Europa si è fermata a pensare. Si è divisa tra diritto d’autore e libertà di panorama e ha trovato il coraggio di rivendicare le sue priorità.

In questi tempi ci siamo chiesti quale sia quella sottile differenza che intercorre tra questi termini, faticando nel trovare una risposta.

Dal 16 giugno scorso proprio queste espressioni hanno iniziato a ridondare sulle testate giornalistiche, tratteggiando sempre più una situazione paradossale. Da quel giorno la cultura pubblica è stata messa in discussione e la libertà di panorama ha rischiato di diventare, in poco tempo, lo specchio sbagliato per l’immagine della cultura e della bellezza europea.

Quando si parla di libertà di panorama si entra nel merito della pubblicazione di fotografie ritraenti edifici e oggetti artistici pubblici, anche se collocati permanentemente in piazza, senza la necessità di autorizzazioni da parte dei detentori dei diritti d’autore sull’opera.

La libertà di panorama consente a ogni cittadino di pubblicare senza restrizioni fotografie, documentari e altre opere che raffigurino luoghi pubblici.
In alcuni Paesi però, come l’Italia, non è una libertà semplice e scontata, infatti per pubblicare un’immagine è necessario il consenso da parte dell’autore o dei titolari dei diritti dell’opera.

Alla commissione giuridica europea è spettato il diritto di votare la revisione, ideata dall’europarlamentare tedesca Julia Reda, per estendere il diritto a tutti gli Stati membri dell’UE. Sfortunatamente, i membri della commissione hanno però ribaltato la proposta, mandando a ulteriore votazione il più restrittivo di tutti gli emendamenti sulla libertà di panorama, proposto da Jean-Marie Cavada.

Cosa succederebbe, nel concreto, se questo emendamento diventasse legge?

Freedom_of_Panorama_in_Europe_NC.svg_-280x300In questa cartina si può notare la situazione attuale delle legislazioni dei vari Paesi: con il colore verde vediamo le nazioni che hanno già una libertà di panorama, con il verde chiaro quelle che la hanno solo per gli edifici, poi con il giallo quelli che consentono la pubblicazione solo per scopi non commerciali e infine quelli in rosso che non possiedono alcuna libertà di panorama.

La proposta di Julia Reda all’Unione Europea vorrebbe rendere tutti gli Stati membri di colore verde scuro, lasciando così libero il patrimonio architettonico e artistico all’accesso di tutti i cittadini europei.

La proposta di Jean-Marie Cavada avrebbe invece voluto far diventare tutti i Paesi di colore giallo o rosso.

Ora, poniamo che, tornati dalle vacanze, vorremmo pubblicare le fotografie fatte su Facebook, ovviamente senza scopi di lucro, inconsapevoli che nell’atto di caricarle, acconsentiamo alle condizione del servizio, che al paragrafo 9.1 delle Condizioni di Utilizzo, autorizza il servizio stesso a farne un uso commerciale.
Sarebbe responsabilità dell’autore delle fotografie stabilire se un edificio sia sotto diritto d’autore e, se così fosse, sottoscrivere un contratto di licenza col detentore dei diritti, prima di poter caricare legalmente le agognate fotografie. Il problema sta nella difficoltà di individuare il confine tra uso commerciale o meno, anche perché questo viene solitamente superato molto prima che una persona veda il profitto.

Partendo dal buon senso, una cosa è certa: non si può negoziare una licenza per le fotografie in vacanza, non si può trattare per una condivisione; questo sarebbe evidentemente un passo indietro dell’Europa su più fronti. Non solo sul fronte culturale, di divulgazione della bellezza del patrimonio architettonico e artistico, ma anche, più semplicemente, su quello della libertà dello spazio pubblico. Da sempre, questo spazio è utilizzato dagli artisti per i motivi che ora si rischierebbe di intaccare, come appunto la diffusione della cultura.

Sul suolo italiano la restrizione esiste già da tempo: «la legge italiana sul diritto d’autore (LdA) non contiene alcuna eccezione per le fotografie scattate in luoghi pubblici. Quindi, la libertà di panorama non è prevista».

Una nota positiva nella nostra legislazione è però rappresentata dalla norma sul free panorama grazie a un emendamento del decreto Franceschini pubblicato quasi un anno fa, che ridà speranza all’Italia: «sono possibili utilizzi liberi delle immagini di scorci, edifici, monumenti, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza culturale».

In Europa la questione è invece rimasta aperta per giorni, con un testo di indirizzo che ha spaventato fotografi professionisti e non solo, anche se, «per quanto riguarda l’Italia» – spiega Lorenzo Basso –  «se si fosse votato il testo, senza togliere l’emendamento del decreto Franceschini, non avrebbe assolutamente voluto dire che dal giorno dopo si sarebbe smesso di avere il free panorama. Il free panorama è di proprietà puramente italiana».

Il panorama, il patrimonio artistico, culturale e architettonico e la libertà di condividerli hanno infiammato la rete, con tanto di hashtag #saveFoP, raccolte firme, petizioni e foto-protesta con le silhouette di monumenti oscurati con macchie di colore nero.
Con il voto di ieri a Strasburgo, le incertezze e le paure si sono finalmente sciolte; l’Europa ha preso posizione in merito, lasciando che ogni parola di troppo cedesse il posto al verdetto finale.
L’idea poco innovativa di Jean-Marie Cavada è stata votata positivamente solo da 40 europarlamentari su 751 votanti. Il risultato tanto sperato, per una cultura libera da ogni vincolo, è stato ottenuto.

La fotografia è stata salvata in extremis dall’Europa, che, ora più che mai, ha bisogno della diffusione della cultura, suo ossigeno e linfa vitale.
La cultura infatti, che sia scritta, scolpita o costruita, è la nostra risorsa più grande, su cui credere e su cui puntare tutte le energie possibili. E quale altro modo se non la libertà di girare tra le vie delle nostre città e lasciarsi avvolgere dai colori, dalle luci, per poi condividere ciò che abbiamo visto con il mondo intero?

L’intento della cultura è proprio questo, scendere per strada e trovare negli occhi dei passanti le risposte alle domande che gli artisti pongono.
Il voto di ieri deve così tramutarsi in monito, un invito a lasciare che la cultura scorra inesorabilmente oltre i confini, libera tra una persona e l’altra, tra una casa e l’altra, tra una generazione e l’altra.

Cattelan-Milano_CronacaMilano

Fausta Riva

Fausta Riva nasce in Brianza nel 1990.
Geografa di formazione(Geography L-6) poi specializzata in fotografia al cfp Bauer.
Oggi collabora con agenzie fotografiche e lavora come freelance nel mondo della comunicazione visiva.
Fausta Riva nasce sognatrice, esploratrice dell’ordinario. Ama le poesie, ama perdersi e lasciarsi ispirare.

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