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Leonardo da Vinci

Leonardo torna a Milano con il suo “disegno del mondo”

La mostra che espone il prolifico percorso artistico di un uomo che ha superato i limiti dell'ingegno e della creatività.

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Leonardo da VinciIn occasione di EXPO 2015 Milano dà il bentornato a Leonardo da Vinci, che qui trascorse un ventennio della sua vita, con la mostra Leonardo 1452-1519. Il disegno del mondo, definita «la più grande e importante mai dedicata al grande maestro». Inaugurata il 15 Aprile scorso, anniversario della nascita del grande artista, la mostra è stata ideata da Palazzo Reale e Skira editore e curata da Pietro C. Marani e Maria Teresa Fiorio, due tra i più importanti studiosi dell’opera di Leonardo. Hanno collaborato a realizzarla numerosi musei, biblioteche e collezioni private, che hanno dato in prestito alcuni dei capolavori su cui si impernia la mostra: il British Museum e la Royal Collection di Windsor (la collezione privata dei reali d’Inghilterra), la National Gallery of Art di Washington, il Museo del Louvre, la Galleria Nazionale di Parma, la Galleria degli Uffizi di Firenze e, last but not least, la Biblioteca Ambrosiana, che ha acconsentito all’esposizione di ben trentotto fogli del Codice Atlantico. Molti di questi prestiti, peraltro, torneranno alla loro sede piuttosto presto; consigliamo, dunque, a chi volesse godere appieno di tutto ciò che questa mostra può offrire, di visitarla entro la fine di maggio.

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Il percorso si snoda seguendo in parallelo la biografia e le tematiche a cui si rivolse Leonardo da Vinci durante tutta la sua vita di artista, ma un posto di primo piano è riservato, come si intuisce dal titolo stesso, al disegno. Prima di iniziare, il visitatore è invitato a liberarsi della prospettiva con cui di solito si guarda a Leonardo, un genio unico “sorto dal nulla”. Come viene spesso ribadito, Leonardo da Vinci è sì un genio, ma è anche figlio del suo tempo: per questo grande importanza riveste il confronto con i suoi contemporanei, da Andrea del Verrocchio, suo maestro negli anni giovanili a Firenze, a Paolo Uccello e Botticelli, nonché i rapporti con le personalità più in vista dell’epoca, come Francesco Sforza e Ludovico il Moro. Attraverso i disegni si coglie poi un altro aspetto di Leonardo: quello dell’artista che prova e riprova ogni singolo particolare in diverse forme prima di trasportarlo sull’opera definitiva e che, alle volte, fallisce. Non a caso, Leonardo è uno degli artisti dei quali si è conservato il maggior numero di disegni e taccuini di appunti – basti pensare che il solo Codice Atlantico, il più famoso dei suoi quaderni, ma non l’unico, raccoglie mille fogli e quasi duemila disegni. Questi due particolari ci presentano un Leonardo da Vinci più “umano” di quello a cui siamo abituati: ed è attraverso questo percorso di apprendimento, ricerca, tentativi e studio che la mostra ci conduce.

Leonardo da VinciLa mostra si divide in dodici sezioni, di cui dieci ripercorrono le tappe fondamentali del percorso conoscitivo di Leonardo da Vinci e le ultime due sono dedicate a «Leonardo dopo Leonardo». La prima sezione è intitolata significativamente Il disegno come fondamento: qui il visitatore viene subito introdotto alla visione del disegno e della pittura secondo Leonardo, sviluppati durante i suoi primi anni alla bottega di Andrea del Verrocchio (1464-1472 circa). Attraverso i fogli del Codice Atlantico, è possibile vedere come l’artista si sia impadronito a poco a poco della tecnica prospettica, nella quale diverrà un maestro superando di molto i suoi contemporanei: a questo proposito, illuminante è il confronto tra il Prospetto del mazzocchio leonardesco (1510) e quello, di poco antecedente, di Paolo Uccello. La precisione acquisita dal grande artista non è mero esercizio fine a sé stesso: Leonardo da Vinci era giunto a considerare la pittura come  «scienza e legittima figliola della natura», un mezzo per studiare e comprendere le leggi della fisica, dell’anatomia e della biologia. Non conoscendo né il greco né il latino e non avendo quindi letto i maggiori trattati della sua epoca, Leonardo poté avvicinarsi alla ricerca con occhio completamente nuovo e “ingenuo”, confidando nelle proprie osservazioni; il disegno gli parve sempre il modo più fedele e più immediato per riportare queste osservazioni e capirle nel farlo. Ne è un esempio la bellissima Madonna Dreyfus, dove si coglie l’interesse dell’artista per lo studio della prospettiva e della luce (benché l’attribuzione sia incerta), e gli studi di panneggi e di teste femminili, in particolare quella degli Uffizi di Firenze, che si concretizzeranno poi nell’Annunciazione alla quale lavorò con il suo maestro. La seconda sala sviluppa ulteriormente il tema, concentrandosi sul disegno come mezzo utilizzato da Leonardo per studiare la natura – Natura e scienza è il suo titolo. Figura qui la prima opera sicuramente datata dell’artista, il Paesaggio del 1453, dove egli sperimenta la «prospettiva de’ perdimenti» e la tecnica per le formazioni rocciose, che trova la sua più alta espressione nella Vergine delle rocce; ma il vero protagonista della sezione è Tobia e l’angelo, attribuito al Verrocchio ma che, con buone probabilità, Leonardo contribuì a realizzare, dipingendo il pesce tenuto in mano da Tobia e il cagnolino.

La terza sala introduce il Paragone delle arti e una tematica assai dibattuta all’epoca di Leonardo: qual era il rapporto tra le arti? Esisteva un’arte superiore a tutte le altre? Per i motivi che le prime due sale bene illustrano, Leonardo da Vinci riteneva senza dubbio preponderante la pittura; non poteva, tuttavia, non subire l’influenza delle altre arti, in particolare della scultura, di cui il Verrocchio era maestro. Trovano qui posto, dunque, due celebri opere del Louvre: il San Gerolamo, che nella resa anatomica del corpo denuncia i modelli scultorei che l’artista aveva in mente, e la protagonista indiscussa della mostra, La Belle Ferronière, messa significativamente a confronto con la Dama col mazzolino, un busto realizzato dal Verrocchio. Dal paragone delle arti si passa al Paragone con gli antichi. Grazie, ancora una volta, alla sua scarsa conoscenza delle opere manualistiche di tradizione classica, Leonardo da Vinci fu in grado di cogliere l’essenza della classicità, rielaborandola in un suo personalissimo stile che non rivela i suoi modelli. Dovette tuttavia avere presente i modelli antichi, poiché li vide nel Giardino di San Marco messo a disposizione degli artisti da Lorenzo il Magnifico

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L’influenza della classicità infatti è chiaramente percepibile nell’Uomo Vitruviano, a cui è dedicato un piccolo ambiente separato, disegno con il quale, rifacendosi alle indicazioni di Vitruvio, Leonardo studiò le proporzioni del corpo umano. Ben evidente anche negli studi per il monumento equestre a Francesco Sforza, opera mai realizzata, ma che dovette tenere presente delle numerose statue di cavalieri illustri su un cavallo al passo – una su tutte, la statua di Marco Aurelio in Campidoglio, di cui l’artista sicuramente vide delle riproduzioni. Inevitabile riferimento alla classicità si ha, infine, nei soggetti più propriamente ispirati alla mitologia, come nella Leda, dove tuttavia si coglie l’impronta prettamente leonardesca nella raffinata realizzazione delle acconciature.

La quinta sezione introduce un’altra importante conquista di Leonardo: la teoria dei  «moti dell’animo». Attraverso il disegno, il grande artista volle non solo studiare la fisionomia umana, ma anche indagarne gli aspetti psicologici e l’interiorità. Prendono così vita le numerose Madonne con il bambino e Sant’Anna, la Madonna Litta – di cui vengono riproposti degli studi – e soprattutto il Ritratto di musico, in cui il soggetto, con lo sguardo perso in un punto al di fuori della tela, sembra essere concentrato solo sul suo mondo interiore. Questa teoria verrà portata a perfetto compimento nella realizzazione dei volti dell’Ultima Cena, non presente fisicamente alla mostra ma costantemente evocata come termine di paragone e punto di arrivo della riflessione leonardesca. La sesta sezione è dedicata alle Invenzioni, i disegni con cui Leonardo da Vinci studiò macchine militari e d’assalto, ma anche prototipi di macchine volanti. Da qui, si passa naturalmente alla tematica del Sogno, che occupa la settima sezione, inteso come la volontà di Leonardo di superare i limiti umani, sempre con la concretezza dello scienziato-ingegnere. Ancora una volta, il disegno e la teoria non sono mai fini a se stessi, ma devono sempre servire uno scopo pratico. Ed è questo il principio che dominò anche l’attività di architetto di Leonardo, illustrata nell’ottava sala: qui sono esposti i disegni delle architetture utopiche di varie città, tra cui una pianta “ideale” di Milano – progetto non particolarmente riuscito perché non teneva conto delle proporzioni già esistenti nella città.

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diluvioLa nona sezione è dominata dal terzo capolavoro proveniente dal Louvre, il San Giovanni. Esso viene significativamente collocato qui a dimostrazione del punto centrale dell’attività di Leonardo: l’unità del sapere. Ogni aspetto della natura può essere studiato con le medesime leggi matematiche e geometriche ed essere riprodotto attraverso l’arte; ed è così che lo studio sui movimenti dei vortici d’acqua diventano applicabili anche alla realizzazione dei capelli di San Giovanni, che si comportano proprio come dei piccoli gorghi intrecciati sulle sue spalle. La decima sezione – De caelo e de mundo – ci presenta l’ultima attività di Leonardo da Vinci: gli studi cosmologici e metereologici. Forse per l’avanzare della vecchiaia, egli nutriva particolare interesse  per il tema del Diluvio Universale, che immaginava come un tremendo scatenarsi di tutte le forze della natura, ben rappresentato dal disegno Diluvio.

Le ultime due sezioni, nettamente più piccole rispetto alle altre, riguardano come anticipato il ricordo di Leonardo. L’undicesima coglie la sua presenza nell’opera degli allievi che furono suoi continuatori. «Non è un buon discepolo chi non supera il suo maestro», diceva l’artista fiorentino, ma effettivamente nessuno dei suoi allievi fu particolarmente capace; essi, però, ci aiutano oggi a comprendere meglio alcuni aspetti della sua attività, anche nella ripresa di opere mai realizzate. La dodicesima e ultima sezione, infine, ripercorre brevemente gli “omaggi” che nella storia hanno reso vari artisti al più celebre capolavoro di Leonardo da Vinci, la Gioconda, da Marcel Duchamp a Andy Warhol. Quasi nessuno ha potuto negare il fascino di quest’opera così misteriosa, divenuta il vero simbolo del genio che fu Leonardo.Leonardo da Vinci

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Silvia Ferrari

Classe 1990, nata a Milano, laureata in Filologia, Letterature e qualcos'altro dell'Antichità (abbreviamo in "Lettere antiche"). In netto contrasto con la mia assoluta venerazione per i classici, mi piace smanettare con i PC. Spesso vincono loro, ma ci divertiamo parecchio.

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