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L’importanza di essere presenti a noi stessi

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Alla fine dell’incontro, prima di uscire da scuola per andare a visitare Racalmuto, anche nota come Regalpetra città natale di Leonardo Sciascia, il Signor Vincenzo, bidello del Liceo Ugo Foscolo di Canicattì, dice che il fatto è che noi agiamo d’esempio.

Ci siamo fermati cinque minuti a parlare. Il senso è chiaro. Intende che in tutto quello che diciamo e che facciamo siamo influenzati dagli altri che, consapevoli o meno, prendiamo d’esempio come modelli da imitare o dai quali prendere le distanze. Virtù e vizi, pregi e difetti di chi conosciamo di persona come di chi pensiamo di conoscere solo attraverso uno schermo, poco importa se di un televisore o del telefonino.

Proprio in quella scuola ho incontrato un gran bell’esempio. Un gruppo di studenti che da qualche anno organizza la “settimana dello studente”, un’iniziativa che coinvolge i 1300 studenti del Liceo Ugo Foscolo e che si svolge nell’arco di una settimana, all’interno della quale vengono invitati ad intervenire e a confrontarsi con loro relatori provenienti da diverse parti d’Italia.

Detta così, qualcuno potrebbe pensare che non ci sia nulla di eccezionale.

Uno di loro, il più grande di età, mi racconta come è nata l’idea. Lorenzo Farrugio studia medicina a Roma e continua a supportare come può “la settimana dello studente” che lui stesso ha ideato, voluto e realizzato per la prima volta.

Come in tante altre scuole, quella era la settimana, che a seconda dei casi, sarebbe stata destinata o consegnata con buona pace degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, all’occupazione studentesca.
Anche qui, si potrebbe pensare che non ci sia nulla di strano.

Quello che non andava giù a Lorenzo era la sensazione che l’occupazione fosse solo un’occasione, praticamente impunita, per spacciare un bel po’ di droga.

Alla prima assemblea utile ebbe il coraggio di denunciare apertamente lo spaccio della droga durante l’occupazione. Gli studenti non plaudirono al suo coraggio e, rimasto praticamente solo, fu facile preda di minaccie, alcune non banali, che comunque non riuscirono a scoraggiarlo.

Seguirono le elezioni per i rappresentanti di istituto e Lorenzo si candidò col chiaro programma di far cessare le occupazioni e di sostituirle con qualche attività veramente culturale. Fiutata l’aria, la candidatura non sembrava popolare ma il risultato fu clamoroso. I voti che prese, di molto superiori a quanti se ne potesse aspettare, gli diedero la possibilità di mettere in atto il suo programma.

Le primissime edizioni della “settimana della studente” erano una festa per ricordare la letterale vittoria del desiderio di cultura sullo spaccio, e, al contempo, una preziosa occasione di crescita culturale realmente sentita dalla maggior parte degli studenti.

Alessandro Calabrò e Mauro Monachino assieme agli altri rappresentanti degli studenti della scuola, con l’aiuto di Lorenzo e il sostegno di tutti i 1300 studenti, continuano ad organizzare con tanta cura e passione la settimana della cultura che col passare del tempo è diventata una vera e propria tradizione scolastica. La conquista si è fatta istituzione.

La “settimana della cultura” è diventata, sia pure con la partecipazione di tutti gli studenti, un’attività data per scontata perché per quasi tutti loro non è costata coraggio e fatica, nessuno ha subito minaccie o ha dovuto prima immaginarsela e poi realizzarla. Se la sono trovata e ci si sono abituati.

Si fa perché è tradizione che si faccia né più né meno di tante altre cose che si celebrano, si ricordano, si dicono o si fanno solo perché così sta scritto, si dice o si usa fare. In questo, per quello che ci riguarda, la “settimana della cultura”, alla pari del Santo Natale, della Repubblica, della Costituzione, dell’Unione europea, dei diritti umani, di ricorrenze e celebrazioni, valori e principi, rappresenta la festa o la conquista che perde di attualità fino a perdere d’importanza ed essere percepita come routine alla quale partecipare senza coglierne il senso più autentico e profondo, senza sentire di doverci stare con lo spirito, con il cuore e con la testa.

La “settimana della cultura” è un esempio della facilità con cui dimentichiamo come siamo arrivati fin qui ad essere ciò che siamo, a vivere con standard di vita cui non vogliamo rinunciare e che, però, diamo per scontati; di quanto è importante evitare di considerare come acquisiti una volta per tutte valori, principi, diritti, libertà e reciproci doveri.

Feste e conquiste che testimoniano che lo spirito, il pensiero e l’azione, l’ispirazione e la conoscenza, hanno il potere di trasformare la realtà che ci circonda. Rappresentano la prova provata che la cultura è un misto di saggezza popolare, tradizione, sapere, innovazione e saper fare.

Cultura che origina tanto dalla strada quanto dall’accademia, e che è in grado di conquistare uno spazio occupato da abbandono e degrado, riscattarlo e riaverlo come bene comune. Ovunque. Da chiunque sappia trovare il coraggio, l’immaginazione e la buona volontà per riuscirci e riuscendoci sia d’esempio per ricordarci che il progresso è qualcosa di più di una mera ripetizione di atti meccanici.

O sole, o mare, o core, apprezzare ciò che ci ritroviamo grazie agli altri, aspirare a migliorarlo, fare la nostra parte. Essere presenti a noi stessi.

Michele Gerace

Scuola "cento giovani", avvocato, presidente dell'Osservatorio sulle Strategie Europee per la Crescita e l'Occupazione, fondatore tra i fondatori di Fonderie Digitali, ideatore di "Costituzionalmente: il coraggio di pensare con la propria testa", assiduo frequentatore del Bar Europa e dell'omonima rubrica al Rock Night Show su Radio Godot, alle prese con il diritto e le politiche dell'Unione europee. Responsabile del progetto "La Fondazione Luigi Einaudi per la Scuola". Alla ricerca di un principio costituente del mondo.