Lupo mannaro o licantropo: personaggio del folklore, presente spesso in racconti popolari e dotato della capacità di passare dalla forma umana a quella di lupo. Essere infido e ingannatore, la cui doppia natura è insita nello stesso nome (o nomi) che si è soliti attribuirgli: “lupo mannaro” deriva da lupus hominarius, una forma di latino popolare in cui è presente la stessa radice di homo (uomo), mentre il termine “licantropo” nasce dall’unione di λύκος (lykos, lupo) e ἄνθρωπος (anthropos, uomo). Si tratta dunque di una creatura che si colloca al limite tra la sfera bestiale e quella umana, partecipe delle due nature e al contempo lontana da entrambe, incapace di controllare i propri istinti e perciò temuta in ogni dove. La sua scia di sangue e terrore ha origini molto antiche e varie diramazioni: una di esse porta in Arcadia.
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L’Arcadia. Una regione della Grecia da sempre legata all’idea di una tranquillità bucolica e pastorale, protagonista di innumerevoli ricostruzioni idilliache. Eppure, questo luogo tanto idealizzato nasconde una realtà ancestrale e cruenta, fatta di sacrifici umani, cannibalismo e metamorfosi lupesche. O almeno così racconta il mito.
Apollodoro, Pausania, Platone e molti altri autori antichi tramandano la storia di Licaone, re dell’Arcadia, e della sua empietà: volendo testare l’effettiva divinità di Zeus, egli pone sulla tavola delle carni animali cucinate in vario modo e, tra di esse, nasconde anche la carne di un bambino – la sua identità varia a seconda del mito che si prende in considerazione: può essere suo nipote Arcade, il figlio Nittimo o un bambino “qualsiasi”. Zeus, indignato, decide di punire l’uomo e lo trasforma in un lupo. Ecco la trasformazione-punizione da parte del sovrano degli dei: una sorta di contrappasso imposto al sovrano, il quale sarà costretto a vivere come un lupo per il resto dei suoi giorni; lui che, essere umano, ha annullato la sua stessa umanità attraverso un “gesto animale”. Licaone, “falso” uomo incapace di vivere all’interno delle regole dettate dalla società, espulso dalla comunità e destinato a vagare nelle vesti dell’animale assetato di sangue per eccellenza, che spaventa proprio perché inganna con il suo aspetto di “falso” cane.
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Alla leggenda di Licaone, il primo licantropo, si aggiunge un altro elemento al limite tra mito e storia. Diverse fonti, Pausania primo tra tutti, tramandano la pratica di sacrifici umani (gli unici su suolo greco) in onore di Zeus Lykaios – signore dei cambiamenti atmosferici – , il cui culto avveniva sul monte Liceo in Arcadia. Dopo aver preso parte alla mensa sacra, durante la quale si assumevano delle carni umane opportunamente sacrificate al dio, avveniva una trasformazione: i racconti dipingono scenari agghiaccianti, nei quali i sacrificanti si tramutavano in lupi e dovevano trascorrere otto o nove anni della loro vita in questa forma, per poi tornare nelle loro vesti originarie, a patto di non aver assunto carne umana nel lasso di tempo in questione. Uccisione e metamorfosi sono strettamente connesse, come a indicare un venire meno dell’umanità di fronte a un gesto tanto violento e innaturale. A lungo si sono cercate delle evidenze archeologiche che potessero far luce su quanto narrato dagli autori antichi in merito ai sacrifici umani del Liceo, ma ad oggi non si possiedono delle prove definitive. Alla luce del background mitico di questo sito, è però interessante prendere in considerazione un ritrovamento del 2016: sotto l’altare di Zeus è stato rinvenuto lo scheletro di un adolescente databile all’XI secolo a.C. Non si possono trarre conclusioni troppo affrettate in merito, dato che si tratta di un unico corpo umano a fronte delle numerosissime ossa animali. Rimane, tuttavia, un fatto estremamente curioso.
Tornando ai lupi, altri autori come Plinio il Vecchio e Agostino, cercando di screditare delle credenze popolari sui versipelles (letteralmente “coloro che cambiano la pelle”, i mutevoli e ingannatori, per traslato i lupi mannari), parlano sempre di una trasformazione in lupo destinata a durare nove anni e reversibile alle stesse condizioni, ma che in questo caso avveniva passando attraverso uno specchio d’acqua. L’acqua, elemento liquido e cangiante, che proprio per la sua mancanza di forma costituisce un medium perfetto ai fini di un cambiamento di vesti.
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E come non citare il lupo mannaro di cui si parla durante la cena di Trimalchione petroniana? Un liberto racconta di aver visto un uomo trasformarsi in lupo nel bel mezzo di un cimitero, dopo aver abbandonato le proprie vesti e marcato il territorio, per poi dedicarsi a far razzia di greggi. Ferito al collo dal proprietario delle pecore da lui attaccate mentre ancora è in forma di lupo, fa poi ritorno a casa per ricevere delle cure e proprio qui il narratore lo nota e si rende conto di aver di fronte un versipellis: le stesse ferite riportate dal lupo compaiono su quell’uomo che poco prima aveva visto svestirsi e trasformarsi nel cimitero. Un vero e proprio “cambiamento di pelle”, in cui le vesti umane vengono gettate a terra come una maschera, svelando la natura più recondita dell’uomo. Uomo o bestia? Il confine diventa qui alquanto labile e sottile, mostrando due aspetti opposti che, al contempo, costituiscono dei travestimenti interscambiabili da indossare a piacimento.
È innegabile il legame che si crea tra il lupo mannaro-licantropo e la sfera della morte, del cruento, a cui l’uomo si vota con la conseguente perdita, temporanea o permanente, del proprio status di essere umano: un essere umano che non è più tale, un “falso”, bugiardo e ingannatore, come il Dolone (δόλος è l’inganno) omerico che si traveste proprio da lupo per compiere le sue malefatte ai danni di altri uomini. Irrazionalità, crudeltà e menzogna si concretizzano nella figura dell’uomo-lupo, il quale mostra la parte più bestiale dell’umanità e proprio per questo incute timore.
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Bibliografia
Autori antichi citati con passi relativi al lupo mannaro o sacrifici umani del monte Liceo:
Agostino, De Civitate Dei 18, 17
Apollodoro, Biblioteca III 8, 1-2
Pausania, Periegesi della Grecia, VI 8, 2; VII 2
Petronio, Satyricon 61, 6 – 62, 10
Platone, Repubblica, 565d-e
Plinio il Vecchio, Storia Naturale, VIII 34
Bibliografia contemporanea:
W. Burkert, La religione greca di epoca arcaica e classica (1981)
D. D. Hughes, I sacrifici umani nell’antica Grecia (1999)
G. Piccaluga, Lykaon. Un tema mitico (1968)