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Macerata e la sua sorprendente tradizione lirica

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Le Marche, terra di teatri. Se ne contano quasi un centinaio, tutti ad oggi funzionanti e restaurati, testimonianza tangibile della sensibilità dell’aristocrazia settecentesca marchigiana per lo spettacolo ed in particolare per il teatro in musica.

Ce ne sono ben 22 nella sola provincia di Macerata, città (41000 abitanti) in cui si trova un gioiello settecentesco incastonato nella piazza centrale intitolato al compositore maceratese Lauro Rossi, che rappresenta uno dei primi esempi di “teatro all’italiana”, con struttura a campana, tre ordini di palchi e un loggione. Macerata è un centro medioevale posto a 315 metri di altitudine, situato a mezza via tra il ma re Adriatico ed i Monti Sibillini, i monti azzurri di leopardiana memoria. Cinto da alte mura e costruito con i tipici mattoni rossi che rimandano alla tradizione delle fornaci, è tutto un sali-scendi di vicoli e scalette che riservano al visitatore incantevoli sorprese, come Palazzo Buonaccorsi, sede dei Musei civici di Arte antica e Arte moderna e del Museo della Carrozza.

Struttura settecentesca voluta dalla stessa famiglia Buonaccorsi in occasione del conseguimento di patriziato cittadino nel 1652 e della nomina a conte di Simone Buonaccorsi nel 1701 da parte di Papa Clemente XI, è il risultato di numerosi interventi architettonici sovrapposti nel tempo e rappresenta un importante esempio di Barocco e Rococò per l’ampio atrio interno, la loggia, i saloni decorati, i soffitti a cassettoni e le pitture di soggetto mitologico, come Il Salone dell’Eneide e Le Nozze di Bacco e Arianna.

Altri edifici di pregio architettonico sono la Loggia dei Mercanti, progettata da Cassiano da Fabriano e Matteo Sabbatini, situata in Piazza della Libertà, importante fulcro della vita economica e sociale maceratese su cui si affacciano anche il Palazzo del Comune , il già citato Teatro Lauro Rossi, il Palazzo della Prefettura, la Chiesa di San Paolo e la Torre dell’Orologio. Tra queste piagge sono nati illustri personaggi del passato e del presente, dal gesuita Padre Matteo Ricci, primo europeo a portare la cultura occidentale in Cina nel XVI secolo, allo scenografo Dante Ferretti premiato con l’Oscar per i film The Aviator, Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street e Hugo Cabret, all’attuale Presidente della Camera Laura Boldrini, ed hanno passeggiato, nell’ambito del loro Grand Tour, personaggi quali il drammaturgo tedesco Johann Wolfgang von Goethe e il pittore spagnolo Francisco Goya, che scrive “Macerata è una tra las mayores città visitata”.

Ma l’edificio più sorprendente è l’Arena Sferisterio, esempio dell’architettura del tardo Neoclassicismo, realizzata nel 1829 su progetto dell’architetto settempedano Ireneo Aleandri. Si tratta di una grande spazio a forma di emiciclo, lungo oltre 90 metri e largo 36, racchiuso tra un muro che svetta per 18 metri ed un doppio ordine di palchi in muratura, 104 complessivi, retti da 56 colonne doriche, che ne fanno un vero e proprio “teatro a cielo aperto” con la platea erbosa ed una capienza originaria di 5000 posti, oggi ridotta a 2800 per le normative sulla sicurezza. Commissionato e finanziato da “cento consorti” appartenenti alle famiglie benestanti cittadine, lo Sferisterio non nasce come luogo di cultura, ma piuttosto come struttura per attività ludiche, in particolare per il gioco della palla al bracciale, sport diffuso all’epoca nell’Italia centrale. Nessuno avrebbe potuto immaginare che quel “muro d’appoggio”, nato per far rimbalzare un pallone di cuoio, in un futuro non troppo lontano, avrebbe sostenuto e amplificato la musica e la voce dei più grandi artisti del panorama musicale internazionale, conferendogli un’acustica perfetta.

Nel 1921, probabilmente sull’onda del successo della stagione lirica inaugurata all’Arena di Verona pochi anni prima, il conte civitanovese Pieralberto Conti trasforma, a sue spese, lo Sferisterio in un vero e proprio teatro d’opera, portando in scena nel 1921 un’acclamata rappresentazione di Aida, che fa registrare 17 repliche ed oltre 70000 spettatori. La Gioconda allestita l’anno seguente, purtroppo, non ottiene lo stesso successo e la neonata stagione lirica maceratese subisce una pesante battuta d’arresto. Dopo un lungo periodo di oblio, in cui fatta eccezione per i concerti di beneficienza del tenore Beniamino Gigli nel 1927 e nel 1929, lo Sferisterio viene utilizzato occasionalmente per le più svariate attività, dal circo agli incontri di pugilato. Ma la sera del 3 agosto 1967 l’ Esultate di Mario del Monaco, il più potente Otello verdiano della storia del melodramma, riporta lo Sferisterio agli antichi fasti. La rinascita della stagione lirica maceratese si deve al fortunato incontro tra Carlo Perucci, uomo di teatro a tutto tondo, e, l’allora sindaco della città, Elio Ballesi, lungimirante amministratore, che vedono nello Sferisterio un potente volano per lo sviluppo culturale, turistico ed economico della città.


L’impresa ha del pionieristico: portare nell’arco di pochi anni lo Sferisterio nell’empireo dei grandi palcoscenici internazionali, contando solo sulle magre finanze dell’amministrazione comunale e sull’entusiasmo e la competenza di un manipolo di uomini. Deus ex machina dell’operazione è Carlo Perucci, indimenticato direttore artistico nel ventennio ’67/’86, che punta sui grandi divi della lirica per richiamare folle al botteghino, garantendo quell’incasso vitale alla sopravvivenza dello Sferisterio, che dal 1973, con il riconoscimento di Teatro di Tradizione, potrà contare anche sui contributi Ministeriali. Tutti i più grandi artisti hanno calcato questo palcoscenico, ne citiamo solo alcuni: Mario Del Monaco, Giuseppe Di Stefano, Franco Corelli, Tito Gobbi, Renata Scotto, Cesare Siepi, Magda Olivero, Luciano Pavarotti, Alfredo Kraus, Josè Carreras, Placido Domingo, Marilyn Horne, Raina Kabaivanska, Monserrat Caballè, Ghena Dimitrova, Katia Ricciarelli, ed ancora i ballerini Carla Fracci, Rudolf Nureyev, Roland Petit, Alexander Godunov, i maestri concertatori Giuseppe Patanè, Daniel Oren, Lorin Maazel, i registi Ken Russel, Mario Bolognini, i grandi complessi artistici quali la London Symphony Orchestra, il Teatro alla Scala e lo Staatsoper di Berlino; l’elenco potrebbe continuare a lungo.

Una programmazione che si è sempre discostata dai cartelloni dei festival estivi per il coraggioso connubio tra titoli del repertorio melodrammatico tradizionale ed opere lontane dal gusto popolare quali Assassinio nella Cattedrale di Ildebrando Pizzetti, Elektra di Richard Strauss, Kovancina di Modest Musorgskij, Thannauser di Richard Wagner, La Resurrezione di Cristo di Lorenzo Perosi, West Side Story di Leonard Bernstein, per citarne alcune. O per gli allestimenti innovativi che hanno portato alla realizzazione di spettacoli entrati nella storia dell’opera come la Boheme del visionario regista Ken Russel (1984), o la Traviata “degli specchi” di Josef Svoboda del 1992. Forte di un passato tanto glorioso la stagione lirica dello Sferisterio, oggi denominata Macerata OperaFestival, ha festeggiato lo scorso anno il mezzo secolo di vita e sta già guardando avanti. In omaggio ad EXPO 2015 il cartellone n° 51, che comprende Rigoletto, Cavalleria e Pagliacci, Boheme, in scena dal 24 luglio al 9 agosto prossimi, avrà come tema conduttore “Nutrire l’anima“, a ricordarci – come spiega l’attuale Direttore Artistico Francesco Micheli – che l’opera lirica rappresenta l’energia ed il nutrimento essenziale per l’animo umano.

Valentina Cognini

Valentina Cognini

Nata a Verona 24 anni fa, nostalgica e ancorata alle sue radici marchigiane, si è laureata in Conservazione dei beni culturali a Venezia. Tornata a Parigi per studiare Museologia all'Ecole du Louvre, si specializza in storia e conservazione del costume a New York. Fa la pace con il mondo quando va a cavallo e quando disquisisce con il suo cane.

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