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Maria Callas:
una dea in divenire

7 minuti di lettura

Sebbene il mondo della lirica sia confinato a un ristretto numero di cultori e artisti, non vi è al mondo persona che non conosca il nome, ormai divenuto leggenda, della grande Maria Callas. Voce struggente e interpretativa, duttile al punto di usurarsi, la Callas è ora celebrata come il più grande soprano della storia, pur inscritta in un quadro esistenziale alquanto oscuro e mesto.

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Proponendosi di affrontare l’analisi di un personaggio tanto straordinario quanto Maria Callas, non è possibile non conferirvi una parvenza saintebeuviana, ovvero è alquanto improbabile poter comprendere l’arte della Callas senza conoscere la vita della Kalogeropoulou, la gestazione di un talento spesso fagocitato dalla melma della realtà. Quella della Callas fu un’Odissea interminabile, il cui dolore si espresse con forza in quel canto così potente e meraviglioso, dall’eco inesauribile.

Nata a New York il 2 dicembre 1923, Maria Anna Cecilia Sophia Kalogeropoulou, figlia di genitori greci emigrati negli Stati Uniti, dimostra un talento precoce per la musica, avviandosi al canto e al pianoforte all’età di tre anni. Ascoltando da dietro una porta le lezioni di musica della sorella Jakinthy, prediletta dei genitori, la giovane Maria trovò nella musica il rifugio dai problemi famigliari, primo fra tutti il divorzio dei genitori, avvenuto dopo un tragico incidente che provocò alla Callas un lungo coma.

Tornata in Grecia con la madre, nel 1937 iniziò a frequentare il Conservatorio di Atene dove, oltre a sviluppare le doti canore, apprese l’italiano, il francese e lo spagnolo per inoltrarsi nelle arie senza inflessione linguistica o accento. Si dimostrò una studentessa infaticabile, esercitandosi per 12 ore al giorno, intonando Puccini e Mascagni, e ben presto fu presa sotto l’ala della soprano spagnola Elvira de Hidalgo, sotto la cui guida imparò la raffinata arte della coloratura (virtuosismo vocalico che consente la massima espansione della voce).

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Con l’arrivo della guerra e dell’occupazione tedesca, il canto fu per lei mezzo di sussistenza, prestandosi a esibizioni in locali e ristoranti al fine di mantenere la madre e la sorella, oltre che se stessa. Pare inoltre che la sua famiglia nascondesse alcuni ufficiali inglesi e che, durante una perquisizione da parte dei tedeschi, intonò la celebre aria della Tosca Vissi d’Arte, distraendo i militari che interruppero il loro meticoloso controllo.

Fin da subito fu evidente la sua unicità, e, con l’incentivo della Hidalgo, raggiunse il padre a New York nel 1945, anno in cui assunse il cognome Callas (semplificazione adottata dal padre per renderlo più comprensibile). Ma il soggiorno statunitense si rivelò infruttuoso, e la carriera della Callas pareva esser destinata all’oblio e alla mediocrità. Tuttavi la grandezza della sua voce non passò inosservata e fu un italiano, il cantante basso Rossi – Lemeni, a metterla in contatto con Giovanni Zenatello, allora direttore artistico dell’Arena di Verona, che la scritturò per la Gioconda di Ponchielli nel 1947.

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In Italia, Maria Callas raggiunse la sua consacrazione, grazie anche all’unione vincente con Giovanni Battista Meneghini, suo manager nonché sposo, grazie al quale la Callas divenne musa del grande maestro Arturo Toscanini, che fece della Scala di Milano il trampolino di lancio della giovane greca. L’immagine della Callas venne stravolta, e da “elefante della lirica” (a causa dell’abnorme aumento di peso causatole da una disfunzione ghiandolare), divenne la filiforme, eterea silfide che passò alla storia. La sua voce miracolosa conquistò i teatri di tutto il mondo. Non un solo Paese non smaniava per averla presso i suoi teatri, non un solo spettatore non bramava di ascoltare quel canto di inesauribile bellezza che le valse l’appellativo di Divina.

Interprete dei ruoli più celebri della lirica, dalla Carmen di Bizet, alle grandi donne di Puccini, sino alla Violetta nella Traviata di Verdi, Maria Callas era un stella che brillava nel firmamento delle celebrità degli anni ’50, più luminosa e splendida di quanto lei stessa avesse mai immaginato. Ma come è noto, l’inizio della fine giunse con l’incontro con Aristotele Onassis, avvenuto nel 1957, amore folle e disperato, la cui fine segnò il definitivo tracollo della CallasMa la voce, ormai deteriorata dai troppi sforzi, e lo spirito, dilaniato da delusione e solitudine, si spensero in modo rapido e imprevisto, e nel giro di pochi anni la Callas abbandonò definitivamente il teatro.

Pur continuando a lavorare (celebre è la sua interpretazione nella Medea di Pier Paolo Pasolini) la Callas era ormai sola, i suoi grandi amici, tra cui Luchino Visconti, erano venuti a mancare, lo scemare della sua carriera, e il mancato conforto della famiglia, avvoltoio rapace che aleggiava sul suo patrimonio, la portarono a spegnersi, pare per un arresto cardiaco, il 16 settembre 1977 a Parigi, lasciando in eredità un mito.

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Maria Callas fu un assoluto capolavoro musicale, tutta la sua persona era valutata come un’opera d’arte. I suoi movimenti, la gestualità, l’espressività di questa grande interprete erano un unicum con la sua voce, quella voce che, al pari del fiabesco flauto magico, incantò il mondo intero. Dalla vita quasi aneddotica, che parve riversarsi nel animo delle eroine da lei interpretate, Maria Anna Cecilia Sophia Kalogeropoulou lottò per diventare Maria Callas, che come per teologica Assunzione, assurse direttamente alla gloria.

Nonostante il carattere scostante, da molti ritenuto spocchioso, e l’atteggiamento sospettoso e arrogante, Maria Callas è oggi considerata il più grande soprano mai esistito, la cui voce continua ad emozionare, a far commuovere, suscitando lacrime e sospiri a un pubblico attonito che non può far altro che chiedere a gran voce: canta ancora, canta per noi, canta per sempre.

Anna Maria Giano

Mi chiamo Giano Anna Maria, nata a Milano il 4 marzo 1993. Laureata Lingue e Letterature Straniere presso l'Università degli Studi di Milano, mi sto specializzando in Letterature Comparate presso il Trinity College di Dublino.Fin da bambina ho sempre amato la musica, il colore, la forza profonda di ciò che è bello. Crescendo, ho voluto trasformare dei semplici sentimenti infantili in qualcosa di concreto, e ho cercato di far evolvere il semplice piacere in pura passione. Grazie ai libri, ho potuto conoscere mondi sempre nuovi e modi sempre più travolgenti di apprezzare l'arte in tutte le sue forme. E più conoscevo, più amavo questo mondo meraviglioso e potente. Finchè un giorno, la mia vita si trasformò grazie ad un incontro speciale, un incontro che ha reso l'arte il vero scopo della mia esistenza... quello con John Keats. Le sue parole hanno trasformato il mio modo di pensare e mi hanno aiutata a superare molti momenti difficili. Quindi, posso dire che l'arte in tutte le sue espressioni è la ragione per cui mi sveglio ogni mattina, è ciò che guida i miei passi e che motiva le mie scelte. E' il fine a cui ho scelto di dedicare tutti i miei sforzi, ed è il vero amore della mia vita.

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