La città romagnola di Ravenna è una tappa imprescindibile per gli appassionati di arte per via dei suoi mosaici, databili tra il V e il VI secolo, considerati tra i più importanti esemplari di arte musiva in Europa e dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1996.
La cultura artistica ravennate è diretta espressione del ruolo di capitale rivestito dalla città, prima dell’Impero romano d’Occidente (dal 402 al 476), successivamente del Regno ostrogoto (dal 493 al 539), e infine dell’Esarcato, dopo la conquista dell’imperatore d’Oriente Giustiniano, fino all’occupazione longobarda del 751.
Leggi anche:
Viaggio tra i mosaici della Santa Sofia di Istanbul
La preziosità di tale testimonianza artistica è data dalla sua unicità: i coevi mosaici dell’Impero romano d’Oriente, infatti, nelle parti raffiguranti la figura di Cristo, dei Santi e degli Apostoli, sono stati distrutti o gravemente manomessi dall’iconoclastia, un movimento di carattere religioso sviluppatosi intorno alla metà dell’VIII secolo, che stigmatizzava la venerazione delle immagini e delle icone da parte dei fedeli, considerandole una forma di idolatria (iconodulia).
I mosaici del Mausoleo di Galla Placidia: analisi dell’opera
Tra le più eccezionali testimonianze musive della prima metà del V secolo vi è il piccolo mausoleo di Galla Placidia (425 d.C), originariamente collegato alla chiesa di Santa Croce di cui oggi rimangono pochi resti.
Il mausoleo, secondo la tradizione concepito per accogliere le spoglie mortali dell’imperatrice Galla Placidia (388-450), successivamente sepolta a Roma nel 450, presenta una pianta a croce latina e un esterno in semplice laterizio, in forte contrasto con la ricchezza decorativa dell’interno, dominato da un’ampia cupola e interamente rivestito di mosaici risalenti al secondo quarto del V secolo, e pertanto i più antichi della città.
Leggi anche:
I Tetrarchi, simbolo della continuità del potere imperiale
Di particolare pregio il mosaico della cupola, esternamente nascosta dal tiburio, raffigurante un cielo notturno dominato da una croce dorata su una volta di stelle su sfondo blu scuro. Nei quattro angoli (pennacchi) sono effigiate le quattro figure alate del tetramorfo, leone, aquila, angelo e bue, associate ai quattro evangelisti, rispettivamente Marco, Giovanni, Matteo e Luca. Nelle quattro lunette sottostanti sono disposte coppie di Apostoli, tra cui spiccano le figure di San Pietro e San Paolo, con le braccia alzate nell’atto di onorare la croce sul manto stellato.
Celeberrima la lunetta d’ingresso del mausoleo detta del Buon Pastore, raffigurante un Cristo giovane e imberbe, nell’iconografia canonica del “pastor” molto diffusa nell’arte catacombale, seduto su una roccia e attorniato da due gruppi di pecore rappresentanti il gregge dei fedeli.
La lunetta sud introduce invece la figura di San Lorenzo, a cui forse in origine era dedicato il sacello, che si appresta al martirio sulla graticola portando con sé una grande croce simbolo della vittoria della Fede sulla morte.
La solida plasticità e volumetria delle figure del Buon Pastore e di San Lorenzo, che contrastano con le figure prive di peso e ieratiche tipiche dell’arte bizantina orientale, hanno permesso agli studiosi di ipotizzare una provenienza mista delle maestranze che hanno lavorato al ciclo musivo del mausoleo, individuando come area di provenienza primaria l’ambiente romano-occidentale.
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!
Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!
Tra i soggetti di forte valore simbolico ricorrenti nel mosaico si segnala la presenza, nelle lunette della cupola, di colombe che si abbeverano ai piedi degli apostoli, simbolo delle anime cristiane che attingono alla sorgente della grazia divina, e, nelle lunette laterali, di cervi che si dissetano presso graziosi laghetti, raffigurazione visiva di un celebre salmo: «Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio» (salmo XVII).
Al ricco apparato musivo si affiancano eleganti motivi decorativi, come spirali di acanto e canestri di fiora e frutta, che impreziosiscono le volte a botte e gli archi.
Il Mausoleo di Galla Placidia immerge il visitatore in una atmosfera notturna, ovattata e quasi irreale, uno spazio altro per accedere a una dimensione interiore di meditazione e riflessione, che ha catturato anche l’attenzione dello psicanalista Carl Gustav Jung, che ha visitato Ravenna per due volte, nel 1913 e nel 1933, e nel libro Ricordi, sogni e riflessioni ha descritto la sua esperienza di visita come un’esperienza di profondo turbamento, provocato dal trovarsi all’improvviso avvolti in una luce azzurrina dalla provenienza ignota.
Il mausoleo ha affascinato anche numerosi artisti, tra i quali il musicista statunitense Cole Porter che, durante il suo soggiorno a Ravenna in viaggio di nozze, avrebbe preso ispirazione dal cielo stellato della cupola per la creazione del brano Night and day, composto nel 1932 per la commedia musicale Gay divorce.
Segui Frammenti Rivista anche su Facebook, Instagram e Spotify, e iscriviti alla nostra Newsletter
Sì, lo sappiamo. Te lo chiedono già tutti. Però è vero: anche se tu lo leggi gratis, fare un giornale online ha dei costi. Frammenti Rivista è edita da una piccola associazione culturale no profit, Il fascino degli intellettuali. Non abbiamo grandi editori alle spalle. Non abbiamo pubblicità. Per questo te lo chiediamo: se ti piace quello che facciamo, puoi iscriverti al FR Club o sostenerci con una donazione. Libera, a tua scelta. Anche solo 1 euro per noi è molto importante, per poter continuare a essere indipendenti, con la sola forza dei nostri lettori alle spalle.