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spezzone dello spettacolo teatrale Novecento, interpretato da Giole Peccenini

Novecento, il minimalismo della musica

Gioele Peccenini porta in scena la magia del testo di Alessandro Baricco tra parole e jazz dal vivo, regalando un'intima riflessione sulla paura del cambiamento.

3 minuti di lettura

Al Teatro Ai Colli di Padova il 6 e 7 dicembre è approdato Novecento, con protagonista Gioele Peccenini che ne cura anche la regia. Lo spettacolo è tratto dall’omonimo monologo teatrale di Alessandro Baricco, da cui Giuseppe Tornatore ha tratto il film La leggenda del pianista sull’oceano.

Fin dalla sua trasposizione cinematografica, questa storia ha rivelato una particolarità unica fatta non solo dall’originalità della trama, ma anche dalla possibilità della messa in scena con un solo attore a narrare costruendo una grande varietà di contenuti.

La forza del racconto

Novecento vanta una straordinaria esperienza narrativa e scenica che fonde la magia della parola, grazie alla splendida interpretazione di Gioele Peccenini, e l’intensità della musica. Lo spettacolo, come sappiamo è tutto incentrato sulla figura enigmatica di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, un uomo nato e cresciuto su una nave, il Virginian, da cui non è mai sceso e sulla quale morirà pur di non farlo.

Ma la storia non la racconta lui: ne parla invece il trombettista Tim Tooney che lo ha conosciuto ed è stato anche l’ultimo a parlargli. Tutto avviene sotto la sua luce, da narratore interno ma anche esterno, un semplice faretto illumina l’attore che si cambia d’abito e si sposta di fronte al pubblico, a volte si reca in mezzo agli spettatori e li coinvolge semplicemente con la forza della parola.

Lo spettatore viene immerso quindi nella vita di un musicista del tutto particolare, chiuso in una realtà perfetta come quella della nave e che rivela una psicologia tutta particolare. La particolarità dello spettacolo risiede, quindi, non solo nella trama ma anche nella caratteristica della messa in scena: un unico attore che deve fare letteralmente le voci degli altri personaggi e caratterizzarli al meglio, per fare arrivare al pubblico le loro fragilità e anche la loro forza.

La musica non intermezzo ma protagonista

Questo protagonista è solamente lui l’apparente narratore, ma con il tempo si comprende come egli in realtà diventi il tramite tra il pubblico e l’incredibile storia di Novecento, come detto modulando la propria voce, postura e costumi per diventare da uno i centomila di pirandelliana memoria; è “solamente” questo, perché la vera protagonista della storia è la musica.

Questa performance è infatti affiancata da musicisti dal vivo che non costituiscono un intermezzo come spesso accade, ma sono i veri protagonisti, quindi musicisti, così come la storia racconta di un musicista. La colonna sonora è fatta di brani jazz soprattutto ma anche di brani al pianoforte molto noti al pubblico, creando un’aria di familiarità. Il rapporto tra Gioele Peccenini e questi musicisti è di estrema distanza, non interagisce mai con loro, ma consente presto al pubblico di riconoscerne il forte equilibrio.

I musicisti sono tanti e molto variegati, troviamo al pianoforte Giovanni Scalabrin, alla tromba Leonardo Villani, al clarinetto Salvatore Pennisi e alla chitarra Leonardo Luison. L’ambiente raccolto del Teatro Ai Colli ha consentito un’ottima acustica che ha permesso di apprezzarne la performance semplice, ma funzionale.

Novecento e il meraviglioso monologo finale

Lo spettacolo vola via in pochissimo tempo, grazie alla potenza della parola e ai brani musicali. È come se Gioele Peccenini fosse un amico del pubblico a cui racconta una storia interessante e gradevole, come uno di quegli amici bravissimi a raccontare le storie oppure le barzellette. La sensazione di familiarità non se ne va mai.

Il momento più toccante dello spettacolo è però senza dubbio il monologo finale, in cui Novecento, spiega il motivo per cui non può scendere dalla nave anche se sa che morirà lì dentro. La riflessione filosofica al centro del suo discorso riguarda i limiti che gli uomini devono superare, il paragone tra vita e arte e la paura di uscire da un microcosmo che ci fa sentire apparentemente protetti.

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Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, si una tastiera che non era infinita. Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare. Perdonatemi. Ma io non scenderò.

Se tutto questo riguarda la scrittura dello spettacolo, per cui va lodato Alessandro Baricco, la riuscita di un monologo così complesso sta tutta sulle spalle dell’attore, la cui performance come si capisce è da apprezzare per tutto il tempo. Non solo l’instancabile voce, ma anche le movenze naturali e i cambi di voce e prossemica, che conferiscono verosimiglianza ad una storia a tratti inverosimile e onirica. Il minimalismo di Novecento fa sì che questo spettacolo riporti alla mente del pubblico, ormai spesso abituato a grandiosi effetti speciali nel cinema ma anche a teatro con grandiose scenografie, che può davvero esistere ancora dopo tutto questo tempo la possibilità di costruire emozioni e grandiosi spettacoli anche grazie alla bravura di un unico attore che semplicemente recita.

Il microcosmo della nave ci ricorda, come spiega Novecento nel suo monologo, quanto è bello sapere dove va a finire quel che abbiamo davanti, la bellezza della semplicità e la sensazione di conforto che proviamo quando davanti a noi c’è qualcosa di conosciuto. Ecco Novecento non è solo un racconto teatrale, ma un’esperienza musicale ed emotiva che rammenta la forza della semplice parola.

Foto di teatroaicolli.it

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Silvia Argento

Nata ad Agrigento nel 1997, ha conseguito una laurea triennale in Lettere Moderne, una magistrale in Filologia Moderna e Italianistica e una seconda magistrale in Editoria e scrittura con lode. È docente di letteratura italiana e latina, scrittrice e redattrice per vari siti di divulgazione culturale e critica musicale. È autrice di due saggi dal titolo "Dietro lo specchio, Oscar Wilde e l'estetica del quotidiano" e "La fedeltà disattesa" e della raccolta di racconti "Dipinti, brevi storie di fragilità"

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