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prostituzione nell'antica roma

Una macabra notte d’amore nell’antica Roma con le nucticulae

Un complesso universo erotico, fra seduzione, incanto e finzione: com'era la prostituzione nell'antica Roma?

4 minuti di lettura

Famosae, delicatae, postribulae, ambulatae. La prostituzione nell’antica Roma vantava molte categorie di prostitute, ognuna adatta alle varie classi sociali, da chi poteva permettersi le cortigiane di alto rango a chi poteva solo sognarle e accontentarsi di una donna di strada. Ma sicuramente le più curiose prostitute dell’epoca erano le bustuariae o nucticulae. La loro particolarità? Esercitare nei cimiteri fingendosi delle morte viventi.

Chi erano le nucticulae?

Dalla bianca pelle, quasi livida e dagli occhi vitrei, la più famosa bustuaria era una certa Nuctina. Una figura inquietante al limite del leggendario che affianca la più reale Licia, nucticula nominata anche da Marziale, Giovenale e Catullo.

Di Nuctina si narra che ammaliasse i suoi clienti già durante i funerali e solitamente si trattava di uomini rimasti vedovi di recente. Poi, durante la notte, consumavano il macabro amplesso fra le tombe del cimitero. Dopo aver concluso questa folle nottata d’amore-morte, il cliente rimaneva in attesa di un altro spettacolo: la sposa cadavere che tornava a dormire nella sua tomba. Una volta distesa, l’uomo metteva ben due monete d’oro (prezzo non proprio economico) sugli occhi della donna, come onorario per Caronte che l’avrebbe traghettata fino all’Aldilà, proprio come vuole la tradizione funeraria dell’epoca.

La prostituzione nell’antica Roma

A differenza di oggi, la prostituzione nell’antichità era ampiamente accettata tanto da essere legalizzata. Le prostitute pagavano regolarmente le tasse alla Repubblica e pare che, in Grecia, sia stato Solone nel VI secolo a.C. a regolarizzare questo mestiere istituendo anche dei bordelli statali. Un modo astuto per rimpinguare le casse dello stato.

Ma oltre ad un discorso meramente economico, la figura della prostituta non era mal vista, anzi. Passata al culto romano e di origine etrusca, troviamo persino una Dea prostituta, Acca Larentia, protettrice della plebe romana e salvatrice dei gemelli Romolo e Remo, secondo la versione del mito della fondazione di Lattanzio. In questa versione, Acca Larentia prende il nome di Fabula, detta lupa. Non è un caso infatti se i bordelli venivano anche chiamati lupanari.

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Le prostitute erano facilmente riconoscibili: tinte di biondo, ma anche con colori smaccatamente artificiali come blu o arancione, corta e pratica tunica facile da togliere e rimettere e sandali “parlanti” che al loro passaggio lasciavano sulla strada la scritta “seguimi”. Un esplicito invito, quasi un precursore del biglietto da visita, delle passeggiatrici.

Un universo erotico complesso, con le proprie regole e limiti, che al giorno d’oggi sembra molto distante da noi. Soprattutto se la scelta del luogo del focoso incontro è un cimitero, oggi considerato atto osceno in luogo pubblico.  

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Immagine di copertina: Il Trionfo di Flora (ca. 1743), un esempio di barocco italiano, interpretazione basata sul racconto che Ovidio fa del Floralia, di Giovanni Battista Tiepolo

Azzurra Bergamo

Classe 1991. Copywriter freelance e apprendista profumiera. Naturalizzata veronese, sogna un mondo dove la percentuale dei lettori tocchi il 99%.

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