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Riflessioni sull’alba di una nuova seduzione social

I social media hanno spostato il concetto di seduzione su un piano digitale. Ma in che modo ricevere un like è l'inizio di un processo di sessualizzazione?

8 minuti di lettura

Quanto sesso passa su Instagram? No, non ci stiamo riferendo ai profili fake di ragazze dai corpi assurdamente marmorei che invitano a iniziare chat o videochat erotiche. 

Stiamo parlando di profili di gente “normale” che usa Instagram come fosse una vetrina del quartiere a luci rosse di Amsterdam. 

Il senso è quello di vendere il proprio corpo al/alla migliore offerente, dove la sessualizzazione pornografica diventa il volano per l’avvio di relazioni che farebbero impazzire anche il buon Sigmund Freud. 

Ma cerchiamo di andare per ordine. A tal proposito, all’origine di tutto, molto prima che il mondo ci concedesse il congegno di Instagram per farci distrarre dai nostri letti popolati di persone reali che non guardiamo più con la dovuta attenzione e ci aprisse le porte di una nuova seduzione, nel 1979, Jean Baudrillard diceva:

Siamo una cultura dell’eiaculazione precoce. Ogni seduzione, ogni modo di seduzione, che è un processo altamente ritualizzato, sempre più sbiadisce dietro l’imperativo sessuale naturalizzato, dietro la realizzazione immediata e imperativa del desiderio. Il nostro centro di gravità si è effettivamente spostato verso un’economia libidica, che lascia posto soltanto a una naturalizzazione del desiderio votato sia alla pulsione, sia al funzionamento macchinico, ma soprattutto all’immaginario della rimozione e della liberazione. 

(Della Seduzione, SE srl 1997, 46)

Non ce la si fa più, si vuole e si persegue l’eiaculazione precoce e neanche di chi è vicino, come compagno/a, come amante, ma del proprio ego

seduzione social

Posto quindi sono, anzi posto quindi godo, nel momento presente, mentre il processo seduttivo ritualizzato è oramai appannaggio di like e chat roulette.

Mostro, a prescindere da ciò che mostro, si sta mostrando il sé, la propria vita, ciò che piace, dalla musica all’arte, in un turbinio di contenuti che appare tanto indistinto quanto chiaro: richiamare l’attenzione, godere, sparire e riapparire ancora, in un mostrarsi nevrotico.

E mentre nel Don Giovanni di Kierkegaard il gioco della seduzione era nella continua sottrazione della presenza, sui social media è, al contrario, nella continua presenza. E la presenza è tanto espressa nel contenuto quanto nel like.

La seduzione social come presenza dell’ego

Una continua presenza come se fosse rispettare un lavoro, quello dell’ego sociale. Baudrillard sosteneva (nell’estratto sopra), che viviamo immersi in un’economia libidica, ovvero basata e votata al godimento temporaneo che si esaurisce in poco tempo, ma che proprio per questo ha bisogno di essere continuamente alimentato. 

È ciò che accade sul social, su Instagram in particolar modo, come regno dei millennial che preferiscono masturbarsi con i like piuttosto che fare sesso con i coetanei, dedicato all’esposizione bestiale dell’immagine come centro di una cultura svuotata di tutta la sua sostanza e mantenuta fragilmente in piedi dalla forma. 

seduzione social

Il desiderio erotico finisce, così, evolversi in un altro tipo di ritualizzazione della seduzione, dove i tempi vengono dettati dall’apparire intermittente di like e follow, proprio di quei like che ci si aspetta e che, finalmente, vengono palesati. Non con la costanza che si desiderava però, ma come un interruttore rotto che eroga luce quando crede sia il momento più opportuno per far impazzire la vittima, per far dire “eccolo/a qui!”. Finalmente. Ma tanto si ecclisserà ancora.

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E tutto questo per innescare un gioco perverso e malato dove ogni click ha il suo senso recondito, malato di narcisismo e volontà di tenere in pugno l’altro come fosse un insetto a cui far subire una lenta agonia.

Tornando su Baudrillard, il filosofo francese sosteneva:

La legge della seduzione è innanzitutto quella di uno scambio rituale ininterrotto, un gioco al rialzo in cui i giochi di chi seduce e di chi è sedotto non sono mai fatti, perché resta indecifrabile la linea di demarcazione che dovrebbe designare la vittoria dell’uno e la disfatta dell’altro. (…) Al contrario il sessuale ha un fine prossimo e banale: il godimento, forma immediata dei compimento del desiderio. 

Baudrillard definiva, appunto, la seduzione uno scambio rituale ininterrotto, dove non ci sono vincitori o vinti, ma dove il confine tra i due o più partecipanti al gioco è sempre molto labile. Di contro c’è lo scambio sessuale, così banale perché scontato, immediato, già compiuto quasi ancor prima di essere attuato. I social media hanno rimodulato il concetto di seduzione spostandolo su un piano del tutto digitale. Il like, che tutto è tranne che un innocente like, turba l’intimità della persona. Il cosiddetto like strategico non ha nulla a che vedere con la casualità, ma è ragionato, pensato, per un obiettivo, quello di “farsi vedere” dalla persona interessata, catalizzare la sua attenzione per poi scomparire e riapparire ancora. Esattamente come faceva Don Giovanni con Carlotta. Qui cambia solo il medium usato.

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La seduzione non finisce con la soddisfazione

Chiunque creda che la seduzione finisca con la soddisfazione, è in errore. Il processo di seduzione, nella sua ricorsività e ritmicità, esattamente come sostiene Baudrillard, non termina mai, né tantomeno con la soddisfazione. 

La soddisfazione, infatti, non è un elemento contemplato nella seduzione.  Ricevere like significa essere dentro un processo di sessualizzazione dove la notifica ricevuta diventa il campanello di allarme che verifica lo stato di soddisfazione e compiacimento dell’utente. 

La seduzione del like porta chi ha pubblicato il contenuto e che ha ricevuto il fatidico “cuoricino” a non ritenersi appagato, ma a innescare un nuovo processo di corteggiamento. 

La ritualizzazione della seduzione, infatti, richiede tutto il tempo e la cura che si ha disposizione ormai solo dietro un black mirror. La seduzione, che riguarda anche persone che si conoscono da anni, vive di tempo, di incontri, di una presenza che oggi è fondamentalmente digitale.

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Indi per cui, chi crede che i social media siano usati semplicemente come gioco o passatempo, si sbaglia di grosso.

Dietro ogni account o profilo vi sono persone in carne ed ossa, reali, con pelle e nervi che affiorano ogni qualvolta il processo seduttivo iniziato da chi ha catturato l’interesse porta con sé risvolti ed evoluzioni inedite. 

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Anto D'Eri Viesti

A proud millennial. Dopo il dottorato in semiotica e gender studies decide di dedicarsi solo alle sue passioni, la comunicazione e la scrittura.
Copywriter e social media manager.
La verità sta negli interstizi, sui margini e nei lati oscuri.
Tanti fiori, cioccolato e caffè.

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