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Ostrogoti e Visigoti. Dal Mar Baltico alle mura di Roma

Tra il 24 e il 27 agosto del 410 d.C. la Città Eterna fu messa a ferro e fuoco dai Visigoti di Alarico. Ma chi erano? Perché e come li distinguiamo dai loro quasi omonimi “cugini” Ostrogoti?

9 minuti di lettura

Gli antichi Romani furono abilissimi a nascondere i loro insuccessi agli studiosi del futuro, mascherandoli o sminuendoli; ci furono però occasioni così clamorose e caotiche da far sì che fosse impossibile indorare la pillola. È il caso del sacco di Roma del 410 d.C., probabilmente il più grande – e certamente tra i più traumatici – dei saccheggi vissuti dalla Città Eterna, dopo quello del 390 a.C. operato dai Galli di Brenno. Tra il 24 e il 27 agosto 410 i Visigoti guidati da Alarico I trovarono le porte della città spalancate da alcuni traditori e si scatenarono, soprattutto contro le case dei più ricchi, risparmiando i luoghi di culto solo grazie alla loro “recente” conversione al Cristianesimo. Ma chi erano i Visigoti? Perché e come li distinguiamo dai loro quasi omonimi “cugini” Ostrogoti? Come arrivarono a saccheggiare una delle città più importanti dell’Antichità?

Innanzitutto è opportuno ricordarci che entrambe le tribù discendevano dal popolo dei Goti, secondo le loro stesse leggende originari dell’area scandinava (forse della Svezia meridionale o della Danimarca) e migrati attraverso il Mar Baltico prima del 200 d.C.. Ebbero il tempo di commerciare un po’ di ambra con Roma dalle sponde polacche della Vistola – probabilmente il loro vero luogo d’origine – per poi spostarsi ancora più a sud-est, tra saccheggi e alleanze, mescolandosi strada facendo con le popolazioni che incontravano. I Goti arrivarono infine sulle sponde settentrionali del Mar Nero. Qui oltre a diventare una spina nel fianco dell’Impero Romano con le loro incursioni in Asia Minore e attraverso i Balcani, iniziarono a differenziarsi al loro interno tra Ostrogoti e Visigoti: i primi vivevano a est del fiume Dniester (nell’attuale Ucraina) e videro prevalere come dinastia regnante quella degli Amali, gli altri si situavano più a ovest, tra il Dniester e il Danubio, dove oggi si trovano Moldavia e Romania, e a prevalere sul trono fu la famiglia dei Balti.

Gli Ostrogoti costituirono un grande regno, che si estendeva fino al Don a est e all’odierna Bielorussia a nord. L’espansione durò fino alla fine del IV secolo, quando arrivarono gli Unni che li fecero sparire dalle fonti trascinandoli con sé verso ovest: insieme avrebbero affrontato Roma nella battaglia dei Campi Catalaunici del 451. Dopodiché gli Ostrogoti si stabilirono in Pannonia come foederati dell’Impero, pur avendo lasciato in giro alcune tracce etniche, specialmente in Crimea. Il loro più celebre esponente fu Teodorico il grande, quello del mausoleo a Ravenna, che guidò il suo popolo in Italia nel 493 per prendersi la corona della penisola; gli Ostrogoti finirono poi per scontrarsi con i Bizantini di Giustiniano proprio per il possesso dei territori italiani. Ma l’integrazione tra la loro cultura e quella romana aveva fatto in tempo a saldarsi e nemmeno la morte dell’ultimo re Teia nel 552 riuscì a toglierli di mezzo. Si sarebbero legati strettamente ai Longobardi al loro arrivo in Italia, supportandone la calata lungo la penisola.

I Visigoti presero strade differenti: la stessa precipitosa cavalcata degli Unni che stava spingendo i cugini verso ovest costrinse loro a scendere a sud; ottennero dall’Impero il permesso di superare il Danubio come rifugiati nel 376 in cambio dell’impegno a difendere la provincia della Tracia dagli invasori, diventando così foederati di Roma. Ma la pace non fu duratura: i Visigoti cominciarono ben presto a subire i soprusi da parte dei padroni di casa, che li isolavano sempre più negando gli aiuti che avevano promesso; la misura fu presto colma e, imbracciate le armi sotto la guida di re Frigiterno, si diressero verso Costantinopoli, saccheggiando Marcianopoli lungo la strada. Valente, imperatore d’Oriente, andò loro incontrò e morì sconfitto nella celebre battaglia di Adrianopoli del 378, considerata uno dei momenti decisivi nella caduta dell’Impero Romano. Il nuovo imperatore d’Oriente, Teodosio, riuscì a fermare i Visigoti solo rinnovando gli accordi di alleanza e garantendo ai loro generali gli stessi privilegi dei corrispettivi romani.

Inutile a dirsi, entro pochi anni la situazione precipitò ancora. Nel 395, dopo alcune campagne militari molto dispendiose, il generale romano – nonché reggente del trono imperiale per il giovane Onorio – Stilicone negò al re visigoto Alarico le ricompense e gli onori che gli erano stati promessi; nuovamente sul piede di guerra, il popolo visigoto seguì Alarico al saccheggio della penisola balcanica fino a conquistare addirittura Atene. Si fermarono solo quando nel 399 fu affidato loro il controllo sulla provincia dell’Illiria. Ma era già troppo tardi: Alarico e i suoi provarono a calare in Italia attraversando la Pianura padana in un momento di lontananza di Stilicone, ma quest’ultimo ritornò in tempo per sconfiggere i Visigoti in battaglia.

Da qui i fatti si fanno confusi: Stilicone fu giustiziato, secondo alcuni proprio per aver cercato accordi con il vecchio rivale Alarico, e nel momento di confusione seguito alla morte del grande generale l’Impero avrebbe colpito con crudeltà il popolo visigoto, in una specie di tentativo di genocidio. Il ritorno di Alarico in Italia, nel 408, sarebbe stato così una vendetta contro le violenze subite dal suo popolo, o almeno un tentativo di mettere paura al vecchio ventre dell’Impero. In quell’anno e nel successivo i Visigoti misero la città sotto assedio, lasciandola solo in cambio di tributi e promesse, regolarmente disattese anche a causa del totale caos che regnava nelle stanze del potere dell’Impero, tra colpi di stato e intrighi. Nel 410 l’imperatore attaccò a tradimento Alarico a Ravenna nel corso di una trattativa, e questi decise di scendere a Roma e colpirla una volta per tutte.

Torniamo così all’inizio della nostra storia. Arrivati a Roma i Visigoti la misero nuovamente sotto assedio, prendendo la Città Eterna per fame (e anche grazie a un tradimento di un folto gruppo di schiavi). La conta dei danni è difficile da fare, perché le fonti sono discordanti e tutte di parte, alcune favorevoli all’immagine dei Visigoti e altre forse fin troppo catastrofiche. Certamente alcune aree della città ne uscirono duramente colpite, soprattutto per i beni degli abitanti e per i danni alle abitazioni. Ma il danno più grande fu morale: per Roma il saccheggio fu l’ennesimo schiaffo a una capitale ormai dimenticata e forse senza più identità sicura, la prova che la Storia si stesse iniziando a scrivere altrove.

L’avventura dei Visigoti sarebbe proseguita in Gallia, dopo aver raggiunto per l’ennesima volta alcuni accordi con l’Impero, e poi in Spagna, fino a stabilirsi di nuovo in Francia fondando addirittura il regno di Tolosa, pronti ad affrontare il Medioevo.

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In copertina: Di Joseph-Noël Sylvestre – Das Königreich der Vandalen, ed. Klaus Hattler (Mainz: Philipp von Zabern, 2009), p. 418.scan and upload: James Steakley, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10604542

Daniele Rizzi

Nato nel '96, bisognoso di sole, montagne e un po' di pace. Specializzato in storia economica e sociale del Medioevo, ho fatto un po' di lavori diversi ma la mia vita è l'insegnamento. Mi fermo sempre ad accarezzare i gatti per strada.

1 Comment

  1. Bravo Daniele, articolo non troppo esteso ma di buona sintesi e davvero interessante. L’aria di montagna é sempre stimolante… 🙂
    Anch’io insegno storia, gratuitamente in ripetizioni individuali degli ultimi 3 anni delle superiori, in una struttura equivalente a un liceo scientifico “light” o un istituto tecnico un po’ piú impegnativo: seguo ragazzi con difficoltà di vario genere, spesso anche a causa di deficienze di lingua. Il mio periodo preferito é il Medioevo. Spero di leggere presto altri suoi articoli.
    In bocca al lupo 🙂
    Fabio

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