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Nicola di Maestro Antonio

Il viaggio della pala Ferretti di Nicola di Maestro Antonio

L'intricata storia della pala Ferretti di Nicola di Maestro Antonio: una lunga e tortuosa strada, da Ancona alla Pennsylvania.

12 minuti di lettura

Al centro, la figura seduta e slanciata della Vergine: a mani giunte, avvolta in indumenti di sobria ma regale eleganza che giocano sul contrasto tra il rosa delicato della veste e il blu del mantello – il blu del cielo e del sacro, anzi il blu oltremare, il più raro e il più costoso dei colori, come precetto ecclesiastico del tempo dettava ai pittori di impiegare. Siede su un trono monumentale, riccamente decorato, dal verticalismo accentuato, chiuso in alto da una lunetta attorniata da sette cherubini che reca all’interno una conchigliasimbolo della nuova Venere, della Madre del Cristo, dell’eterna bellezza, della forza generatrice – sorretta da sottili filamenti rossi che somigliano a coralli.


Nicola di Maestro Antonio, Madonna col Bambino tra i santi Leonardo, Girolamo, Giovanni Battista e Francesco e una donatrice, 1472, tempera su tavola, cm 153 x 199, Pittsburgh, Carnegie Museum of Art, Howard A. Noble Fund.

Nicola di Maestro Antonio, Madonna col Bambino tra i santi Leonardo, Girolamo, Giovanni Battista e Francesco e una donatrice, 1472, tempera su tavola, cm 153 x 199, Pittsburgh, Carnegie Museum of Art, Howard A. Noble Fund.

Il piccolo Uomo

Il Bambino le giace in grembo, non seduto e ieratico, a schiena dritta e fiera, come il piccolo Uomo che siamo abituati a vedere ritratto: sorpreso invece in una posa inusuale per una sacra rappresentazione, per lo spericolato equilibrismo del bimbo, abbarbicato carponi alle ginocchia della Madre. Stringe in mano una mela, Gesù, simbolo del peccato che s’è preso su di sé, e si protende, con un guizzo vivace e quasi irriverente, a benedire una minuscola figurina di donna, una donatrice misteriosa (forse la moglie o una figlia del committente?), irrealmente – simbolicamente – piccola al cospetto della diade Madre/Figlio e dei Santi che la scortano, ciascuno ritratto coi suoi attributi iconografici.

I santi e i dettagli della pala Ferretti

Sulla sinistra, San Leonardo, protettore dei prigionieri, reca in una mano un libro e uno strumento di costrizione, mentre con l’altra indica il Benedicente; gli è accanto San Girolamo, intento nella lettura, riconoscibilissimo per la sua veste rossa cardinalizia e per il leone ferito che, addomesticato – e però qui insolitamente e nervosamente rampante – lo accompagna. Sulla destra, un emaciato San Giovanni Battista, reduce dal deserto si appoggia al bastone con la croce indicando un libro rosso che regge con la sinistra mentre rivolge gli occhi al cielo. Lo osserva San Francesco, raccolto in preghiera nel suo saio e a mani giunte, attraversate dalle stigmate, come i piedi. Colpisce, di queste figure, lo slancio poderoso, la corporeità esasperata, l’ingombro eccessivo che rende addirittura troppo piccola la Madonna, ma colpisce soprattutto quella sorta di inquieta, contratta vitalità che ne accende e quasi ne contorce i tratti, ne punge le membra in appena percettibili scosse, arrivando a deformarne le appendici, come nel particolare dei pollici rigonfi e torti all’indietro.

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Un sontuoso drappo dorato funziona da fondale per il gruppo, lasciando intravedere in basso l’apertura pacifica e distesa di un paesaggio di chiarezza cristallina: lo interrompe la linea del pavimento a lastroni di marmo rosa e porfido, su cui poggiano le figure dei santi a piedi nudi, come impone la regola francescana, e il basamento del trono che inquadra la Madonna col Bambino. Sull’alzata sono scolpite, ben leggibili e a caratteri capitali, la firma dell’artista e la data di esecuzione dell’opera: «OPUS NICOLAI M(agistri) ANTONII MCCCCLXXII» (1472). Una solennità spezzata dalla pretesa trascuratezza del cartiglio sgualcito che riporta il nome della città di provenienza del pittore: «ANCONA». Ai piedi della Vergine, all’angolo destro, sistemati in equilibrio precario sul ciglio del basamento, un vaso di rose bianche e rosse, simboli della sofferenza di Maria, e una mela che di nuovo ricompare, affiancata dalla presenza virtuosa, in esibito trompe-l’oeil, di una mosca, metafora del male, di cui riusciamo a indovinare persino l’infinitesima ombra.

L’opera di Nicola di Maestro Antonio

La pala fu commissionata per ornare la Cappella di Girolamo Ferretti nella chiesa di San Francesco alle Scale ad Ancona, autentico scrigno, nel Quattrocento, di un numero notevolissimo di pregiate opere d’arte e teatro purtroppo, nei secoli successivi, di una spoliazione colpevole e inesorabile.

Prima e unica opera firmata da Nicola di Maestro Antonio – con la quale il giovane esordisce ufficialmente nel 1472 – fu proprio a partire dalla firma apposta su questa tavola che nel 1915 Bernard Berenson cominciò a ricostruire quello che oggi conosciamo della sua produzione, riconoscendogli la paternità di opere prima erroneamente attribuite ad altri.

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Di Nicola sappiamo che era figlio del fiorentino Antonio di Domenico, artista formatosi sulle orme del Beato Angelico e trasferitosi ad Ancona – dove risulta risiedere alla data del 1447 – forse al seguito di alcuni notabili oppositori dei Medici che in quegli anni scelsero proprio la città dorica per riparare in esilio. Menzionato per la prima volta in un documento del 1465, quando doveva avere all’incirca venti anni (la sua data di nascita si colloca quindi attorno al 1445, anche se documenti fiorentini farebbero propendere invece per il 1448, mentre quella di morte può collocarsi con sufficiente certezza al 1511), nel 1482 Nicola di Maestro Antonio sposa Riccabella di Antongiovanni Martinelli; è invece del 1477 (soltanto cinque anni dopo la realizzazione della Pala per Girolamo Ferretti) il primo documento che certifica una sua commissione per la realizzazione di una Madonna con Bambino.  

Lo stile di Nicola di Maestro Antonio

Nicola si discosta in modo energico, già nella sua prima prova, dallo stile ancora debitore di retaggi tardogotici del padre, con cui avrà certo condiviso la stessa bottega e diverse commissioni. A giudicare dalle ibride soluzioni formali adottate nella pala – sospese tra il classicismo dei dettagli monumentali – l’originale caratterizzazione espressiva delle figure, il cromatismo vivissimo e quasi plastico – il giovane Nicola di Maestro Antonio conosceva le opere di Giorgio Schiavone, allievo dello Squarcione, la cui influenza si diffonde largamente sull’arte medioadriatica, riverberandosi anche nell’opera di Carlo Crivelli, e aveva certo avuto modo di osservare la pala della Madonna col Bambino tra San Giovanni Battista, San Francesco, San Paolo e San Girolamo (1471), realizzata solo l’anno precedente da Marco Zoppo per la Chiesa di San Giovanni Battista a Pesaro (oggi agli Staatliche Museen di Berlino), con la quale la pala Ferretti presenta numerose affinità. Somiglianze sottili che si indovinano anche rispetto alle figure scolpite da Giorgio di Matteo per il portale della stessa chiesa di San Francesco alle Scale, in particolare quella di Santa Chiara, colta in una posa semitorta mentre sorregge un libro aperto di cui il vento solleva persino le pagine.

Per la compatibilità delle dimensioni, e per l’analogia del soggetto, Andrea De Marchi ha avanzato la credibile ipotesi che, la lunetta col San Girolamo nel deserto oggi conservata alla Galleria Sabauda di Torino e attribuita allo stesso Nicola, completasse la stessa pala realizzata per Girolamo Ferretti: opera dall’attribuzione lungamente dibattuta, che sembra riprendere per molti aspetti il San Girolamo dipinto da Piero della Francesca nel 1450, anno a cui risale un soggiorno di quest’ultimo ad Ancona.

La pala Ferretti in viaggio: da Ancona alla Pennsylvania

Nel 1790 la pala Ferretti viene citata come non più all’interno della Cappella Ferretti ma nella sagrestia della chiesa di San Francesco alle Scale, e attribuita dallo storico Camillo Albertini, quale opera di Antonio di Ancona, facendo di fatto scomparire Nicola di Maestro Antonio dalla storia cittadina, almeno fino al 1895, quando l’Alippi lo cita in un articolo, in seguito al rinvenimento di un documento che attestava l’esecuzione di un’altra sua opera

Nonostante la scarsa fortuna del talentuoso artista, la pala farà una lunga strada, attraverso diversi passaggi e acquisizioni tra musei e collezionisti: nel 1821 la guida del Maggiori la rubrica come opera già lontana da Ancona; nel 1854 la sappiamo trovarsi certamente a Londra, per passare quindi a Cornbury, nell’Oxfordshire e approdare nel 1971 alla sua collocazione attuale in Pennsylvania, acquisita dal Carnegie Museum di Pittsburgh, che oggi la vanta come una delle sue attrazioni più preziose.

Cristina Babino

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Principali riferimenti bibliografici

M. Mazzalupi, Nicola di Maestro Antonio, in A. De Marchi e M. Mazzalupi, a cura di, Pittori ad Ancona nel Quattrocento, BancaMarche, 24ore Motta Cultura Spa, Milano-Jesi, 2008, pp. 250-295.

A. De Marchi, Problemi per Nicola di Maestro Antonio, protagonista del rinascimento anconetano, in A. De Marchi e M. Mazzalupi, a cura di, Pittori ad Ancona nel Quattrocento, cit., pp. 66-86.

B. Berenson, Nicola di Maestro Antonio di Ancona, in Rassegna d’arte, n. 15, 1915, pp. 165-174.

Gregory Hedberg, In Favor of Nicola di Maestro Antonio d’Ancona, 1975, Minneapolis Institute of Arts Bulletin, n. 62, pp. 84-99.

Redazione

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