Ogni volta che si usano le parole «arte» o «artista» in relazione ai miei lavori fotografici, avverto una sensazione sgradevole dovuta senza dubbio al cattivo impiego che si fa di tali termini.
Mi considero una fotografa, e nient’altro.
(Tina Modotti in Sulla fotografia)
Riuscire a inscrivere la personalità di Tina Modotti in una specifica categoria è pressoché impossibile, nonché ingiustamente limitante. Incarnando perfettamente la definizione di intellettuale poliedrico, questa donna incredibile e affascinante ha svincolato il suo essere dal confine del singolo, per espandere la sua persona nella molteplicità. Una molteplicità di esperienze, di storie e persone che si sono susseguite nel romanzo che è stata la sua vita, e che l’hanno resa una figura imprescindibile nel panorama politico e culturale del ‘900.
Assunta Adelaide Luigia Modotti, nota come «Tina», nasce nel Borgo Pracchiuso a Udine il 17 agosto 1896, in una famiglia operaia aderente al socialismo. Il padre Giuseppe mantiene la numerosa famiglia lavorando come meccanico e carpentiere, mentre la madre, Assunta Mondini, come cucitrice. Emigrante e lavoratrice sin dalla tenera età, Tina si sposterà dall’Italia, all’Austria, sino negli Stati Uniti, abbandonando gli studi per contribuire al sostentamento della sua famiglia.
La sua ideologia politica inizia sicuramente a delinearsi grazie all’ambiente famigliare, quando, a cavalcioni sulle spalle del padre, assiste a riunioni, comizi e manifestazioni in cui una fiumana di persone e idee travolge il suo pensiero e infiamma il suo spirito. Sempre attraverso la famiglia Tina verrà iniziata alla fotografia, aiutando suo zio Pietro Modotti, proprietario di uno studio fotografico.
Ma è negli Stati Uniti che incontra il suo primo grande amore, il pittore e poeta Roubaix «Robo» de l’Abrie Richey, con cui condivide la grande passione per l’arte. Unitesi in matrimonio nel 1917, i novelli sposi si trasferiscono a Los Angeles e la loro casa diventa un luogo di ritrovo per artisti e intellettuali liberali. Nel 1920 Tina ha la sua prima esperienza cinematografica a Hollywood, recitando nel film di Roy Clements The Tiger’s Coat e nelle pellicole Riding with Death e I can explain. Questa esperienza si rivela profondamente deludente a causa della natura troppo commerciale del cinema e Tina abbandona per sempre la carriera di attrice per intraprendere quella di fotografa. Questo suo nuovo percorso inizierà in seguito alla morte di Robo, nel 1922, colpito dal vaiolo durante un viaggio in Messico. Recatevisi per i funerali, Tina conosce un Paese che fin da subito esercita su di lei un’attrazione estrema, un luogo pieno di nuovi stimoli e di opportunità. Il Messico diventa la sua casa, e qui vive a contatto non solo con i grandi artisti nazionali come Alfaro Siqueiros, Diego Rivera e l’amica Frida Kahlo, ma anche con il grande fotografo Edward Weston.
Uniti da un profondo e forte amore, i due lavorano fianco a fianco e la grande esperienza di Weston permette a Tina di crescere nella sua arte, raggiungendo presto la completa autonomia espressiva. Viandante e attenta osservatrice, Tina riesce a fagocitare un’epoca intera in singole immagini e a far sue le storie del mondo. Nessun dettaglio sfugge all’occhio attento del suo obbiettivo, che diventa lo specchio della società. La carica umana presente nelle sue fotografie ha un forte accento autobiografico e il popolo che immortala è la sua famiglia, le loro vite sono i suoi sacrifici. Trasforma in poco tempo il suo modo di fotografare il mondo, passando dalla natura, ai ritratti alla realtà popolare, facendo della sua macchina un potente mezzo di propaganda e denuncia sociale.
Oltre alle sue doti artistiche, Tina coltiva anche il proprio pensiero politico, diventando una fervente attivista del Partito Comunista Messicano. Le sue fotografie vengono pubblicate sul giornale El Machete, cuore pulsante della rivoluzione e viene considerata come la fotografa ufficiale del movimento.
…Il cielo buio, il caldo afoso, il fumo di una sigaretta, Tina Modotti e Frida Kahlo sedute insieme a disegnare manifesti per il partito e un grammofono che spande nell’aria una malinconica armonia. Simili scene si sono ripetute molte notti, fino alla rottura della loro amicizia per motivi politici…
Espulsa dal Messico, Tina abbandona per sempre la fotografia, essendo ormai privata della sua principale fonte di ispirazione: la mexicanidad. Stabilitasi a Mosca, lavora come agente della polizia segreta sovietica, unendosi anche alle Brigate Internazionali durante la Guerra Civile Spagnola. Ritornata finalmente nella sua patria adottiva, muore in circostanze sospette il 5 gennaio 1942 a Città del Messico. Secondo alcuni la morte fu causata da un infarto, mentre per altri, fra cui il caro amico Pablo Neruda, Tina fu assassinata dall’amante Vittorio Vitali.
Tina Modotti fu sicuramente una grande fotografa, capace di cogliere la grandezza nella quotidianità del popolo, capace di percepire dettagli unici nei volti delle persone, ma, soprattutto, fu una donna straordinaria, intraprendente e determinata, dalla bellezza esotica e passionale, libera e selvaggia come il suo amato Messico. Sulla sua tomba, come sigillo di una vita unica, la parole del grande Neruda, lacrime preziose versate per l’amica scomparsa:
Un mondo marcia dove andavi tu, sorella. Ogni giorno cantano i canti delle tue labbra sulle labbra del popolo glorioso che tu amavi…. Perché il fuoco non muore.
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