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«I piallatori di parquet», il realismo borghese di Caillebotte

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I piallatori di parquet (1875) è probabilmente uno dei quadri più evocativi e emozionanti dell’Impressionismo, nonostante l’opera non ricalchi le ampie e festose strade e piazze parigine e il suo autore, Gustave Caillebotte, non sia certo il più noto tra i pittori del movimento, oscurato dalle personalità ben più turbolente di colleghi come Monet e Cezanne.

«I piallatori di parquet» di Caillebotte: analisi dell’opera

La vicenda di questo dipinto è simile a quella di tante altre opere dell’Impressionismo. Nel 1875 I piallatori di parquet (Les raboteurs de parquet) viene presentata al Salon, tappa obbligata per chi al tempo aspirava a ritagliarsi un posto nel mondo dell’arte parigino. Il carattere spiccatamente realista del quadro, definito per questo «crudo e volgare», ne determina l’esclusione dalla prestigiosa manifestazione.

Caillebotte, di estrazione alto-borghese, accetta allora l’invito di Renoir e di Henri Rouart di presentare I piallatori di parquet alla seconda mostra degli Impressionisti l’anno dopo.

Come indica il titolo stesso, l’opera raffigura tre giovani operai intenti a rasierare il pavimento in legno di un elegante appartamento borghese, probabilmente ispirato alla prima casa di Caillebotte, in rue Miromesnil.

La scelta del soggetto è di per sé significativa e inconsueta per l’epoca perché mette per la prima volta in luce una classe sociale emergente su cui nessun pittore fino a quel momento si era realmente soffermato : il proletariato urbano. Se altri pittori del tempo avevano preferito ispirarsi alle vicende della classe contadina, come nel caso de l’Angelus di Jean-François Millet o de Gli spaccapietre di Gustave Courbet, Caillebotte si dimostra un acuto osservatore capace di leggere il nuovo contesto urbano e borghese di cui lui stesso fa parte, estraendone inediti istanti di quotidianità che vanno a fondo nel tessuto sociale della Ville Lumière. Privo di qualsiasi intento di denuncia, Caillebotte racconta i “nuovi” ultimi della società francese che, in questo caso, sono troppi indaffarati per affacciarsi alle celebri ringhiere dei balconi, elemento decorativo di appartamenti raffinati e borghesi, appannaggio di benessere economico che va di pari passo con lo sviluppo economico e sociale del nuovo assetto urbano.  

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Attraverso un uso esasperato e quasi deformante della prospettiva dall’alto Caillebotte lascia fuori dall’opera le maestose strade haussmanniane appropriandosi dello spazio fisico e intimo dei suoi protagonisti e conservando un occhio neutro e oggettivo che in qualche modo restituisce dignità ai piallatori del parquet.

Quello di Caillebotte è un Impressionismo tinto di realismo che alla matrice interpretativa accosta quella documentaristica, riconoscibile nella resa raffinata dei dettagli, dagli utensili sparsi sul pavimento alla bottiglia di vino che i tre condividono per sostenersi. La sensibilità verista di Caillebotte infatti è vicina a quella di Courbet e Manet, dando vita un Impressionismo più vivido e materiale che manipola la prospettiva per coniare una propria tensione psicologica che sottolinea l‘ambiguità dell’occhio del pittore.

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L’estrazione borghese e la componente accademica della formazione del pittore emergono invece nello studio dei corpi dei protagonisti. Non per nulla potremmo definire l’opera “muscolare” e quindi più realistica delle “impressioni” puramente coloristiche e comunque astratte dei contemporanei Degas e Monet.

Il dipinto non fa parte del lascito testamentario di Caillebotte alle collezioni statali francesi. Dopo essere stato esposto al Musèe du Luxembourg e poi al Louvre, nel 1947 passa al Jeu de Paume e, infine, al Museo d’Orsay, dove si trova tuttora.

A proposito di Gustave Caillebotte

Nato nel cuore di Parigi il 19 agosto 1848, Gustave Caillebotte vive una giovinezza spensierata che lo avvicina al disegno e alla pittura esclusivamente per diletto. 

Nel 1872, durante un viaggio a Napoli, incontra Giuseppe de Nittis che lo convince ad abbandonare una promettente carriera di avvocato per dedicarsi alle Belle Arti. Grazie a de Nittis, Caillebotte si avvicina agli artisti più in vista del tempo, come Degas, Manet e il fotografo Nadar. Con la consistente eredità lasciatagli dal padre, Caillebotte diventa mecenate per il gruppo degli Impressionisti, organizzando e finanziando importanti mostre.

Da pittore, Caillebotte ha saputo fare propri i principi della pittura impressionista attraverso un’interpretazione personale, affidandosi però alla progettualità del disegno tecnico e alla raffinatezza delle contaminazioni accademiste.

Nonostante il grande entusiasmo che prova per l’Impressionismo e la pittura in generale, con lo scioglimento del gruppo, Caillebotte si allontana gradualmente dal mondo dell’arte. Il denaro rimastogli gli permette di comprare una tenuta al Petit Gennevillers dove si ritira fino alla sua morte, il 21 febbraio 1894.

 


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Valentina Cognini

Nata a Verona 24 anni fa, nostalgica e ancorata alle sue radici marchigiane, si è laureata in Conservazione dei beni culturali a Venezia. Tornata a Parigi per studiare Museologia all'Ecole du Louvre, si specializza in storia e conservazione del costume a New York. Fa la pace con il mondo quando va a cavallo e quando disquisisce con il suo cane.