Poveglia è un nome che accende subito polemica, quando taglia l’aria nei discorsi veneziani. L’isola della Laguna Veneta ha un’estensione superficiale di 7,25 ettari, quindi per nulla piccola, nel suo contesto. Galleggia stabilmente a sud, di fronte a Malamocco, lungo il Canal Orfano, che congiunge la bocca di porto Malamocco a Venezia.
Ci fu un periodo che fu abitata dai soldati, sulle cui spalle pesava la guerra e la peste nera. Poi furono i vecchi a trascinare i piedi nella sua terra finita, aspettando la morte. Oggi langue in un limbo di non-identità. È abbandonata e in attesa. Progetti di rigenerazione sono stati proposti, ma, per cavilli burocratici o altri impedimenti, scemati in un nulla di fatto.
In passato era Popilia, dal pioppo latino, il “populus”, o forse per la vicina via Popilia-Annia, costruita per volere del console romano Publio Popilio Lenate. Poveglia abbracciò le popolazioni in fuga dall’invasione dei longobardi del VI secolo, e crebbe in borgo, poi sede di un castello. Visse florido il piccolo centro, impegnato nella pesca e nella salinatura. La congiuntura favorevole fu strangolata dalla guerra di Chioggia, che costrinse la sua popolazione a trasferirsi a Venezia. Calpestata dal burrascoso genovese Pietro Doria, Poveglia fu semidistrutta, e la sua popolazione decimata.
Furono quelli di poco successivi gli anni in cui la Repubblica tentò i primi salvataggi dell’isola. Senza successo, come sarebbero stati i futuri. Si riscattò in parte quando fu convertita a stazione per il rimessaggio e la sosta delle imbarcazioni e per l’immagazzinamento di attrezzature di bordo, in virtù della vicinanza all’unico accesso alla Laguna per le grandi navi, il porto di Malamocco.
Dal 1782 le sue strutture furono adibite al controllo di uomini e merci, e, in caso di necessità, sfruttate come lazzaretto. Nel 1793 e nel 1798 ospitò due equipaggi di appestati. Rimase così, stazione per la quarantena marittima, per tutto l’Ottocento e fino al secondo dopoguerra.
Poveglia vestì e svestì i panni di convalescenziario geriatrico. Nel 1968 anche quest’uso fu dismesso, e l’isola venne ceduta al demanio. La sua terra fu affidata per breve tempo a un agricoltore, che da solo non riusciva ad arginarne lo sgretolarsi.
Il Centro Turistico Studentesco e Giovanile nel 1997 avanzò un progetto per realizzarvi un ostello della gioventù. Così nel 1999 il Ministero del Tesoro escluse Poveglia dai beni da vendere ai privati, per riconsegnarla al demanio perché la vendesse al CTS, ma lì il piano si arenò.
L’Arsenale di Venezia spa, compartecipata dal comune di Venezia e dall’Agenzia del Demanio, nel 2003 se l’è presa in carico. L’isola è stata poi messa in vendita per essere recuperata per fini turistici. L’associazione Poveglia – Poveglia per tutti nasce nell’aprile del 2014, per partecipare al bando del demanio per aggiudicarsi il possesso dell’isola per novantanove anni e permetterne l’uso pubblico. L’offerta migliore, di Luigi Brugnaro, patron di Umana, è stata ritenuta incongrua. L’imprenditore ha fatto ricorso al TAR.
Questi gli ultimi anni, e ad oggi la situazione è ferma. Poveglia rimane ambiguamente celata da una nebbia di superstizioni, intoccabile e decadente. I permessi per ottenere l’accesso per vie legali richiedono tempi biblici. In alternativa si trova sempre qualche taxi-imbarcazione abusivo disposto a girare pericolosamente vicino alle sue coste “appestate”.