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Il potere della rappresentazione

dalla newsletter n. 18 - Giugno 2022 di Frammenti Rivista

14 minuti di lettura

Leggere e leggersi

La letteratura ci prende per mano dai primi anni di vita: ascoltando, guardando o leggendo storie, i libri ci accompagnano nell’esplorazione del mondo e di noi stessi. Le narrazioni che incontriamo nell’arco della vita, dall’infanzia, all’adolescenza, fino all’età adulta, formano la nostra percezione valoriale, aprono (o in alcuni casi chiudono) percorsi possibili, incoraggiano riflessioni e prospettive nuove, costruiscono un contatto empatico o identificativo con l’alterità, con la società che ci circonda e con i mondi possibili. Non sottovalutiamo quindi il potere delle storie: silenziose e apparentemente innocue, le narrazioni ci parlano del mondo in cui viviamo e ci introducono nella cultura di riferimento, sottolineando cosa (o chi) è giusto o sbagliato. Le storie sono quindi finestre sul mondo, un mondo che osserviamo da una posizione privilegiata, quella del lettore che a distanza è testimone di una storia.

Ma le storie sono anche uno specchio in cui ci riflettiamo: mentre leggiamo le avventure di un personaggio, cerchiamo in lui qualcosa di noi, ci immedesimiamo, proviamo a vestire i suoi panni e ad agire con lui. Leggere ci dà modo di guardarci da una nuova prospettiva, di trovare punti di contatto, di sentirci – o così dovrebbe essere – rappresentati, compresi, meno soli. Se questa dinamica genera piacere e conforto da adulti, figuriamoci in adolescenza: riconoscersi nelle pieghe di un personaggio è come incontrare un amico in grado di capirci intimamente. La rappresentazione non è quindi uno sfizio, ma una forma di riconoscimento sociale, di inclusione, di appartenenza a una comunità. La rappresentazione è anche una forma di attivismo, un modo per far sentire la propria voce, il proprio punto di vista, i propri bisogni.

Quindi, per un ragazzo o una ragazza – ma anche un adulto – LGBTQ, soprattutto in un’eventuale fase di formazione, di scoperta di sé, di presa di coscienza, trovare un corrispettivo dei propri sentimenti, dei propri desideri, delle proprie paure e delle proprie esperienze nei libri può diventare fonte di supporto e di autodeterminazione, può diventare un modello di inclusione.

Libri di ieri e libri di oggi

Eppure, la strada per arrivare a rappresentazioni degne di nota e lontane da un approccio discriminante è stata – e forse in alcuni casi ancora è – lunga. Dagli anni Settanta, la letteratura internazionale si avvicina a identità e orientamenti che vanno oltre l’eterosessualità e l’identità cisgender. Le rivoluzioni degli anni Sessanta portano a una nuova consapevolezza e quindi anche i personaggi LGBTQ nella narrativa per ragazzi aumentano a livello quantitativo e qualitativo.

Il processo di evoluzione di queste rappresentazioni è però lento. Troviamo inizialmente personaggi queer molto stereotipati e densi di cliché, quasi macchiette: una soluzione immediata e improvvisata per una letteratura solo apparentemente inclusiva, che quasi vuole “insegnare” la diversità senza però tenere conto delle sue sfumature. In questi testi più tradizionali, il personaggio omo/bisessuale non accetta (o accetta a fatica) il proprio orientamento e spesso subisce ingiustizie e persecuzioni, a cui non riesce a ribellarsi. I finali sembrano quasi ammonire, più che dare speranze e supporto, e il messaggio che passa è che essere una persona LGBTQ, forse, non è ancora auspicabile.

Si sente poi, in seguito a un cambiamento sociale, la necessità di ritrarre personaggi più complessi e veritieri. Le storie vanno pian piano a smontare alcuni…

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