René Girard, antropologo, filosofo e critico letterario, nasce ad Avignone nel 1923 e si forma all’École des Chartres, specializzandosi come archivista. Si trasferisce poi negli Stati Uniti, conseguendo il dottorato in Storia nel 1950 all’Indiana University, per poi approdare, nel 1981, dopo collaborazioni con prestigiosi atenei statunitensi, alla Stanford University, dove insegna lingua, letteratura e civiltà francese fino alla sua morte, avvenuta quest’anno in novembre.
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La sua attività di ricerca si può collocare sotto la macroetichetta di antropologia, volta a spiegare razionalmente, ma soprattutto globalmente, l’insieme dei comportamenti umani, facendo scendere in campo letteratura, etnologia e psicologia; non a caso, a svolgere un ruolo fondamentale nella sua formazione sono il pensiero del sociologo Émile Durkheim (1858-1917), di Sigmund Freud (1856-1939) e di Walter Burkert (1931-2015).
René Girard pone al centro dell’interesse dell’antropologia il fenomeno religioso, esponendo la sua teoria sulla religione soprattutto in quattro opere. Menzogna romantica e verità romanzesca, dove emerge in modo embrionale la tesi riguardante il meccanismo della mimesis, l’imitazione alla base del desiderio umano, che è “triangolare” dal momento che tra il soggetto desiderante e l’oggetto desiderato esiste un mediatore che indichi che cosa desiderare. È solo nel 1972, quando esce La violenza e il sacro, che vengono gettate le basi di una nuova teoria del sacro, per l’appunto: il desiderio che origina un altro desiderio si configura qui come una violenza che genera un’altra violenza, estinguibile solo tramite l’istituzione religiosa e il sacrificio. Si tratta della sua opera più importante a livello teorico, in cui viene descritto il meccanismo del capro espiatorio che permette di sfogare la violenza verso un oggetto preciso, eliminato il quale, la società esce dall’impasse e si libera dalla crisi. Ne Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, Girard riprende tutta la sua teoria e dimostra che solo la rivelazione cristiana consente di svelare la natura del sociale, del religioso e della violenza primigenia. Ne Il capro espiatorio del 1982 viene confermata la presenza di testi, appartenenti alla storia dell’Occidente, in cui sono ricorrenti i meccanismi di mimesi e di violenza.
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Il punto più innovativo della teoria girardiana è, come si è visto, la teoria mimetica: fondamento della teoria è il concetto per cui l’uomo sia un imitatore dei comportamenti di chi gli sta intorno. Imitando, l’individuo trasforma il proprio modello in rivale e inizia a provare sentimenti negativi destinati a sfociare in un conflitto omnes contra omnes. Da questa situazione potenzialmente fatale per la società, è possibile uscirne individuando un unico rivale collettivo, un capro espiatorio, che per le proprie caratteristiche attira involontariamente su di sé l’odio collettivo: è proprio su questo essere che si sfoga la violenza frustrazione collettiva, che lo elimina violentemente. Liberi dall’individuo che è al contempo causa e soluzione della crisi, i membri del gruppo si trovano temporaneamente in pace tra di loro, pertanto attribuiscono a quella che era stata la vittima uno status divino, proprio perché per suo tramite è tornata la pace.
Il desiderio imitativo, però, torna ben presto a fomentare i conflitti e a ricorrere a una nuova soluzione violenta ai danni di un altro innocente: riproponendo il medesimo meccanismo di violenza controllata e ripetuta a danno di un solo individuo si origina così il sacro che, in quanto capace di garantire ordine alla comunità, viene a configurarsi come l’origine stessa della società.
In definitiva, il pensiero di René Girard, tanto semplice a livello teorico quanto innovativo a livello di impatto sul pensiero dell’epoca, lascia un segno difficile da cancellare: una volta che ci si è avvicinati al suo pensiero è pressoché impossibile non rimanere affascinati dalla sua teoria mimetica.
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