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Ri-scatti. Mettere a fuoco il disturbo alimentare

Attraverso fotografie tutte a colori, momenti comunemente gioiosi diventano emblema di un disagio, caricandosi di una potenza espressiva ancora maggiore. In mostra al PAC di Milano fino al 24 ottobre

6 minuti di lettura

Dal 15 al 24 ottobre 2021 l’associazione Ri-scatti Onlus torna al PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea) di Milano con la settima edizione del progetto di fotografia sociale, la mostra dal titolo Ri-scatti. Fino a farmi scomparire. L’esposizione, promossa dal Comune di Milano con il supporto di Tod’s, è curata dal direttore Diego Sileo. La riflessione ha toccato quest’anno un tema ancora troppo spesso ignorato o disconosciuto da chi ne è affetto e dalla società in generale: il disagio legato ai disturbi del comportamento alimentare.

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Padiglione d’arte contemporanea (PAC), Milano

In collaborazione con l’Ospedale Niguarda e l’Associazione Erika, che da più di vent’anni offre supporto a pazienti che ne sono affetti e alle loro famiglie, e sotto l’ausilio di Amedeo Francesco Novelli – anima di Ri-scatti insieme a Stefano Corso, attuale presidente, e Federica Balestrieri – nove ragazze e un ragazzo scelgono di raccontarsi attraverso la fotografia. Cento fotografie per dar voce ai troppi silenzi, dove, per riprendere le parole di Simona Galli (Erika Associazione per la lotta al DCA), «il silenzio è la voce della malattia, non di chi magari, ancora, deve capire che la deve combattere per stare meglio, per tornare a vivere».

La mostra Ri-scatti al PAC di Milano: immagini per rompere il silenzio

La capacità di dar forma all’espressione linguistica di un’immagine, di riuscire a farla parlare per la persona, è frutto di un percorso terapeutico che prende le mosse, prima di tutto, dall’accettazione protesa al superamento del disturbo. Un messaggio forte che si erge anche contro lo scetticismo generale nei confronti dell’ausilio medico e contro la presunzione di chi disconosce il problema come tale, presentandolo piuttosto come un capriccio o una moda giovanile.

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Che ad essere colpiti siano i più giovani, in prevalenza donne, è un dato statistico, frutto di una maggiore fragilità dei soggetti, ma anche del condizionamento che su questa fascia d’età hanno i social media e il culto occidentale della magrezza come requisito di accettazione. L’attività di sensibilizzazione è intrapresa attraverso l’immagine che, senza bisogno di didascalie prolisse – bastano un nome, un titolo e un pensiero autografo –, riesce a instaurare con lo spettatore un rapporto, che si esprime in un senso di partecipazione al dolore. Difficile, anche per chi non si intende di arte – e di fotografia nello specifico –, non entrare in empatia con l’opera. Non servono conoscenze pregresse o manuali scolastici, ma apertura d’animo e capacità di astrarsi dallo sguardo critico e cinico dell’intenditore.

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Ri-scatti. Fino a farmi scomparire, PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano, 15-24 ottobre 2021
Fonte: Instagram

All’ingresso della mostra, la sensazione è quella di intraprendere un percorso arioso e luminoso – pareti bianche, ampie vetrate e spazi aperti –, ma neutro, dove a essere protagoniste sono le persone e le loro storie, prima ancora che le opere. Sono, come precisa Sileo riferendosi alla mostra di Ri-scatti a Milano: «storie di sofferenza, di disagio, di paura, storie nelle quali l’idea di poter controllare lo stimolo della fame e di poter vivere senza cibo diventano gli unici obiettivi da perseguire e ai quali rivolgere tutti gli sforzi […], quasi in un disperato tentativo di voler scomparire».

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Il tema della progressiva scomparsa del corpo-persona è stato liberamente interpretato da fotografie tutte a colori, chi prediligendo un oggetto o un luogo e chi invece scegliendo di mostrare un volto e/o un corpo. Colpisce come momenti comunemente gioiosi vengano eletti qui a rappresentare un disagio, a farsi di esso emblema, caricandosi di una potenza espressiva ancora maggiore: una purea di mele e prugne sostituisce una torta, un abbraccio stringe senza scaldare e un divano assorbe senza tenere traccia del corpo. Altre opere rendono più esplicitamente un senso di costrizione, che si materializza in gabbie, catene e spazi angusti, talvolta deformanti.

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Mezzi di riflessione, Silvia Bevilacqua, Ri-scatti. Fino a farmi scomparire, PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano, 15-24 ottobre 2021

Dieci ragazzi sono riusciti in questo modo, con le loro foto, a dar voce ai molti che ancora stanno cercando la forza per superare il primo grande sintomo della malattia: il silenzio. Pur attraverso il racconto di storie di sofferenza, è presente nella mostra Ri-scatti a Milano la positività di un messaggio denso di speranza, che lascia intravedere, tra sbarre di una gabbia e tende, la scritta “The end”, titolo della serie fotografica di Emanuele, uno degli artisti coinvolti, dove un piatto di pasta pieno e una maglietta ci ricordano che “good things take time”.

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Teresa Bonandi

Sono una studentessa di Lettere Moderne all’Università Cattolica di Milano, amo l’arte, la moda e gli aperitivi con gli amici. Estremamente ipercritica verso me stessa e determinata a portare a termine i miei progetti, sempre con un occhio di riguardo alle nuove tendenze, da vera fashion victim.

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