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Rovazzi, il perfetto successo
del Facebook marketing

8 minuti di lettura

Il mondo della musica, come molti di noi hanno già capito, è cambiato e sta cambiando ancora. Delle band di strada, che hanno fatto successo partendo dal minuscolo bar di periferia fino arrivare ai grandi palchi degli stadi, è rimasto ben poco. Ora, citando l’ultimo spot del famoso talent show X-Factor, «tutti i colori della musica» sono stati impacchettati in «un unico grande show». Una scelta fatta per attrarre la massa, la grande massa, senza distinzione di genere o di gusto così da non avere barriere stilistiche che limitino la popolarità del programma.

Ed è proprio dalla massa che è giusto partire per capire come il panorama musicale stia cambiando, perché se una volta la musica era generata dalle mente dell’artista mentre era in solitudine nella sua camera a riflettere sull’esistenza e solamente dopo veniva proposta al pubblico, ora i tormentoni sono fatti partendo dal pubblico e modellati sino a diventare una canzone o un disco.

Il caso di Fabio Rovazzi, dopo un’estate martellante su qualsiasi canale possibile, è ormai nazionalmente noto, surclassando addirittura il duetto di Fedez e J-AX che, dopo un forte lancio iniziale, è rimasto sulla scia di questo pezzo così irriverente e dal sound accattivante.

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Partendo da una piccola nota biografica, Fabio Rovazzi è cresciuto nel quartiere milanese di Lambrate, si è fatto conoscere sul web attraverso i propri canali social su Facebook, Instagram e YouTube, realizzando dei video comici virali e attirando così l’attenzione. Quindi, non è un cantante ma, in modo del tutto onesto, nemmeno lui si spaccia per tale, definendosi spesso non come un professionista ma “un pirla”.

Il successo, però, non guarda né esperienza né professione. Così il singolo di Rovazzi, Andiamo a comandare è praticamente ovunque: radio, discoteche, show televisivi, slogan giovanili e persino all’interno di spettacoli di altri professionisti, tutto in pochissimi mesi. Ma qual è il segreto di questo successo?

Come si è appena detto, partire dal pubblico per creare qualcosa che deve tornare al pubblico stesso è una mossa che porta risultati sicuri. Non è ormai un segreto che una buona parte delle cose cantante da Rovazzi siano trend presi da Facebook, modi di dire o sketch che hanno avuto forte successo sul social più popolare in Italia. Gli esempi che si possono fare sono davvero facili:

  • il «le è salito» detto da Fedez all’inizio della canzone era uno slogan popolare tra i giovani nello scorso anno, come ad esempio «mi è salito il crimine»
  • tutta la prima prima strofa ricorda molto l’ormai dimenticato «harlem shake», in voga qualche anno fa
  • «faccio i selfie mossi alla Guè Pequeno» riguarda un accaduto tra Guè e Matt&Bise, due cantanti che arrivano dai talent, molto popolari tra le giovani, che fece scalpore tra i fan lo scorso anno
  • il famoso «trattore» è preso dagli slogan utilizzati dalla pagina Sesso, Droga e Pastorizia, molto popolare tra i giovani, che vanta quasi 1,5 milioni di like, basata su una comicità “agricola e ignorante”
  • «Sboccio acqua minerale» è una chiara citazione della presa in giro di chi postava delle foto mentre “sboccia Belvedere” (una costosa marca di vodka) nel locali o alle feste, portata avanti da pagine come La Fabbrica del Degrado (1,2 milioni di like) e tante altre.

Come è possibile capire, il tormentone è un calderone di trend di successo, mescolati a dovere e lanciati nelle orecchie del pubblico con l’obiettivo primo della popolarità. Canzone bella o meno, non dovrebbe essere lo scopo della musica, in quanto, ricordiamolo se qualcuno non se lo fosse scordato, è una forma d’arte. Se i grandi cantautori e band del passato potessero vivere attivamente questi anni musicali, dubito che il loro “fare cultura con la musica” potrebbe conciliarsi con questo ambiente profondamente social e mirato al lucro.

Ci sono state polemiche anche riguardo a un possibile plagio del ballo fatto da Rovazzi nel video, effettivamente e probabilmente preso dal video della canzone, poco conosciuta in Italia, Just give me the beat di Ghostland Observatory.

https://youtu.be/D795RbERsOA?t=2m23s

Momento esatto del ballo: https://youtu.be/D795RbERsOA?t=2m23s

Alcune pagine Facebook hanno pubblicato post amareggiati riguardo la canzone, in quanto si sentono derubate di una proprietà intellettuale che, anche se non legalmente difendibile, arriva da loro ed è riconoscibile come tale. La comicità 2.0 è ancora una forte incognita nel mondo dei social, perché se la sua forza è il fatto di non avere barriere e poter dilagare ovunque, questa stessa mancanza porta a una debolezza riguardo il diritto di difendere la propria identità. Un po’ volgarmente ma con cognizione di causa, la stessa Fabbrica del Degrado commenta così:

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Rovazzi quindi è un raccoglitore di trend, poi messi in un calderone e cucinati a dovere come farebbe un esperto di marketing. Prendere ciò che al pubblico piace direttamente da esso è la mossa che ogni azienda farebbe per vendere i propri prodotti, conseguendo così un risultato praticamente sicuro. Che sia “cosa buona e giusta” non è possibile dirlo, il mercato è aperto e libero. Sicuramente non è possibile definire la sua hit come pezzo di cultura ma, con grande onestà, nemmeno lui lo fa, ed anzi si scusa con i veri cantanti per il successo spropositato che ha avuto.

Ciò che è invece possibile constatare, con un certo livello di amarezza, è che se una volta le hit che facevano successo nelle radio e nei primi canali televisivi erano firmate da grandi nomi della musica che insieme al successo portavano anche una certa cultura, ora la tendenza sembra essere esattamente il contrario. La comicità, come quella delle pagine Facebook sopracitate, non deve essere necessariamente portatrice di una qualche cultura, mentre questa è cosa che ci si aspetta dall’arte, quale è la musica.

Andrea Brunelli

Studente di ingegneria a Trento con la passione per la musica, quella vera. Cercatore di verità oltre il muro grigio.

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