Il progetto Santa Estasi è giunto al quarto episodio con l’Elettra di Euripide, la tragedia della vendetta (adattamento di Matteo Luoni). Tornano gli attori del ciclo precedente e si aggiungono le superbe interpretazioni di Elettra (Marta Cortellazzo Wiel) e Oreste (Christian La Rosa), ma tutti sono magnifici, capaci di alternare solennità e ironia.
Tutto è cambiato con l’uccisione da parte di Clitemnestra dell’eroe Agamennone, il padre-patriarca di un mondo antico che non esiste più. A segnalarlo è anche la scenografia: quel tavolo che nel primo episodio era ribalta dei sentimenti, poi divenuto presa di distanza dai fatti di sangue per il Coro e infine catafalco del trionfo sul re assassinato, ora poggia sul lato lungo, fa da “spalliera” e divisorio tra il prima e il dopo. Il focus è adesso sulle vicende dei giovani, e forse non a caso c’è un secondo tavolo, più piccolo, a contenere piccole riunioni di congiura e meditazione segreta.
La scena di apertura è gravida di un respiro solenne. Il corpo di Agamennone, il massiccio Leonardo Lidi, giace nudo a occupare per intero questo nuovo tavolo. Piangendo, la figlia Elettra lo veste con cura e avvertiamo insieme a lei la fatica di sollevare quelle membra enormi e senza vita. Si tratta di una vestizione funebre che ben rappresenta il culto della memoria. Agamennone sussurra al microfono (il filtro sonoro indica che la sua voce viene dall’Ade) l’intimità di un momento del lontano passato quando accantonava il ruolo di re per essere padre, e danzava con lei. Il momento è di struggente malinconia, sottolineato anche dalla bella canzone Dance me to the end of love di Leonard Cohen.
In questo primo ritratto Elettra è chiusa al mondo, immersa in un narcisistico ripiegamento interiore. Fra poco però il fuori la chiamerà. Una porta, che si muove su rotelle, viene posizionata alle sue spalle e da lì farà irruzione il vortice del presente e la chiamata all’azione. Entrano due giovani sconosciuti, felpa e scarpe da ginnastica: sono Pilade (Andrea Sorrentino) e Oreste (Christian La Rosa). Emergono dettagli sulla vita di Elettra, principessa esiliata dal palazzo e costretta a vivere in una capanna, in perenne attesa. L’aria è immobile, fetida, e un fastidioso ronzio di mosche tormenta i giovani inerti (citazione dalle Mosche di Jean-Paul Sartre).
Oltre alle due gentili e complici donne del Coro (Mariasilvia Greco e Barbara Mattavelli), arriva anche il povero contadino (Ludovico Fededegni), sposo di Elettra: in un candore alla Troisi, fra bisticci di parole e pause nell’articolazione del pensiero, spiega la sua storia accanto a “Elettra la piangiona”, in una soggettiva che sfiora il paradosso («io meschino sono, ma scemo mica»). Dopo questa divertente pagina comica, avviene il riconoscimento tra Oreste ed Elettra grazie al vecchio Pedagogo (Gianpaolo Pasqualino), un relitto di quel mondo di adulti sempre più distante. Nel suo eloquio mellifluo, che alterna citazioni in francese e in tedesco, un vago sentore di simpatie filonaziste, quando ad esempio invita Elettra a non dubitare della sua “razza” o sproloquia sulla possibilità di manipolare le masse.
Un fantasma a tavola e la fine di Egisto
Elemento fondamentale: il posto a capotavola è occupato da Agamennone, presenza ingombrante e irrinunciabile per il piano della vendetta, anche se invisibile. Oreste, finalmente riconosciuto, si accascia su quella sedia occupata dal fantasma, ed ecco che il padre lo scuote, lo imprigiona in un abbraccio-tenaglia che non lascia scampo, a indicare il dovere della vendetta.
Nella seconda parte il ritmo si fa dinamico. Splendida e ben calibrata la scena dell’omicidio di Egisto, in cui il racconto del messaggero (Isacco Venturini) scivola nella presa diretta. Egisto (un intenso Emanuele Turetta) presagisce che i due stranieri arrivati per il sacrificio forse nascondono qualcosa e nello stesso tempo ammira e invidia la loro giovinezza, ricordando il proprio vigore e istinto omicida di tanti anni prima. Il gioco di rincorsa preda-cacciatore a livello linguistico si trasforma qui in una sfida tutta fisica: un inseguimento circolare fra le sedie-ostacoli. È inevitabile che da questa staffetta esca sconfitto il rappresentante del vecchio mondo.
Il matricidio
Nella sua tragedia Euripide anticipa scenari da racconto poliziesco: omicidi, cadaveri da far sparire, piani per ordire il delitto perfetto… A dirigere l’azione ora è Elettra, che esige anche l’uccisione della madre, e Oreste si lascia trascinare in questo abisso. Mentre il cadavere dell’amante finisce in frigorifero (!), con una scusa la regina viene invitata alla capanna. Clitemnestra (Matilde Vigna), sempre bellissima e provocante, fasciata in un abito rosso, appare stanca. Racconta la propria storia, il dolore, la solitudine, la paura degli altri come arma di difesa, la speranza di ricostruire una famiglia. Ma Elettra è spietata. Notevole il ritratto della famiglia “riunita”: Elettra è in braccio ad Agamennone-fantasma, Oreste siede sulle ginocchia di Clitemnestra, entrambi figli desiderosi di abbracci, ma piegati dalla necessità. Pilade infatti li sottrae dai vagheggiamenti e ricorda a Oreste il dovere di obbedire all’oracolo. Il fendente fatale cala sulla madre.
La tragedia si è compiuta. Euripide però inventa la soluzione del deus ex machina: arrivano i Dioscuri (i bravissimi Isacco Venturini e Alessandro Bay Rossi), fratelli di Clitemnestra. Con la leggerezza indifferente degli dèi, disquisiscono sul matricidio: una giusta punizione per lei, ma una macchia indelebile per Oreste. Le disgrazie per gli Atridi non sono terminate.
Nella visione di Antonio Latella la tragedia dunque è dominata dal tema del corpo: un mondo vecchio ed esausto deve finire, ma il sangue non riesce a cancellarne le tracce, perché corpi ingombranti reclamano doveri e comportamenti, condizionando anche il futuro. Riusciranno questi giovani incerti a liberarsi dei propri fantasmi e a costruire un nuovo solido mondo?
Santa Estasi. Elettra
da Euripide – adattamento di Matteo Luoni
regia di Antonio Latella
produzione ERT 2016
visto il 20 maggio 2018; replica: 26 maggio 2018 h 21.45, Piccolo Teatro Studio Melato, Milano