Tra le voci più belle e interessanti del Serebrjanyj Vek russo (letteralmente il «secolo d’argento», periodo all’inizio del XX secolo chiamato così per contrasto con il «secolo d’oro» di classici come Aleksandr Sergeevič Puškin o Fëdor Michajlovič Dostoevskij) vi è quella di Marina Ivanovna Cvetaeva, nata a Mosca nel 1892 e morta suicida a Elabuga nel 1941.
La vita di Marina è una continua ricerca, attraverso la poesia, di un amore totalizzante che non riesce a trovare nella realtà. In una lettera del 1923, scrive al collega Aleksandr Bachrach: «Io devo essere amata in modo del tutto straordinario per poter amare straordinariamente». Marina ricerca quella passione nel marito Sergej Jakovlevič Efron, nella poetessa Sofija Jakovlevna Parnok – con la quale ha una relazione sentimentale fra il 1914 e il 1916 –, negli svariati amanti che incontra negli anni in cui vive in esilio per via delle sue posizioni anticomuniste. La cerca, senza trovarla mai.
Io ci sono. Tu – ci sarai
La raccolta Scusate l’amore racchiude tutte le poesie d’amore scritte da Marina fra il 1915 e il 1925, dedicate al marito, ai suoi amanti, ma anche a colleghi da lei stimati come Boris Leonidovič Pasternak, Aleksandr Aleksandrovič Blok, Michail Alekseevič Kuzmin. Chi si avvicina per la prima volta alla poesia di Marina rimane colpito dall’estrema frammentazione dei suoi versi, continuamente spezzati dall’uso dei trattini. Il trattino rappresenta una rottura nella frase, così come tutti gli amori, perfino quelli che finiscono col deluderci, rappresentano una rottura nelle nostre vite. Comunque evolva un amore, si parla sempre di un prima e di un dopo.
Io ci sono. Tu – ci sarai. Ci divide un abisso.
Io che bevo. Tu – che riardi. Come fare a trovarci?
Dieci anni, anzi no, centomila
ci separano. I ponti Dio non li fa.
«Sii! Ora!» è il mio comandamento. O almeno
va’ per la tua strada e lasciami crescere.
Io ci sono. Tu – ci sarai. Tra dieci inverni
tu mi dirai: «Ora ci sono!», ma io: «Era tanto tempo fa…»
(Traduzione di Marilena Rea)
Scusate l’amore è un’opera in cui chiunque sia stato innamorato non può che riconoscersi. Marina parte dai primi incontri, racconta l’estasi amorosa, ma anche la gelosia e il risentimento dopo la separazione. L’amore delude fin troppo spesso Marina, che lo dipinge come un mendicante che «se ne va con ciabatte scalcagnate, e certe volte non ha nemmeno quelle». Le sue poesie hanno il pregio di essere estremamente curate dal punto di vista formale, pur raccontando qualcosa di semplice come l’amore colto nella sua quotidianità.
Sebbene, nel corso della sua vita, la ricerca di Marina non giunga al risultato a cui lei aspirava, a distanza di cento anni ci resta fra le mani una raccolta quanto mai intensa di poesie, che andrebbero lette ad alta voce (come, in fondo, tutte le poesie degli autori più grandi) per godere non solo del senso delle parole, ma anche del loro suono. Purtroppo, bisogna ammettere che in poesia la traduzione è sempre un tradimento. È per questo consigliatissimo il volumetto edito da Passigli Poesia, con il testo a fronte che permette ai russofoni di assaporare le parole scelte da Marina, unito a un’ottima traduzione italiana in grado di emozionare qualsiasi lettore.