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Sesso e potere in «Servirsi» di Lillian Fishman

Un libro che fa riflettere su questioni chiave del femminismo come il body shaming, la comprensione del desiderio delle donne, il confine tra giusto e sbagliato, tra consenso e manipolazione

6 minuti di lettura

Un corpo creato per il sesso

Eve, la protagonista che Lillian Fishman sceglie per il suo libro Servirsi (edizioni e/o, 2022), non ha le idee chiare su molte cose: fa la barista in attesa di scoprire che lavoro le piaccia fare, non vorrebbe ammettere di dipendere economicamente dal padre ma lo chiama non appena ne ha bisogno ed è confusa su quanto rigidi siano i confini del suo orientamento sessuale. Di una cosa, però non dubita: il suo corpo è stato creato per fare sesso, «probabilmente con un numero sterminato di persone», o, in maniera ancora più audace, per subire il sesso, per essere posseduto.

Da quest’intuizione nasce una riflessione sul binomio sesso-potere che Fishman affronta da un punto di vista diverso: quello di una ragazza omosessuale che si trova attratta da un uomo, anzi dal potere che solo un uomo – solo quell’uomo – può esercitare sul suo corpo.

In qualche modo eravamo state educate a essere diffidenti verso tutti i corpi delle donne. Anche nel sesso, il piacere che ci davamo l’un l’altra si modulava su antichi preconcetti […]. Per Nathan non ero uno spiacevole promemoria; non gli ricordavo il suo stesso corpo carico come una molla; non lo intimidivo. Mi guardava e sapeva che fare di me. 

Buona intuizione, scarsa realizzazione

La scommessa di Lillian Fishman in Servirsi è potenzialmente valida, ma il modo in cui viene realizzata nella trama risulta tutto sommato debole, a tratti sciatto. Ciò che dà il via alla vicenda, l’incontro tra Eve e la coppia formata da Olivia e Nathan, rimane il punto più interessante: tutto ciò che segue, la relazione sessuale che si instaura fra i tre, non presenta sorprese e sembra trasformarsi invece in una routine tra personaggi-macchiette che non evolvono, se non in minima parte.

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Si potrebbe trattenere il fiato sulla caratterizzazione di Nathan – comunissimo esempio di personaggio maschile ricco e influente, dotato di sicurezza e fascino quanto di scarsa bussola morale, cosa che gli fa intrattenere relazioni sessuali con le sue dipendenti –, accettandola in attesa che un personaggio femminile più acuto di quello delle novelle rosa interagisca con lui in modo interessante.

Gli avevo sentito dire più di una volta che il suo gusto eccellente consisteva nell’abilità di individuare le cose più ovvie ma nella loro versione migliore. Gli piaceva quello che piaceva a tutti, solo che Nathan riusciva a possederlo – le donne più belle, i lavori più ambiti, costosi cappotti di lana, incontri proficui, inviti insoliti e straordinari.

Ma questo momento non arriva mai: gli unici punti veramente stimolanti di Servirsi di Lillian Fishman sono le riflessioni che Eve conduce sulla propria attrazione per Nathan e su quanto essa sia spontanea o piuttosto indotta dall’educazione convenzionale che le donne ricevono. Ma queste restano, appunto, riflessioni.

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Quello che abbiamo nella pratica sono tante scene di sesso molto ripetitive, in cui Eve ripete a se stessa quanto le piaccia in parte essere sottomessa dal desiderio di Nathan, in parte resistergli e risultare in questo modo più affascinante agli occhi di lui («Non lo dico a nessuna delle persone con cui vado a letto. Di solito». «Io non sono come le altre». «No», disse Nathan. Allungò la mano a stringere la mia. «Hai ragione»).

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I punti positivi di «Servirsi» di Lillian Fishman

Personaggio più interessante risulta invece Olivia: una donna dalla forte coscienza artistica e sessuale che sceglie quotidianamente di stare in una relazione con un narcisista e manipolatore, dice di amarlo ma sembra invece venerarlo, come un adepto di un culto può venerarne il capo. Il suo piegarsi alla volontà di Nathan non è banale, perché arriva a condividerne il desiderio di aprire la loro relazione ad altri individui, arriva a desiderare le donne che lui desidera, e non si capisce mai se per abnegazione o per interesse personale. 

Servirsi (acquista) di Lillian Fishman resta un libro godibile, che può fornire occasioni di riflessione su questioni chiave del femminismo come il body shaming, la comprensione del desiderio delle donne, il confine tra giusto e sbagliato, tra consenso e manipolazione. Purtroppo, però, aggiunge poco di originale al dibattito. 

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Michela La Grotteria

Classe 1999, genovese, dopo la triennale a Milano si sta specializzando in Italianistica a Bologna. Ama i racconti brevi – ogni tanto ne scrive e pubblica qualcuno – e i romanzi lunghi, le tazze da tè e il francese. Sogna di trasferirsi a Parigi e lavorare in una libreria indipendente.

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