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Roma rinasce a settembre con lo Spring Attitude

Festival romano che guarda al nuovo, calato nel set dell’Antica Roma degli Studios di Cinecittà, tra templi, archi e fori per un risultato ancora più d’impatto: un ponte tra passato e contemporaneità.

11 minuti di lettura

Se una cosa è certa e ormai ampiamente accettata – almeno nel nostro subconscio – è che il vero inizio dell’anno non sia propriamente il primo di gennaio, tra panettoni avanzati e festoni ancora in giro per la casa. La linea netta veramente percepibile, tra l’inizio del nuovo e la fine del vecchio, è solitamente segnata da quel mese che tutti un po’ amano e un po’ odiano, per il concederci ancora qualche freschezza estiva, ma sempre con il monito incalzante ed assillante rivolto alle nostre responsabilità: stiamo parlando di settembre.

Una ventata d’aria fresca.

Nell’ambito musicale italiano a far da ponte tra la fine della stagione estiva, colma di concerti ed eventi e l’inizio di una più raccolta ed intima del periodo autunnale-invernale, è lo Spring Attitude, festival romano tenutosi nel weekend del 16 e 17 settembre e arrivato, ormai adulto, alla sua undicesima edizione. Già dal suo nome, esso invita a non disperdere, bensì conservare, proprio quello spirito fantasioso e rigenerante infuso dalla stagione primaverile. Soprattutto, lo Spring Attitude con il suo nome vuol mettere in chiaro i suoi intenti: si guarda al nuovo, al giovane inteso nel suo senso più ampio, a ciò che sta nascendo o che deve ancora nascere. E ciò spiega anche come sia necessario collocare un evento del genere proprio nel mese in cui più che mai bisogna mantenere tale “attitude” verso una creatività dal sapore rinfrescante. Se poi tutto viene calato all’interno di una cornice come il set dell’Antica Roma degli Studios di Cinecittà, tra templi, archi, fori, e capitelli, il risultato diventa ancora più d’impatto: una grande ricognizione che dal nostro passato giunge alla contemporaneità.

Un evento dalle tali premesse non poteva che suscitare un grande interesse, considerata la line-up di tutto rispetto che lo rende appetibile ed imperdibile per molti. Ma andiamo a vederlo nello specifico.

Due appuntamenti preliminari.

Innanzitutto il festival, per creare ancora più hype intorno a sé, è stato anticipato da due appuntamenti speciali: sabato 10 da un concerto del compositore e producer islandese Ólafur Arnalds, all’interno della Cavea dell’Auditorium progettato da Renzo Piano e giovedì 15 da una serata nel teatro trasteverino delle jam session e degli artisti di strada, l’Alcazar Live, in cui si sono esibiti i SA Sound System, i Pitch3s, The Ladder Cloud Thing, Ginevra Nervi, Todd Terje e il musicista e produttore Ceri. Un’atmosfera di attesa e di graduale immersione che, come un riscaldamento, focalizza l’ascoltatore nell’esperienza attiva che lo Spring Attitude riesce compiutamente a realizzare.

Nell’Antica Roma di Cinecittà: Spring Attitude Venerdì 16.

Il primo vero e proprio giorno di festival è di venerdì. L’arrivo negli Studios è inebriante, atto a rendere il tutto ancora più esperienziale. Due palchi che si guardano agli estremi dell’agorà, in cui è in piedi il pubblico: il Molinari, stage principale, e il Palco Genera, leggermente più piccolo, ma non per questo secondario. Proprio qui si apre infatti l’evento, con una esibizione dei 72-hour post fight, gruppo che iper-semplificando si può collocare tra l’elettronica e il jazz, ma che è molto di più, quasi indefinibile per la continua tensione tra generi diversi che riesce a creare. A seguire, una novità, fresca del suo esordio al MI AMI Festival di Milano e nuova scommessa di Machiste Dischi: Centomilacarie. Classe 2004, si autodefinisce un «putto in preda agli incubi», con la sua canzone Strappami la pelle a morsi e le urla strazianti di chi «si sente solo strano», fa presagire quasi l’inizio di una nuova stagione inaugurata già dal cantante Blanco.

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Si accende poi il tramonto rosso fuoco, che avvolge lo scenario dell’antica Roma e che la voce di Ditonellapiaga concorre a riscaldare, giocando sul filo dell’eros e dell’ironia sulle ferite di un cuore spezzato. Terminata la sua esibizione e portata una buona dose di Chimica tra il pubblico, a sera, sale, nel Genera Stage, Iosonouncane e la sua formazione ormai elettronica, pronto a dire a tutti coloro che lo conoscono solo per la rotazione casuale di Spotify che passa Stormi a ripetizione, che non hanno capito un bel niente su di lui. La performance è rivolta interamente al suo ultimo lavoro, IRA, che segna un netto, nettissimo solco tra questo e i suoi album precedenti: un’elettronica cruda, monumentale come il tempio che gli fa da sfondo. Ascoltarlo ad occhi chiusi dà la sensazione di un pieno e mistico connubio dei sensi con la musica. Il pubblico è rapito e tramortito, la potenza del live rende giustizia a tutti gli sforzi del musicista sardo, vero diamante di questo festival. A riportare le parole alla musica ci pensa poi Fulminacci, in quella che è anche l’ultima data del suo tour e che, felice di esser tornato a casa, con chitarra, baffi e un bello smoking bianco, passa in rassegna i suoi successi, coinvolge il pubblico dall’inizio alla fine e gli regala come ospiti Willie Peyote e Daniele Silvestri, come un atto d’amore per la sua città. La scaletta è fitta e, dopo un salto in discoteca con il duo israeliano Red Axes, si arriva alla musica elettronica pop-dance di un Cosmo che si dimena con saltelli molleggiati sul palco e lancia cartoni di pizza quando parte l’inconfondibile Tristan Zarra. La prima serata si conclude sulle note di The Blessed Madonna, dj e producer americana.

spring attitude

Spring Attitude Sabato 17.

Si poteva già esser sazi così, eppure il gran finale dello Spring Attitude viene riservato al sabato, giorno conclusivo dell’evento, sold out da tempo. A tagliare il nastro nel palco di questa seconda serata sono i Post-Nebbia, band padovana, che ha da poco pubblicato Entropia Padrepio, un interessante flusso tra sacro e profano a suon di synth. L’amico e collega di Erlend Øye (dal duo Kings of Convenience), Marco Castello, porta poi un po’ di cantautorato fluttuante e surrealistico, che sa molto di Battisti e Fabio Concato, ma che ricerca al tempo stesso una certa sperimentazione dei suoni. Dopo di lui, è Whitemary, nel Genera stage, ad ipnotizzare il pubblico, con la voce che si fonde insieme ai sintetizzatori e, subito dopo, perché no, un po’ di Ennio Morricone, celebrato dai Calibro 35. Lo spettacolo principale della serata è riservato a Venerus, forse uno dei più camaleontici artisti contemporanei. La sua voce un po’ spezzata, i testi e le atmosfere allucinate e sognanti del suo nuovo album Magica Musica, trasportano altrove gli ascoltatori, nel cielo di diamanti della sua Lucy beatlesiana. A continuare la scia, è il turno dei Kokoroko, gruppo giunto direttamente da Londra, ma dalle origini africane e caraibiche, capaci di fondere assieme afrobeat, reggae e nuovo jazz. Gli artisti si susseguono senza sosta e, alle 23.30, è tempo di fare un salto al Bar Mediterraneo dei Nu Genea, progetto artistico di Massimo Di LenaLucio Aquilina, che da poco hanno scelto di cambiare con la «e» il dittongo del precedente nome (Guinea), che rispecchia a pieno il loro messaggio di nascita e che ben si sposa con quello dello Spring, in una miscela di stili e sonorità dal gusto pienamente partenopeo e incredibilmente moderno. A dare l’ultima pennellata a questo quadro impressionistico è, infine, Ellen Allien, musicista e produttrice discografica tedesca, ormai di casa al festival.

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Un Festival necessario.

Insomma, lo Spring Attitude è ormai un festival che ha raggiunto pienamente una sua identità, riuscendo sapientemente a conquistarsi la fiducia di tanti giovani e dei tanti che hanno scommesso su di lui. Si può dire che il suo farsi canale di una musica contemporanea, con nuove sonorità, ricerche sperimentali e uno sguardo attento verso le tendenze di una generazione che tenta tenacemente di far sentire la propria voce, sia più necessario che mai. La vera rinascita va attuata ora e va indirizzata verso i nuovi germogli di una musica che non smette mai di rinascere su se stessa. Parteciparvi significa vedere con i propri occhi un’arte giovane e moderna che cresce e vuol camminare con le proprie gambe, emanciparsi, per poter esprimere veramente quel che ha dentro: che è tanto, veramente tanto.

Margherita Coletta

Classe 1998. Laureata in Letteratura Musica e Spettacolo, con una tesi in critica letteraria. Attualmente studia Editoria e Giornalismo a Roma. Le piace girovagare e fare incontri lungo la via. Appassionata cacciatrice di storie, raccontagliene una e sarà felice.

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