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Tutela per Daun Taun, patrimonio del Leoncavallo

I graffiti nelle stanze di Daun Taun, nei sotterranei del Leoncavallo, sono stati finalmente posti sotto tutela di legge

9 minuti di lettura

Nel 2003, negli spazi sotterranei del centro autogestito milanese Leoncavallo, si svolgeva la nona ed ultima edizione di HIU. HIU nacque negli anni Novanta come un evento dedicato all’arte underground, con una particolare attenzione alla street art ed al fumetto, su impulso dello street artist Marco Teatro. All’evento nel corso degli anni parteciparono più di mille artisti italiani ed internazionali. L’happening del 2003 fu unico non solo in quanto conclusione del percorso di HIU (iniziato nel 1996), ma anche perché Marco Teatro coinvolse, assieme alla scena artistica emergente, anche writers noti dagli anni Ottanta che intervennero in una stanza a loro completamente dedicata. «Daun Taun ha funzionato fino al 2010 circa. Si facevano concerti, ma il problema era che aveva poche uscite di sicurezza. Ha chiuso ed è rimasto abbandonato». Lo racconta Lilo, referente per Daun Taun, artista e responsabile di Spazio Galileo (spazio espositivo che fa parte del compresso architettonico del Leoncavallo). È stata lei il motore propulsore del processo che ha portato al riconoscimento dei graffiti di Daun Taun come opere sottoposte «a tutela ope legis, ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 e 50 del D.Lgs. 42/2004 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio». Proprio in questa occasione, Lilo ha voluto rispondere ad alcune domande:

Quando è nata l’idea di intraprendere questo percorso attraverso le istituzioni per riconoscere il valore di Daun Taun?

Il tutto è cominciato durante la pandemia, mesi di stop che ci hanno permesso di sistemare alcuni spazi del Leoncavallo come ad esempio l’archivio, che negli anni era diventato poco accessibile; dopo la riorganizzazione sono emersi materiali interessanti degli anni Novanta/Duemila, che sono stati poi esposti in mostre d’archivio. (…) Sempre durante la pandemia, riscendendo a Daun Taun, ci siamo resi conto del suo valore. Se dobbiamo andare contro il capitalismo, soltanto il valore culturale può rispondere alla moneta. Il mondo è molto più sordo rispetto ai discorsi politici, è giusto che ai centri come il Leoncavallo venga riconosciuto il proprio valore culturale. Quando Vittorio Sgarbi nel 2007 ha ideato presso il PAC la mostra Street Art, Sweet Art. Dalla cultura hip hop alla generazione ‘pop up’ – prima è venuto a visitare il Leoncavallo.

Come hai iniziato a muoverti? Ti sei rivolta subito al comune di Milano?

Sistemando Daun Taun, ho sentito Marco Teatro e abbiamo iniziato a parlare con Luca Borriello, direttore dell’associazione INWARD – Osservatorio della creatività urbana. Lui già si occupava di street art, ci ha messo in contatto con la restauratrice Alessandra Carrieri, che si è dedicata alla conservazione dei graffiti. Lei lo ha fatto a titolo personale, per passione. Con lei abbiamo parlato di come poter tutelare i graffiti e così, quando i tempi si sono dimostrati maturi, abbiamo mandato un invito alla Soprintendenza del Comune di Milano per venire a visitare Daun Taun. Loro hanno accettato e poi ci hanno inviato una nota di riscontro in cui si afferma che i graffiti rientrano in tutela ope legis. L’ufficio Arte pubblica del Comune è stata incaricato dalla Soprintendenza di catalogare le opere di Daun Taun.

«Tutela» e non «vincolo»; dal punto di vista legislativo i due concetti sono diversi. All’atto pratico, cosa cambia per lo spazio?

Il vincolo è una questione di conservazione: non puoi spostare nemmeno una presa; mentre la tutela (che si riferisce all’ambiente, non alla singola opera) permette agli artisti di continuare ad esprimersi. Nulla può essere staccato o distrutto senza sentire il parere della Soprintendenza.

Il Leoncavallo dalla sua nascita nel 1975 ha avuto, come tutti i centri sociali, problemi di natura legale. Ancora fino a qualche mese fa si sentiva parlare dell’ennesimo tentativo di sfratto. Con questa tutela, anche i piani superiori adesso saranno protetti?

No, lo sfratto non si ferma perché è contro l’associazione, contro l’occupazione… Ma se qualcuno volesse distruggere i muri per ricostruire non sarebbe possibile, perché sotto c’è Daun Taun.

Questo però non ha impedito la distruzione di parte dei muri in via Giampietro Lucini e in via Antoine Watteau, su cui comparivano altri iconici graffiti da sempre associati all’identità del Leoncavallo.

Con il muro davanti (via A. Watteau, n.d.r.) hanno lasciato per ultimo il coccodrillo (uno dei graffiti più identificativi), per pura casualità perché si trovava dietro ai bagni e gli operai li usavano durante i lavori. FRODE (Domenico FRODE Melillo, artista ed avvocato penalista dal 2008, n.d.r.) ha riunito i vari artisti e ha iniziato a far valere il valore di autore. non c’è stata propriamente una causa legale, ma lui ha suggerito la richiesta di un risarcimento danni. È andato tutto scemando per mancanza di fondi, ma non è andato completamente a vuoto. Quando INWARD ha catalogato tutti i muri del Leoncavallo come storia della street art, il coccodrillo di Irwin è rientrato. A quel punto si sono fatti dei problemi a volerlo abbattere e ora stanno ricostruendo i muri.

Escludendo Daun Taun, le opere all’interno del Leoncavallo sono troppo «recenti» per essere tutelate?

La tutela di Daun Taun comprende anche e soprattutto lo HIU, l’evento e la sua storia. Sopra invece è giusto che tutto continui a cambiare, perché in fondo la street art è questo. Qui si trova ancora una street art che è libera, calata nel contesto in cui è partita; non è più il murales gigantesco, commissionato, che va ad addobbare un palazzo in centro. Qui ciò che viene rappresentato è la volontà di un artista di lasciare il proprio timbro. Ci sono il vero disinteresse e la provocazione che ci dovrebbero essere nel mondo dei graffiti. Non è un mi vendo, ma un mi esprimo.

Ci sono già dei progetti pensati per gli spazi di Daun Taun o rimarrà ancora tutto chiuso?

Abbiamo già avuto delle scuole in visita, come il Liceo artistico privato Kandinsky. È stato bellissimo, erano tre classi che abbiamo fatto girare per due ore. Ormai c’è una cultura mainstream che passa informazioni discordanti e abbastanza brutali; in loro ho visto una reazione molto positiva, i graffiti possono aiutare gli adolescenti ad interessarsi a qualcosa di diverso.

Ci sono altri centri sociali che vedendo il vostro esempio hanno pensato di fare lo stesso?

Abbiamo sentito Giorgio de Finis, direttore del MAAM di Roma; lì la situazione è di un’occupazione abitativa; quindi, è sia un centro sociale che un sistema di abitazioni. Non ci sono tutele. Giorgio ha sempre cercato, anche chiamandolo Museo, di trovare consenso e quindi evitare lo sgombero delle famiglie. Speriamo che quello che è successo qui diventi una chiave di svolta anche per altre realtà.

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Immagine in copertina: Alvise Crovato

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Clarissa Virgilio

Studentessa di lingue e letterature europee ed extraeuropee a Milano, classe 2001. Durante gli anni della triennale di lingue, ho seguito un corso presso la NABA sulle pratiche curatoriali. Amo guardare ciò che ha qualcosa da dire, in qualsiasi lingua e forma.

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