Due straordinari artisti, accomunati dal profondo amore per l’arte e dalla decisa volontà di trovare una strada pittorica diversa da quella tradizionale e accademica, si ritrovarono a convivere per nove settimane in una piccola casetta gialla ad Arles, in Provenza. Si tratta di Vincent Van Gogh e Paul Gauguin. Il primo, trasferitosi da Parigi nella piccola città francese nel 1888, desiderava fondare uno “studio del sud”, un luogo in cui personalità artistiche diverse potessero convergere per lavorare insieme e contribuire a un netto cambiamento di rotta in pittura. A guidare lo studio, per Van Gogh, doveva essere qualcuno con maggiore esperienza e con una reputazione artistica più forte rispetto alla sua, perciò egli cominciò a scrivere a Gauguin, pregandolo di raggiungerlo. Complice anche l’insistenza del fratello Theo, dopo alcune rimostranze, alla fine Paul accettò.
Durante il breve ma intenso periodo trascorso insieme, fra dipinti en plein air e lunghe discussioni, i due pittori sperimentarono molteplici stili e temi pittorici, influenzandosi a vicenda nonostante le differenze di metodo: Van Gogh con il suo approccio spontaneo ed emozionale, Gauguin invece più razionale. Nonostante il rapporto lavorativo giovasse a entrambi positivamente, non mancavano screzi e tensioni, come si evince da un passo di una lettera che l’artista olandese scrisse al fratello Theo: «i nostri litigi sono terribilmente elettrici… qualche volta ne usciamo con le teste esauste come batterie elettriche».
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Tuttavia, furono proprio questi mesi a ispirare a Van Gogh alcuni dei suoi capolavori più celebri, basti pensare a La camera di Vincent ad Arles, Notte stellata sul Rodano, la serie dei Girasoli, e anche La sedia di Vincent. In merito a quest’ultima opera, di notevole interesse è il confronto con La sedia di Gauguin, realizzata sempre da Van Gogh. Centrale nella composizione, ancora una volta, la sedia, stavolta però molto più elegante e raffinata rispetto a quella di paglia del primo quadro; i colori poi sono molto più caldi e scuri, a voler ricreare un’atmosfera intima e raccolta. La candela e il libro posati sulla sedia vogliono forse rappresentare la cultura e l’ambizione che Vincent ravvisava nell’amico, volendolo poi omaggiare con una pennellata molto più fluida e legata alla “pittura a memoria” piuttosto che la sua, solitamente pastosa.
Fra le opere invece più importanti dipinte da Gauguin nel 1888 occorre ricordare Vincent Van Gogh che dipinge i girasoli, che costituisce l’immagine forse più veritiera del grande postimpressionista, il quale, dopo aver osservato l’opera compiuta, avrebbe difatti esclamato: «Sono proprio io, ma diventato pazzo!». Effettivamente il ritratto psicologico che emerge dall’opera è impressionante: dettagli come gli occhi socchiusi, la testa deforme, la fronte bassa, il viso e il naso schiacciato, restituiscono la figura di un uomo in tensione, concentrato sui suoi amati girasoli, ma affaticato.
Poco tempo dopo, Gauguin, stanco e bisogno di maggiore tranquillità, decise di lasciare la Provenza e partire per la Bretagna, provocando la disperazione di Van Gogh, che in preda a una crisi psichica, si sarebbe tagliato l’orecchio con un rasoio. Finì così, tragicamente, la convivenza fra due geni creativi, rimasti insieme sì per poco, ma che dal periodo della loro unione seppero regalare al mondo intero una produzione artistica che altresì non sarebbe mai esistita, e il racconto di una vicenda – la loro – fra le più appassionanti di tutta la storia dell’arte.
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