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Venezia76. «Martin Eden», un romanzo di formazione tra arte e politica

10 minuti di lettura

Punto di riferimento internazionale del cinema documentario, Pietro Marcello aveva già calcato il red carpet del festival del cinema di Venezia con due documentari proprio sul cinema: Il silenzio di Pelešjan, sul regista d’avanguardia Artavazd Pelešjan, e Marco Bellocchio, Venezia 2011, un breve ritratto del regista piacentino. Quest’anno Marcello compete invece nella categoria che conta di più con Martin Eden, film tratto dal capolavoro di Jack London che racconta la storia di tutti noi, con una dedica speciale a chi si è fatto da solo, a chi ha lottato per emanciparsi per mezzo della cultura per sfuggire a una vita che non gli apparteneva.

Martin Eden: la trama

Dopo aver salvato da un pestaggio Arturo (Giustiniano Alpi), giovane rampollo della borghesia industriale, il marinaio Martin Eden viene ricevuto in casa della famiglia del ragazzo e qui conosce Elena (Jessica Cressy), la bella sorella di Arturo, e se ne innamora al primo sguardo. La giovane donna, colta e raffinata, diventa non solo un’ossessione amorosa ma il simbolo dello status sociale cui Martin aspira a elevarsi. A costo di enormi fatiche e affrontando gli ostacoli della propria umile origine, Martin insegue il sogno di diventare scrittore e – influenzato dal vecchio intellettuale Russ Brissenden – si avvicina ai circoli socialisti, entrando per questo in conflitto con Elena e con il suo mondo borghese.

Al centro del film troviamo nei panni di Martin Eden Luca Marinelli, attore dotato di grande fascino ma anche di tanto talento che con la sua presenza scenica e la sua intensità riesce a coinvolgere lo spettatore fin dal primo minuto.

Questa volta Pietro Marcello parte da un libro, anzi da un classico della letteratura, conservando il suo sguardo documentario, malinconico e un po’ poetico arricchito dall’uso nel montaggio di filmati storici. L’introduzione di altri video di repertorio dal carattere documentario è sempre stato per Marcello pretesto per creare una connessione tra passato e presente. I personaggi di oggi si identificano quindi negli eroi di ieri, icone capaci ancora di trasmettere attraverso le loro vicende valori universali, di carattere personale e politico.

Un romanzo di formazione dal carattere universale

Martin Eden è infatti prima di tutti un romanzo di formazione che attraverso il tema dell’emancipazione sociale parla del valore delle persone e delle storie dei singoli la cui presa di coscienza rende Martin adulto. L’educazione e, di conseguenza, l’evoluzione del nostro protagonista non avviene solo attraverso i libri, ma proprio attraverso i contatti con le persone, unica scuola di vita per chi si è dovuto formare da solo. La particolare storia di Martin Eden quindi oppone fin da subito due modelli, quello dell’istruzione accademica – il mondo dell’amata Elena – e quello della povertà e dei quartieri più umili, da cui proviene lo stesso protagonista.

La prima tappa che porta alla crescita del personaggio avviene proprio nel momento dell’incontro con una classe “diversa” dalla sua e, quindi, della presa di coscienza della propria condizione sociale. Il mondo della cultura appartiene inevitabilmente ai più ricchi, coloro che possono permettersi una vita mondana che in qualche modo li isola. Come per i poveri, anche i ricchi infatti vivono chiusi nella propria realtà, senza realmente entrare in contatto con il mondo esterno.

Martin Eden è al centro della vicenda, si trova a cavallo tra i due mondi, è un eroe moderno che animato da un irrefrenabile senso di giustizia e da un’innata vena poetica, diventa adulto non solo grazie a una crescita emotiva, ovvero l’innamoramento incondizionato per Elena, ma anche grazie a una maturazione politica che racchiude l’intero spirito del Novecento.

Il valore politico di Martin Eden

Martin Eden sogna il riscatto delle classi sociali più deboli. Appassionato di arte e di letteratura, il nostro eroe decide di raccontare per mezzo di queste forme espressive gli emarginati, gli analfabeti, quelle persone che a causa della propria classe sociale si trovano sempre schiacciati dal sistema e dai loro capi. Per Martin, infatti, la cultura non rappresenta solamente il suo riscatto personale, ma è il riscatto del mondo degli invisibili di cui il sistema si nutre senza indulgenza.

Eden ritrova, inoltre, nella figura di Russ Brissenden un mentore che gli era sempre mancato in una famiglia del tutto assente. Russ spinge Martin verso il socialismo per “salvarlo” dall’individualismo e dargli un interlocutore con cui confrontarsi. Martin non crede però nel socialismo in quanto vede nella sua struttura la riproposizione del modello cane-padrone che agisce a proprio vantaggio sfruttando il malcontento dei più deboli. Come spiega Martin, infatti, l’emancipazione dell’individuo passa necessariamente attraverso la cultura ed è fondamentale per liberarsi da una società intenta a costruire gerarchie per garantire l’obbedienza.

Per questo motivo, Martin Eden attraverso il proprio personale percorso di studio combatte il processo di letterale annullamento delle persone costruito dalla società.

L’opposizione tra socialismo e individualismo

Ma quali sono invece i rischi dell’individualismo? Il rifiuto della società e il totale individualismo in cui si rinchiude Martin nel finale portano il protagonista a una tragica fine. La sua vita adulta e la sua realizzazione come scrittore di successo segnano un ulteriore momento di passaggio che ribalta la sua situazione: invece di sfruttare la cultura per diventare libero, Martin Eden è diventato esso stesso schiavo dell’industria della cultura.

Se prima Martin Eden era un marinaio che voleva diventare scrittore, da adulto è uno scrittore a tutti gli effetti. Stimato e celebrato anche all’estero, Martin è privo ormai di qualsiasi ideale, segno di una disillusione che è conseguenza spesso inevitabile dell’entrata nell’età adulta.

Senza accorgersene infatti Martin ha consegnato il suo sogno di libertà intellettuale e sociale al mondo liberale dell’industria, rendendosi un vero e proprio prodotto da vendere.

Se inizialmente le composizioni di Martin non piacevano a nessuno perché troppo crude, ora che la sua professione è quella di scrittore stimato dall’opinione pubblica, riscuotono un grande successo. La verità però è che «lo scrittore Martin Eden in realtà non esiste» , lui è sempre rimasto se stesso, è la società che è cambiata, applicandogli una nuova fittizia etichetta.

L’arte e la natura del cinema di Marcello

La forte carica politica dell’opera si coniuga qui a un linguaggio artistico che cita Baudelaire, il disegno e la musica sinfonica fino ad arrivare al cinema e alla più popolare forma di intrattenimento: la televisione.

L’opera di Marcello si inserisce perfettamente nella ricerca antropologica-didattica che il regista aveva già sperimentato in film come Bella e perduta, di cui interessante è la citazione che Marcello fa facendo vestire a Martin per alcuni minuti i panni di Pulcinella.

Per Marcello poi risulta anche molto importante la riflessione sul paesaggio e sul rapporto tra uomo e natura. Le campagne e i boschi che ispirano gli scritti di Martin Eden sono una delle caratteristiche distintive del cinema di Marcello che decide di ambientare il film a Napoli per celebrare ancora una volta l’amore per un’Italia destinata a sparire e per raccontare le trame di un intero secolo.

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Valentina Cognini

Nata a Verona 24 anni fa, nostalgica e ancorata alle sue radici marchigiane, si è laureata in Conservazione dei beni culturali a Venezia. Tornata a Parigi per studiare Museologia all'Ecole du Louvre, si specializza in storia e conservazione del costume a New York. Fa la pace con il mondo quando va a cavallo e quando disquisisce con il suo cane.

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