fbpx

Venezia76. «ZeroZeroZero», i primi due episodi della serie tratta dal romanzo di Saviano

////
9 minuti di lettura

«La coca la sta usando chi è seduto accanto a te ora in treno e l’ha presa per svegliarsi stamattina o l’autista al volante dell’autobus che ti porta a casa, perché vuole fare gli straordinari senza sentire i crampi alla cervicale. Fa uso di coca chi ti è più vicino […]».

Scritto da Roberto Saviano, pubblicato nel 2013 e subito giunto al successo, ZeroZeroZero era un libro lungo, complesso, volontariamente disordinato e davvero coinvolgente. Una di quelle opere che aprono finestre su mondi sommersi, tralasciati, ma quotidiani. Capace di far percepire la forza di un intrattenimento – perché d’altronde di un romanzo si trattava – fatto con il cervello e il cuore. Trarne una serie non era dunque un lavoro più semplice di quanto non lo fosse la realizzazione Gomorra, da cui uscirono però due prodotti ora fiore all’occhiello della produzione italiana, il film di Garrone (2008) e la serie di Sollima (2014). Tra le sfide aggiunte proposte da ZeroZeroZero c’era però un’internazionalità ineliminabile, poiché al centro di una storia che proprio sul suo intreccio globale strutturava il traffico di cocaina come prodotto commerciale di una multinazionale criminale.

La scelta era dunque tra rinunciare, e magari attendere di vendere totalmente la storia a una qualche produzione oltreoceano, o approfittare del successo di altri esempi di serialità italiana (Gomorra su tutti, ma anche il Suburra di Netflix) per alzare l’asticella, producendo una serie italiana ed internazionale nel cast, nella storia e, si spera, nel pubblico.

Se su quest’ultimo non si possono ancora tirare le somme, poiché gli otto episodi che compongono la prima stagione usciranno nel 2020, sui primi due possiamo già testimoniare gli intenti lodevoli. E questo grazie alla produzione Cattleya – parte di ITV Studios – e Bartlebyfilm per Sky Studios – nuova casa di produzione e sviluppo pan-Europea – CANAL+ e Amazon Prime Video.

Andrea Riseborough, Dane DeHaan, Gabriel Byrne e Harold Torres sono infatti solo alcuni delle stars che interagiscono in questa storia frazionata tra America, Europa e Africa.

La serie si propone dunque di dar vita e struttura narrativa al mercato della cocaina, secondo i suoi creatori massima manifestazione del mondo globale e perfetta applicazione del capitalismo. Per farlo fa propri gli strumenti della serialità, ossia le tempistiche d’approfondimento di personaggi ed eventi, ed affiancandogli le caratteristiche del cinema contemporaneo, abilissimo nel trasportare lo spettatore tra una nazione all’altra con semplici giochi di montaggio che riducono le distanze. Già i primi due episodi si muovono senza problema alcuno, e con avvincente ritmo, dai paesaggi dell’Aspromonte calabrese ai porti di New Orleans, riuscendo ad applicare all’immagine un carattere che è certa manifestazione del suo regista.

Sollima si impone infatti sulla messa in scena, la quale non spettacolarizza il mondo narrato, ma rende spettacolo la propria narrazione, perfetta e iconica soprattutto nella chiusura del secondo episodio. Potrebbe essere questa per l’Italia l’occasione per applicare il modello americano alle serie tv, ossia un impianto gestito da uno showrunner, creatore e regista, e portato avanti da più registi. Ed effettivamente non è stato solo alla regia Sollima, il quale condivide (e lascia) alcuni degli episodi a colleghi illustri come Pablo Trapero e Juanus Metz, quest’ultimo già dietro le riprese di alcune puntate di True Detective.

ZERO ZERO ZERO Episode #1

Ciò che per ora è ipotizzabile dalla visione dei primi due episodi è che ZeroZeroZero sia una serie che pone in contatto mondi culturalmente opposti attraverso il desiderio di potere concesso dalla cocaina. La vicinanza di questi universi, permessa dal mercato globale, gira dunque attorno «all’unica merce paragonabile al petrolio» , come definita dallo scrittore Roberto Saviano, il quale si dice entusiasta del risultato portato a termine dalla produzione. «Non è una serie sul narcotraffico, ma sul potere, su quello che d’altronde è il nostro sistema economico» , i personaggi principali sembrano già pronti infatti ad un’evoluzione narrativa che sondi l’intimità di figure criminali spesso private di una profondità in favore del mito e delle rievocazioni da gangster. «Questi non sono gangster», ha proseguito lo scrittore, «non vogliono i soldi, vivono come gli ultimi dei calvinisti» . La provocazione fa riferimento all’elemento religioso emerso nelle prime due ore di storia, la quale sfrutta la croce, e tutto ciò che significa, per mostrare tanto le molteplici forzature in personaggi culturalmente differenti, quanto i legami tra il misticismo cattolico e i credi criminali.

Una processione apre infatti il primo episodio, mentre uno dei personaggi chiave, Manuel Contreras, interpretato da Harold Torres, ascolta omelie mentre spara su civili. «Siamo solo uno strumento di Dio».

La cocaina entra così in ogni manifestazione sociale, mostrandosi però come pura merce. La freddezza manageriale con cui viene trattata sembra uno dei caratteri di maggior interesse della storia, la quale segue il percorso di una nave merci dal punto d’origine al punto d’arrivo, con le stesse fasi e problematiche di un qualsiasi altro prodotto. I personaggi in gioco scopriamo essere tasselli necessari di ogni fase produttiva, e come tali hanno un ruolo che non può essere autonomo. Necessitano l’uno dell’altro, dal Don nella cava calabrese, al soldato messicano corrotto, sino agli intermediari, tutti destinati a entrare in un conflitto che renderà palese e tangibile la piramide criminale che striscia nelle fondamenta di un mondo connesso più dalla cocaina, che da Facebook.

Certo è che la narrazione della criminalità non è estranea al cinema contemporaneo, e da tempo ormai è di casa nella serialità. Così è d’uopo affermare che sulla distinzione da qualunque altro prodotto giace fremente il futuro di ZeroZeroZero, che nei primi due episodi lascia qualche dubbio proprio nelle relazioni maggiormente canoniche. Il conflitto familiare interno all’organizzazione criminale è ad esempio uno dei primi elementi messi in gioco, che soprattutto nel suo carattere generazionale (il nipote che vuole spodestare il nonno) richiama un immaginario già esplorato da prodotti simili. L’equilibrio tra la derivazione di dinamiche ormai assunte a modello internazionale del racconto criminale e invece l’autorialità della messa in scena è dunque il terreno di scontro su cui Zero, Zero, Zero, sarà chiamato a combattere. Per quanto visto ora le possibilità di un successo attendono dietro l’angolo, soprattutto però se il focus permarrà sul traffico di cocaina come manifestazione di una grande e sfaccettata multinazionale delinquente, ossia di una parte celata e ordinaria della nostra società.

«…Ma se, pensandoci bene, ritieni che nessuna di queste persone possa tirare cocaina, o sei incapace di vedere o stai mentendo. Oppure, semplicemente, la persona che ne fa uso sei tu».

Leggi altri articoli su Venezia76.

Alessandro Cavaggioni

Appassionato di storie e parole. Amo il Cinema, da solo e in compagnia, amo il silenzio dopo una proiezione e la confusione di parole che esplode da lì a poche ore.
Un paio d'anni fa ho plasmato un altro me, "Il Paroliere matto". Una realtà di Caos in cui mi tuffo ogni qual volta io voglia esprimere qualcosa, sempre con più domande che risposte. Uno pseudonimo divenuto anche canale YouTube e pagina instagram.

1 Comment

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.