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vero Woody Allen

Qual è il “vero” Woody Allen?

14 minuti di lettura

Cinquanta film in cinquantacinque anni, se consideriamo solo le pellicole che portano la sua firma. Sono numeri, questi, che, senza dubbio alcuno, rendono Woody Allen uno dei registi più prolifici di tutta la storia del cinema. E se è vero che, nel corso della propria produzione, tutti gli artisti attraversano diverse fasi, e che le opere si evolvono di conseguenza, questo è ancor più vero nel caso di Allen, la cui carriera conta così tante opere e per giunta spalmate in più di mezzo secolo: da Che fai, rubi? del 1966 a Rifkin’s Festival del 2020, in mezzo c’è letteralmente di tutto. Siamo dunque consapevoli che sia una domanda mal posta quella che chiede quale sia il “vero” Woody Allen. Cionondimeno, per ogni artista, spesso, possiamo individuare alcune costanti che sopravvivono ai cambiamenti stilistici e all’incedere del tempo. Ovviamente, questo vale anche per Allen. Ci sono temi affrontati dal regista che ricorrono più volte nel corso della sua mastodontica produzione cinematografica e che costituiscono l’essenza del woodyallenismo.

Ciò che si vuole sostenere in questa sede è che nel decennio e poco più che va dal 1975, anno di uscita nelle sale di Amore e guerra, al 1986, quando uscì Hannah e le sue sorelle, si trova il nucleo fondante della sua poetica e dunque, in un certo senso, il Woody Allen più autentico. Questo non significa che ciò che viene prima o dopo tale periodo sia “meno woodyalleniano” rispetto ai film usciti a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. Quello che vogliamo dire, invece, è che in questo periodo il regista newyorkese ha raggiunto la maturità artistica ed ha elaborato più compiutamente i tòpoi che, in un modo o nell’altro, hanno poi caratterizzato anche le opere successive: le nevrosi, la psicanalisi, i temi esistenziali, le riflessioni filosofiche, le crisi di coppia. Dunque, posto che non è del tutto corretto parlare di un “vero” Woody Allen poiché, come dicevamo, ci sono tanti Woody Allen diversi, è nei film realizzati in questo periodo, e che vedono lo stesso Allen attore protagonista, che a nostro avviso si ritracciano i temi costanti della poetica alleniana.

Per inquadrare al meglio la questione, però, facciamo un passo indietro. A beneficio dello spettatore digiuno, possiamo indicare una prima fase della produzione cinematografica di Woody Allen caratterizzata da film prettamente comici. Parliamo di Che fai, rubi? (1966), Prendi i soldi e scappa (1969), Il dittatore dello stato libero di Bananas (1971), Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere) (1972) e Il dormiglione (1973). Con questi film, le risate sono assicurate. Ma è nel 1975, con Amore e guerra, che si registra una svolta nella produzione alleniana: i toni passano dal comico all’umoristico – nell’accezione pirandelliana del concetto -, l’ironia pervade ogni dialogo e fanno la loro comparsa quei temi tipicamente alleniani richiamati poc’anzi. Sono anche gli anni, questi, della relazione con l’attrice Diane Keaton, protagonista di molti di questi film e che resterà, anche dopo la fine dell’amore (avvenuta all’incirca nel 1978) sua grande musa e amica.

A differenza della maggior parte delle pellicole di Allen, che sono ambientate a New York, le vicende di Amore e guerra (1975) si sviluppano nella Russia del XIX secolo, ai tempi delle invasioni napoleoniche. Protagonista è Boris Grushenko (Woody Allen) che, come tutti gli “eroi” alleniani, è impacciato e intellettuale: il suo sogno è fare il poeta. Ma arriverà il momento in cui Boris dovrà scontrarsi con la dura realtà della guerra contro Napoleone, mettere da parte la sua proverbiale codardia e dar prova del suo coraggio per difendere la Santa Madre Russia. Sullo sfondo, l’amore per la cugina Sonja (Diane Keaton). Il film scorre tra gag esilaranti e filosofici dialoghi surreali. Fin dal titolo, poi, sono numerosi i riferimenti alla letteratura russa: Amore e guerra richiama infatti Guerra e pace di Lev Tolstoj e in tutto il film abbondano le battute con riferimenti alle opere di Dostoevskij e dello stesso Tolstoj. Pur essendo un film comico, i riferimenti c…

Michele Castelnovo

Classe 1992. Laureato in Filosofia. Giornalista pubblicista. Direttore di Frammenti Rivista e del suo network. Creator di Trekking Lecco. La mia vita è un pendolo che oscilla quotidianamente tra Lecco e Milano. Vedo gente, scrivo cose. Soprattutto, mi prendo terribilmente poco sul serio.

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