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Il Referendum-trivelle: siamo un Paese senza speranza

4 minuti di lettura

Pubblichiamo qui di seguito una riflessione sul Referendum- trivelle di domenica 17 aprile del 2016 affidata da Andrea Zhok, Professore associato di Filosofia Morale all’Università degli Studi di Milano, al suo profilo Facebook, ringraziandolo per averci consentito di condividerla anche con i nostri lettori.

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Fonte: greenpeace.org

A proposito di morale e di referendum – trivelle

A proposito di referendum. Un paese in cui, quando si deve decidere X, il primo pensiero di tutti è se la decisione X giovi o danneggi la squadra avversa, è un paese senza speranza. È l’incarnazione storica della mirabile definizione di stupidità data da Carlo Cipolla: è il comportamento di chi, pur di recare danno altrui, è disposto anche a perderci. E come ricorda lo stesso Cipolla: lo stupido è l’unico ad essere persino più pericoloso del bandito (“bandito” è colui il quale è disposto a danneggiare gli altri per tornaconto personale).

Nel 2016 si votò per il referendum– trivelle, l’unico sopravvissuto di una serie di referendum inizialmente proposti. Si tratta di un referendum su una questione obiettivamente minore nel panorama italiano, una questione che nella sua interpretazione più estensiva rappresenta un punto di principio sulla natura delle concessioni pubbliche, che dovrebbero sempre avere una scadenza. Una scadenza che in questo caso si è invece ritenuto, per eccesso di condiscendenza verso gli investitori privati, di non introdurre, lasciando massimo agio ai concessionari di fare come loro comoda (naturalmente, nulla vieta che alla scadenza di una concessione se ne stipuli una nuova.)

Ma siamo in Italia e dunque tutto acquista uno statuto vagamente isterico, drammatico e sopra le righe. Il fronte del No pronostica un’ecatombe di posti di lavoro, a fronte di scelte che metterebbero a repentaglio il futuro energetico del paese. Si derise la parte avversa come dedita ad una visione di primitivismo pre-industriale e bucolico. E a coronare il tutto ci ritroviammo il Presidente del Consiglio e un ex Capo dello Stato (che, per inciso, si era ritirato non ritenendosi più politicamente abile, causa senilità) che, senza il minimo pudore, fanno il tifo per il giochino craxiano di mandare la gente al mare, al probo fine di far fallire una consultazione popolare. Che due altissimi rappresentanti delle istituzioni democratiche non capiscano che un tale atteggiamento da parte loro sia stato semplicemente inqualificabile, la dice lunga sulla totale mancanza di nerbo etico di questo paese.

Ma se guardiamo al fronte del Sì, per quanto abbiano ottime ragioni dalla propria parte, con rare eccezioni anche qui sembra impossibile stare sul pezzo per più di sessanta secondi. Così, votando sì sembrava che si sarebbero potute proteggere le coste da un’incombente marea nera, una spinta decisiva alle risorse rinnovabili per un futuro pulito sconfiggendo il ‘sistema delle lobby’. Tutto una volta di più esageratamente carico di presunte valenze simboliche, di segnali trasversali, di implicazioni ideologiche confuse quanto ambiziose.

E dalla contrapposizione dialettica di slogan e battute contrapposte emerse, come sempre, solo la definitiva confusione dell’elettorato, un elettorato che di ogni problema capisce alla fine solo quali sono i colori delle maglie avverse, trattando il merito dei problemi sempre solo come se fosse un trascurabile fattore di disturbo nel perenne derby italico, a reti unificate.

Redazione

Frammenti Rivista nasce nel 2017 come prodotto dell'associazione culturale "Il fascino degli intellettuali” con il proposito di ricucire i frammenti in cui è scissa la società d'oggi, priva di certezze e punti di riferimento. Quello di Frammenti Rivista è uno sguardo personale su un orizzonte comune, che vede nella cultura lo strumento privilegiato di emancipazione politica, sociale e intellettuale, tanto collettiva quanto individuale, nel tentativo di costruire un puzzle coerente del mondo attraverso una riflessione culturale che è fondamentalmente critica.

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