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Aborto, l’Argentina dice no: la strada per i diritti è ancora lunga

38 voti favorevoli contro 31: vince il no alla legalizzazione dell'aborto. Perché «non è una questione di credenze, ma un problema che esiste»?

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2 minuti di lettura

L’Argentina dice no alla legalizzazione dell’aborto con 38 voti favorevoli contro 31. La legge avrebbe reso l’aborto una prestazione medica di base, sicura e gratuita fino al terzo mese e oltre il terzo mese solo in caso di stupro, pericolo per la vita della donna e gravi malformazioni del feto.

Mentre lo storico Referendum dell’Irlanda dello scorso maggio sembrava un passo verso il futuro (ma soprattutto verso i diritti), ecco che la decisione dell’Argentina fa tornare al passato. O forse dal passato non si è mai davvero usciti, nonostante tante vittorie e tante battaglie.

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Sì all’aborto non è no alla vita

Tra i favorevoli alla legalizzazione dell’aborto c’è Cristina Fernandez de Kirchner, ex presidente dell’Argentina. Cristina Fernandez, precedentemente contraria all’interruzione di gravidanza, ha capito che l’aborto «non è una questione di credenze, ma un problema che esiste».

Non si tratta di una questione di credenze perché:

  • in molte regioni dell’Argentina la legge vigente (che consente l’aborto solo in caso di stupro o pericolo di vita della donna) non è applicata o è ostacolata
  • ogni anno il mezzo milione di donne, che ricorrono all’aborto clandestino, rischiano (oltre che il carcere) complicazioni post-aborto, spesso mortali
  • i raschiamenti punitivi senza anestesia non sono pratiche eccezionali
  • nel 2016 una ragazza di 27 anni è stata condannata a otto anni di carcere per omicidio perchè aveva avuto un aborto spontaneo

Non si tratta di una questione di credenze perchè chi è contrario all’aborto deve riconoscere agli altri la libertà di farlo. Si parla di Pro-Vita, ma l’aborto non è Pro-Morte: solo Pro-Libertà. La libertà deve essere un presupposto, di cui ognuno può far uso come meglio crede nel pieno rispetto di ogni altra opinione.

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L’Argentina non è sola

La notizia del no dell’Argentina all’aborto ha fatto il giro del mondo. Si grida al mancato rispetto dei diritti della donna (che sono a tutti gli effetti diritti umani). Ma cosa accade nei Paesi in cui l’aborto è legale?

Il nostro Bel Paese (che non è poi così «bello») si trova in cima alla lista dei Paesi col maggior numero di obiettori di coscienza negli ospedali pubblici. A queste statistiche mancano i farmacisti che si rifiutano di vendere la pillola. Senza citare i casi di violenza ostetrica e la generale disinformazione. Le iniziative lodevoli ci sono state (si veda l’iniziativa della contraccezione gratuita in Emilia Romagna e Piemonte), ma non sono ancora abbastanza.

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Se il diritto d’aborto fosse esclusivamente una questione di legge, in un Paese come l’Italia (in cui l’aborto è legale) non ci sarebbe bisogno di un progetto come Obiezione Respinta che mappa gli obiettori di coscienza. Perché il primo referendum, il primo sì al diritto di aborto deve avvenire nelle coscienze, prima ancora che nei sacrosanti disegni di legge.

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