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La bambola di Kokoschka: tra genio e pazzia

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2 minuti di lettura

Che l’amore, in alcuni casi, sia prevalentemente composto da pazzia, ossessione, tormento, Oskar Kokoschka lo sapeva bene. Il pittore austriaco, oltre ad essere noto per i suoi ‘tortuosi’ quadri espressionisti, è oggi ricordato anche per una folle trovata che gli permise, seppur con scarsi risultati, di continuare a coltivare la relazione ormai finita con la donna amata. Nel 1912 Kokoschka incontrò infatti Alma Mahler – vedova del compositore Gustav Mahler – della quale si innamorò follemente e con cui ebbe una relazione di circa due anni, il cui frutto fu il suo più famoso quadro: “La sposa della tempesta” (1914). Alma era un’attrice tanto passionale e bella quanto instabile: i suoi amori erano intensi ma brevi e, probabilmente a causa sia degli eccessi e delle gelosie del pittore, sia della sua voglia di libertà (tanto che aveva rifiutato più volte di sposarlo), lo abbandonò proprio mentre si trovava al fronte a combattere. L’uomo durante la guerra fu ferito così gravemente che a Vienna si era già sparsa la notizia della sua morte; ricoverato in un ospedale di Dresda, il pittore non poteva fare altro che pensare alla sua affascinante amante ormai tra le braccia di un altro. E’ proprio in questo momento di orrore per la guerra e angoscia dell’abbandono che Kokoschka mette in pratica la sua idea: nel 1918, una volta contattata Hermine Moos, una fabbricante di bambole e modista, le chiede di creare per lui una bambola con le fattezze della donna amata e il più fedele possibile alla realtà per caratteristiche e dimensioni. La lettera inviata a Hermine, completa di disegni, racconta ogni minimo dettaglio che Oskar desiderava ritrovare nel fantoccio: la consistenza doveva essere simile a quella della carne umana, gli organi riprodotti fin nei più piccoli particolari – persino la bocca, la lingua, i denti e le parti intime – e le cuciture ben nascoste, in modo da non svelare la vera natura della ‘creatura’. Il pittore era così impaziente di poter riabbracciare la finta-Alma che avvertì la servitù dell’arrivo di una nuova ed importante ospite. Quando finalmente giunse il pacco Kokoschka ammirò il risultato con scarso entusiasmo, colpito dall’aspetto grottesco ed inquietante della bambola. Tuttavia, il pittore decise di non gettare qualcosa che, seppur in modo bizzarro, era in grado di ricordare l’ormai irraggiungibile attrice per cui aveva perso la testa. Comprò per il fantoccio i più costosi vestiti; istruì un cocchiere a girare per la città in carrozza, in modo da poter mostrare alla bambola i luoghi che avrebbero potuto interessarle maggiormente; si mostro con ‘lei’ in pubblico, alle feste e a i balli, considerandola una vera e propria compagna e ritraendola più volte in alcuni dei suoi quadri, come per esempio in “Donna in Blu” (1919). Un giorno però, nel 1920, dopo aver portato la silenziosa amante ad una festa in maschera da lui organizzata, la fece a pezzi in uno scatto d’ira e malinconia e la abbandonò nel giardino, andandosene a letto. Quel che accadde la mattina successiva fu ancora più singolare. Il postino, durante il suo solito giro, entrò nel giardino della villa per consegnare la posta e, guardandosi intorno, vide immediatamente ciò che sembrava un cadavere decapitato e coperto di sangue. L’uomo, spaventato, corse subito a chiamare dei poliziotti che, dopo aver osservato da lontano la figura, la scambiarono anch’essi per una donna e chiamarono a loro volta un dottore. Si trattava in realtà della bambola di Kokoschka che, sporcatasi di vino durante la festa e distrutta dalla rabbia del pittore, era stata scaraventata nel cortile, in un vano tentativo di liberazione dall’incessante ricordo di Alma Mahler.

La bambola di Kokoschka

 


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