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La Biennale di Venezia e i giovani: un po’ di storia

Fino al 24 novembre 2024 i visitatori potranno immergersi nel mondo della Biennale d'Arte di Venezia: Stranieri Ovunque e ammirarne le creazioni. Ma quali sono le radici storiche di questa rivoluzionaria e visionaria istituzione dell'arte?

10 minuti di lettura

Inaugurata il 20 aprile scorso, la Biennale d’Arte di Venezia si conferma in tutte le sue edizioni un’occasione imperdibile d’incontro e scoperta. Fra i vari canali di distribuzione ed esposizione attivi nel panorama artistico contemporaneo, quello delle biennali, così come quello fieristico, è con ogni probabilità il canale che maggiormente risente del processo di globalizzazione della società e dell’arte, ma allo stesso tempo quello maggiormente in grado di sfruttare tali cambiamenti. Ma come è nata una delle più importanti istituzioni a livello globale nell’ambito dell’arte contemporanea?

Cosa sono le biennali

Le biennali possono essere viste come manifestazioni in una posizione intermedia tra gli spazi più classici, museali, istituzionali del mondo dell’arte e invece quelli più legati all’ambito mercantile, come le fiere. Appartenenti a una tradizione molto più antica rispetto a quella degli eventi fieristici, le biennali mantengono nel tempo il proprio carattere di luoghi in cui si mostra ciò che è davvero nuovo e che merita di essere conosciuto, al di là delle dinamiche di collezionismo e commercio.

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Come riconosciuto dallo studioso Roberto Pinto, a partire dal secondo dopoguerra questo tipo di esposizione si è dedicata tendenzialmente a forme artistiche non ancora accettate, storicizzate e, di conseguenza, non presentate nelle istituzioni e occasioni espositive più consuete. Tale tendenza, inizialmente cauta e affiancata a forme d’arte più “classiche” e conosciute, vede a partire dagli anni Ottanta un incremento importante, quasi totalizzante. Le biennali sarebbero quindi nate, e continuano a esistere, come «vetrina internazionale per la sperimentazione e per l’arte più innovativa» (Roberto Pinto, Nuove geografie artistiche. Le mostre al tempo della globalizzazione, Postmedia, Milano 2012, p.165), colmando, di fatto, un vuoto istituzionale, sebbene negli ultimi decenni anche i musei abbiano aperto le proprie porte all’arte meno tradizionale e fortemente contemporanea.

La crescita esponenziale, poi, che il fenomeno delle biennali – così come quello delle fiere – presenta dalla fine del Novecento a oggi è il chiaro segnale di un cambiamento in senso globale del sistema e del mondo dell’arte. L’influenza crescente che ricoprono è evidente in virtù del fatto che sempre più paesi emergenti hanno sfruttato e sfruttano l’importanza, non solo simbolica, di queste manifestazioni per elevarsi e distinguersi. Proprio il potere acquisito da tali eventi li rende, inevitabilmente, strumenti politici ed economici oltre che artistici. I centri propulsori si sono moltiplicati, sino a rendere impossibile un riconoscimento unanime e univoco di capitale internazionale dell’arte, come potevano essere state Parigi nella prima metà del Novecento e New York nella seconda, e portando a una lotta tra i vari poli, destinata però, con ogni probabilità, a rimanere senza un vincitore.

La Biennale di Venezia e la svolta degli anni Ottanta

La Biennale di Venezia è senza dubbio una delle più importanti al mondo ed è comunemente considerata il primo esempio di questo genere di eventi, sebbene la Triennale nazionale di Milano, ad esempio, nasca nel 1891, dunque quattro anni prima rispetto alla Biennale veneziana, la cui prima edizione risale al 1895. Quella ospitata nella laguna veneta, tuttavia, viene da subito riconosciuta per il suo prestigio e, di conseguenza, per la validazione che è in grado di dare alle opere e agli artisti che vi espongono.

Biennale di Venezia

A seguito delle riforme e del collasso di tutta una serie di prassi e consuetudini verificatosi tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio del decennio successivo, è tra il 1974 e il 1979 che si elabora, nell’ambito della Biennale di Venezia, una vera e propria riforma, così come era avvenuto e stava avvenendo in molti altri campi del mondo dell’arte. Ciò che si va preparando è un rinnovamento sistematico, volto alla comprensione più profonda e all’aggiornamento del senso e delle finalità ultime di un’iniziativa di tale portata, alla luce dei radicali cambiamenti in atto nella società.

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È però con i cambiamenti portati dagli anni Ottanta, dalle nuove tendenze verso la globalizzazione, dall’attenzione al mercato e alle spinte per un ritorno al lavoro artistico più “tradizionale” e materiale, che la kermesse veneziana cambia davvero. Le nuove edizioni si dimostrano più attente al panorama internazionale, aperte alle novità, ai nuovi protagonisti dell’arte, appartenenti a molteplici culture e sistemi, orientati verso un orizzonte artistico multidisciplinare. Con essi, dunque, la Biennale di Venezia si dimostra aperta ai «più variegati significati che l’arte contemporanea porta con sé» (Francesco Bernardelli, Francesco Poli, Mettere in scena l’arte contemporanea. Dallo spazio dell’opera allo spazio intorno all’opera, Johan & Levi Editore, Monza 2016, pp.142).

Nuova sezione emergenti: «Aperto»

In occasione della Biennale d’Arte di Venezia del 1980, intitolata La presenza del passato, viene inaugurata una nuova sezione: «Aperto». Questa, ideata da Achille Bonito Oliva e Harald Szeemann, era dedicata ai giovani artisti, senza distinzione di provenienza, poetica o medium artistico utilizzato. Nel corso delle varie edizioni, questa sezione è stata banco di prova per giovani artisti che di lì a poco avrebbero conquistato il mondo dell’arte internazionale, come Anish Kapoor, Rirkrit Tiravanija, Maurizio Cattelan. «Aperto» venne abolito tredici anni più tardi, nel 1993, dopo aver svolto un ruolo di punta nella ricerca, nel riconoscimento e nell’esposizione delle tendenze artistiche più avanzate.

Biennale di Venezia

In omaggio al ruolo fondamentale svolto da questa sezione della biennale veneziana, la quarantottesima edizione, tenutasi nel 1999, diretta da Harald Szeemann, venne intitolata dAPERTutto. Come riconosciuto dalla studiosa Clarissa Ricci, «Aperto» è il risvolto concreto di un fenomeno che diventa dominante nell’arte del secondo Novecento: i giovani. Con l’avanzare del XX secolo, infatti, l’età a cui gli artisti emergono e raggiungono il successo si abbassa sempre di più, fino a vedere opere di ventenni e trentenni quotate come quelle dei grandi maestri dell’arte moderna e contemporanea, contese dai principali collezionisti e musei del mondo. Proprio questo interesse e risvolto giovanile ha permesso a una delle organizzazioni più antiche e importanti del panorama artistico di rimanere sempre attuale, trasformarsi in maniera efficace in un momento, gli anni Ottanta, di dura opposizione verso tutto ciò che era istituzionale, ma anche di difficoltà delle istituzioni stesse.

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«Aperto» copre un decennio, lo rappresenta, talvolta ponendosi in contrasto rispetto all’esposizione principale, sino a diventare, a partire dal 1988, elemento trainante di tutta l’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia. Da quell’anno, infatti, «Aperto» si espande in nuovi spazi e raggiunge il suo apice, paradossalmente, nell’ultima edizione, quella del 1993, che vide impegnati curatori e artisti protagonisti del sistema dell’arte degli anni Novanta. La sezione venne cancellata nel 1995, per motivi organizzativi ma anche per scelta – e disinteressedel direttore delle arti visive di quell’anno, lo storico e curatore Jean Clair. Venne poi integrata, a partire dall’edizione successiva, curata da Germano Celant, all’interno della mostra centrale. Con la già citata edizione del 1999, poi, Harald Szeemann rende chiaro sin dal titolo scelto che quella sarebbe stata una riproposizione di «Aperto» che avrebbe occupato tutto lo spazio della mostra, non limitandosi più a essere una sezione finale.

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Rebecca Sivieri

Classe 1999. Nata e cresciuta nella mia amata Cremona, partita poi alla volta di Venezia per la laurea triennale in Arti Visive e Multimediali. Dato che soffro il mal di mare, per la Magistrale in Arte ho optato per Trento. Scrivere non è forse il mio mestiere, ma mi piace parlare agli altri di ciò che amo.

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