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Bomarzo, Boboli, Capalbio: i tre giardini delle meraviglie

Tre proposte per chi desidera addentrarsi in freschi ed ombreggiati giardini artistici fra Toscana e Lazio

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In questi giorni di canicola, con la colonnina del mercurio che si alza soprattutto nelle città d’arte, perfino il cercatore di bellezza più risoluto potrebbe lasciarsi scoraggiare, decidendo di attendere climi meno roventi senza correre il rischio di cuocere nella fila per qualche museo. Perché, allora, non addentrarsi nei sentieri freschi ed ombreggiati dei giardini artistici fra Toscana e Lazio, luoghi misteriosi e affascinanti? Dal Sacro Bosco di Bomarzo al Giardino dei Tarocchi di Garavicchio, a Capalbio, passando per i Giardini di Boboli a Firenze, meraviglia protetta dall’Unesco quale patrimonio dell’Umanità, l’itinerario sarà denso di rimandi storici e artistici, racconterà storie d’amore e d’esoterismo, coniugando la magia così fugace dei giardini vegetali all’incanto senza tempo di sculture visionarie. Le tre proposte sono dunque quelle ritenute più suggestive ed intriganti nel vastissimo panorama dei giardini in Italia.

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Bomarzo è un piccolo comune nella provincia di Viterbo, al cui interno si può però ammirare uno delle più geniali e strabilianti opere di architettura del Manierismo italiano: il Sacro Bosco, detto anche Parco dei Mostri, è un immenso complesso di monumenti enigmatici: la torre inclinata, il celebre Orco (che all’interno si rivela essere uno spazio per i pasti del committente), la piazza dei vasi, l’imponente statua di Ercole e Caco, e molti altri ancora, tutti inseriti nella frescura di uno splendido giardino. La mente di quest’opera spettacolare fu il principe Pier Francesco Orsini, detto Vicino, appassionato di alchimia e astrologia, temi che, per la loro attinenza col mondo del meraviglioso e dell’esoterico, solleticavano le fantasie dei più colti mecenati del periodo e degli artisti che sapevano tramutarle in opere: Vicino, nel 1547, affidò la realizzazione del Parco a Pirro Ligorio, uno dei più grandi esponenti del Manierismo, per dedicarlo alla moglie scomparsa, Giulia Farnese. Chi entra è subito avvertito da un’iscrizione posta alla base di una sfinge: «Tu ch’entri qua pon mente parte a parte et dimmi poi se tante maraviglie sien fatte per inganno o pur per arte». L’inganno, l’arte, la maraviglia: sono le caratteristiche principali del gusto del tempo, che a Bomarzo si fondono in un percorso dai significati non ancora del tutto decifrati e forse non decifrabili, che incanta con la sua atmosfera arcana ed il suo silenzio allusivo.

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A Firenze non può invece mancare una visita al Giardino di Boboli, appartenuto ai Medici e poi passato ai Lorena ed infine ai Savoia, curato e perfezionato lungo i secoli. Passeggiando fra i viali e le terrazze ci si imbatterà in una serie di ambienti straordinari, e si potrà ammirare, condensato in un unico luogo ma declinato in forme differenti, tutto lo splendore che ha reso Firenze celebre nel mondo. Impressionanti, ad esempio, il grande Anfiteatro, sede di spettacoli estivi da godere in una cornice d’eccezione, o il Bacino del Nettuno, cui si giunge tramite scale costellate da statue di epoca romana. Ma la meraviglia maggiore è forse il Giardino del Cavaliere, le cui siepi si articolano in fantasiose forme geometriche tipiche del giardino all’italiana, offrendo uno spettacolo mozzafiato quando, in tarda primavera, le specie rare di dalie e rose che le costellano producono un’esplosione di profumi e sfumature.

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Più vicino a noi nel tempo si colloca il Giardino dei Tarocchi di Garavacchio, una frazione di Capalbio, nella provincia grossetana. Progettato dall’artista Niki de Saint Phalle, fra le più interessanti ed influenti del secondo ‘900, il Parco è stato aperto al pubblico nel 1998, dopo quasi vent’anni di lavori, e trae ispirazione sia dal genio di Anton Gaudì sia dal Sacro Bosco di Bomarzo. Il tasso sfrenato di fantasia di quest’opera unica nel genere, ispirata agli arcani maggiori dei tarocchi, è elevatissimo, e si manifesta con i colori sgargianti, opulenti delle costruzioni-sculture, con l’estrema eterogeneità dei materiali utilizzati e delle tecniche compositive: esempio principe di tale versatilità è l’Imperatrice-Sfinge, gigantesca scultura rivestita in ceramica al cui interno si trova una vera e propria abitazione, con una cucina completamente ricoperta di frammenti di specchi veneziani. Il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle investe il visitatore con uno sfavillio trasognato che non può lasciare indifferenti e non entusiasmare, conducendolo a bocca aperta in un luogo dove regna lo stupore per il bello e l’immaginazione.

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Michele Donati

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Redazione

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