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La città che sale, 1910

«La città che sale», il primo quadro futurista di Boccioni

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3 minuti di lettura

L’inizio della stagione futuristica di Umberto Boccioni può essere individuato nel dipinto La città che sale. Realizzato nel 1910, è oggi conservato al Museum of Modern Art di New York. Il quadro nel suo complesso sembra l’incarnazione del nuovo secolo, una nuova era per l’umanità basata sul progresso industriale. 

la città
Umberto Boccioni

«La città che sale» di Boccioni

Il quadro rappresenta una città immaginaria, ispirata alla Milano dell’epoca che Boccioni ammirava dal suo balcone di casa. La città immaginaria è il simbolo emblematico della città metropolitana in continua espansione e in continuo progresso. Le nuove metropoli dell’epoca erano caratterizzate da un’ampia periferia, in continua costruzione, e per un nuovo modello di abitante. L’uomo è ora artefice del proprio destino, capace di controllare e determinare il proprio futuro grazie all’aiuto delle macchine. Il tema della città urbana non è una novità nella produzione di Boccioni: già nei lavori precedenti aveva affrontato questo soggetto, ma con una resa naturalistica. Questo soggetto, quasi epico, rappresenta in realtà un semplice momento di lavoro ambientato in uno dei tanti cantieri cittadini, ma agli occhi di Boccioni ciò diventa una mitica celebrazione del processo industriale. Ad essere esaltato è anche il lavoro dell’uomo, e non è un caso se il titolo iniziale di quest’opera era proprio Il lavoro.

Milano a inizio XX° secolo

Composizione

Nonostante l’indiscutibile resa futuristica, Boccioni include anche degli elementi realistici quali le costruzioni e i cantieri, installati sullo sfondo. Boccioni abbandona quasi interamente il suo precedente naturalismo per lasciare lo spazio a dinamismo e movimento. Questi due elementi, assieme alla velocità, sono i principi alla base del futurismo stesso. Le linee di forza, che indicano i movimenti delle figure e i loro spostamenti nello spazio, sono messe in risalto con il fine di esaltare questi movimenti. I cavalli e i cavalieri si fondono assieme in un generale sforzo dinamico che attraversa tutta la composizione. La composizione conserva tuttavia un’impostazione tradizionale: si suddivide in tre fasce orizzontali, che rispecchiano tre diversi piani di profondità. Nel primo ci sono i cavalieri, nel secondo i cavalli e nel terzo la città sullo sfondo lontano.

La città che sale, 1910

 


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Silvia Gastaldo

Studentessa di storia, laureata in Management per i beni culturali e con un master in visual merchandising. Viaggi, libri, arte, cinema e moda sono le mie grandi passioni.
Sono sempre alla ricerca di nuove fonti d'ispirazione nel panorama artistico contemporaneo, spinta da un'inarrestabile curiosità.

Vivo tra Parigi e Venezia, e il mio cuore si divide tra una corsa in metro e un tramonto sulla laguna.

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