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Il coraggio di sperare. Le due nuove mostre di Fondazione ICA Milano

La Fondazione ICA Milano esplora le tensioni contemporanee tra realtà individuale e bombardamento mediatico. Fino al 25 novembre visitabili le mostre "Euphoria" e "Jus d’Orange"

12 minuti di lettura

Per l’inizio della nuova programmazione artistica dell’autunno 2023, Fondazione ICA Milano offre due nuove proposte di mostra dal respiro internazionale. Inaugurate il 25 settembre le esposizioni Euphoria e Jus d’Orange, rispettivamente dell’artista brasiliana Leda Catunda e del duo composto dalla pittrice francese Camille Henrot e l’autrice australiana Estelle Hoy, visitabili fino al 25 novembre. Leda Catunda (San Paolo, 1961) presenta al piano terra di Fondazione ICA un corpus di sette opere in cui l’installazione e la pittura si fondono. Un ruolo chiave è quello svolto dalla luce naturale, che filtra dal vinile colorato con cui è composta una delle opere principali colora le pareti bianche dello spazio. Al piano superiore un progetto di restituzione, in cui le tele di Camille Henrot (Francia, 1978) vengono incorniciate da alcuni passaggi di un testo di Estelle Hoy (Australia, 1983) grazie al raffinato allestimento a cura di Chiara Nuzzi. Si può parlare di restituzione proprio perché la mostra Jus d’Orange affianca il progetto editoriale delle due artiste. Grazie al loro profondo rapporto d’amicizia e ad una corrispondenza virtuale di migliaia di messaggi e centinaia di fotografie condivise sulle varie piattaforme social, Henrot e Hoy producono un libro d’arte che riflette sul fallimento, la speranza e le vie di fuga dall’angoscia esistenziale.

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Obra A Cachoeira. Leda Catunda, 1985. Fonte: Wikipedia

Fondazione ICA Milano

L’istituzione viene fondata nel 2018 da Alberto Salvadori, che ricopre tutt’ora la posizione di direttore. Fondazione ICA si propone come una realtà no profit orientata alla creazione di uno spazio dedicato alle arti contemporanee. Una grande attenzione è quella data alla pluridisciplinarietà delle arti, con una volontà molto forte di dare visibilità ad artiste ed artisti internazionali. Il nome della fondazione è un esplicito riferimento agli Istituti per l’Arte Contemporanea nati negli anni Quaranta nel mondo anglosassone (primo fra tutti l’ICA London del 1946). È la stessa Fondazione ICA Milano a trovare una propria definizione identitaria nelle parole pronunciate nel 1968 da Michael Kustow (allora direttore proprio dell’istituto londinese):

Se la nuova ICA diventasse semplicemente un’altra attrazione culturale, in una città già ricca di gallerie, teatri e sale da concerto, avrebbe fallito. Deve diventare una presenza attiva, un punto focale dove un nucleo di artisti di tutte le arti contemporanee può comunicare messaggi urgenti e necessari. […] Uno spazio libero, in cui le domande più profonde che ci riguardano come individui e come società possono essere esplorate in continuità […] un’indagine continua sulle radici delle nostre attuali possibilità e insoddisfazioni.

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Euphoria, la caotica quotidianità delle immagini

Leda Catunda si afferma nel mondo culturale brasiliano a partire dagli anni Ottanta, quando partecipa ad una mostra organizzata dal Museo per l’Arte Contemporanea dell’Università di San Paolo dal titolo Pintura como Meio. Da sempre l’artista non si limita all’uso della tela bianca come supporto della propria arte, ma servendosi di materiali di consumo, come plastica e tessuti, Leda Catunda realizza delle stratificazioni di forme ora opache ed ora trasparenti, come il vinile di cui si serve per l’opera più imponente del corpus presentato in mostra, Gotas Transparentes. Le superfici trasparenti ma colorate del vinile, illuminate dalla luce esterna, irrorano lo spazio allestito di colori, come una vetrata piombata di una chiesa gotica. I soggetti rappresentati però mostrano spiagge da cartolina, natura lussureggiante e immagini patinate. In generale, si può osservare un ampio uso di tonalità molto accese, per dirla con le parole della stessa artista una «cromaticità estremizzata». Le opere esposte sono state realizzate negli ultimi vent’anni, ma Gotas Transparentes in particolare ha avuto origine durante il periodo della pandemia. Incollate fra un tessuto sintetico ed una superficie plastica sono molte le immagini di vacanze da sogno tipiche delle pubblicità delle agenzie viaggi e, durante il periodo di coprifuoco, particolarmente impattanti per una popolazione costretta all’immobilità (nonché ad uno stato di costante ansia, ben lontano dal relax di una vacanza in mete esotiche). Leda Catunda rappresenta, in quest’opera come nelle altre, una natura lussureggiante, forse anche irrealisticamente saturata. La ragione di questa scelta si deve proprio al contesto geografico in cui la sua arte nasce.

Un amico […] un giorno mi fece notare che le chiome fiorite degli alberi in città sfoggiavano colori più intensi rispetto al passato. […] Pur non potendosi avvalere di prove scientifiche, sosteneva che i colori dei fiori fossero divenuti molto più brillanti. Pare si trattasse di una reazione delle piante alla cattiva qualità dell’aria di San Paolo. […] Al di là dei richiami al mondo tropicale, viene presentata una visione che cerca di in parte di reagire agli eccessi di ciò che ci circonda: un vero e proprio bombardamento a cui siamo costantemente esposti, passando soprattutto per il pot-pourri visivo e acustico a cui ci sottopongano i social network.

Alla ricerca della substantifique moelle

Alla lettera la “sostanza molle” (substantifique moelle) è il termine che Camille Henrot recupera dal Gargantua di Rabelais per indicare una materia essenziale. L’arancia per l’artista sta a rappresentare la possibilità di un’apertura alla polpa e ai semi, al nucleo delle cose. Estelle Hoy recupera il concetto dell’arancia sotto una prospettiva differente, dove gli spicchi stanno a rappresentare i momenti più cruciali e traumatici nella vita di un individuo (senza dimenticare però la componente della speranza). Il sodalizio fra le due artiste nasce proprio da un testo in cui Estelle Hoy raccontava un fallimento, un sogno infranto ma anche lo spirito di adattamento e la speranza per creare una nuova realtà in fuga dall’angoscia esistenziale. La corrispondenza testuale e fotografica attraverso i social network tra le due artiste procede dal 2021 fino alla metà del 2023. Se nel libro Jus d’Orange il testo è affiancato dalle immagini con il layout classico degli iconotesti, nell’allestimento realizzato da Chiara Nuzzi sono stati selezionati alcuni passi e le parole finiscono per costituire una cornice, non solo per le opere di Camille Henrot, ma anche per l’architettura stessa dello spazio espositivo: frasi che si interrompono in un angolo e continuano nella parete successiva, o che a loro volta sono interrotte dal varco di una porta. Il racconto di queste cornici testuali non è interpretabile in maniera immediata, ma ne emerge chiaramente una protagonista femminile afflitta dal terrore del fallimento, dalle imposizioni di perfezione della società contemporanea, dalla paura di sbagliare e perfino (nella sezione finale) da quella della morte. Le immagini che hanno ispirato queste parole sono rappresentazioni oniriche, spesso di creature mostruose ma mai inquietanti, che a volte esprimono i traumi che tormentano la protagonista, altre forse le disgregazioni della sua stessa identità. Al centro della sala principale del piano superiore due opere in bronzo concretizzano la metafora dell’arancia che viene sbucciata. La buccia si libera dalla “sostanza molle”, proiettandosi verso l’alto come un nastro, movimento che non per nulla fa intitolare a Camille Henrot una delle statue Prima Ballerina.

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Camille Henrot. Fonte: Flickr

Un omaggio alla speranza

È una protagonista che si sente afflitta da una realtà “troppa”, quella raccontata da Camille Henrot ed Estelle Hoy: Forse proprio in questo si collegano le due mostre Jus d’orange ed Euphoria. Entrambe rappresentano un sistema sociale e social opprimente, che schiaccia il pensiero individuale con troppe immagini, troppi trend da inseguire. Un mondo che insinua, anzi impone cosa si deve desiderare, come si deve vivere per essere felici. In un sistema simile non è concessa l’immobilità. Chi si ferma per elaborare una sconfitta non ne ha davvero il tempo, e rischia di perdersi per sempre. L’introspezione e la speranza diventano atti di coraggio.

È comprensibile evitare la fragilità psichica cercando motivazioni per tutto, basandosi sulla separazione tra il linguaggio e la sfera affettiva. Perché? Non saprei dirvelo. È troppo mondo tutto insieme, per me. (…) C’è questa illusione secondo cui dobbiamo sforzarci di rimanere sempre attaccati all’operosità, all’incolpevole gioia del malessere e i suoi amari dispiaceri, ed è così potente da convincerci. (…) La vita che ho condotto finora è tenuta insieme da sirene blu volanti, rimedi post sbornia e molteplici storie d’amore con comete dalle dimensioni di un appartamento. Asteroidi con code di polvere stellare che feriscono, lacerano, non perdonano, infine collassano in costellazioni di creature con zampe caprine e cenere. La loro rotta incerta mi rende ipervigile, in un perenne stato di allerta, con la fragilità di uno spirito disincarnato e la certezza che dovrei piegarmi in me stessa. (…) A gran fatica faccio rotolare le arance tra le mie mani, i miei occhi iniziano a piangere naturalmente, senza alcuno sforzo. Raccolgo le lacrime in due bicchieri sulle mie gambe. Succo vs lacrime.

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Immagine in copertina:
Leda Catunda, Euforia – Veduta della mostra, Fondazione ICA Milano, 2023
Courtesy Fondazione ICA Milano – Ph. Andrea Rossetti

Clarissa Virgilio

Studentessa di lingue e letterature europee ed extraeuropee a Milano, classe 2001. Durante gli anni della triennale di lingue, ho seguito un corso presso la NABA sulle pratiche curatoriali. Amo guardare ciò che ha qualcosa da dire, in qualsiasi lingua e forma.

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