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Anaïs Nin

Critica letteraria e desiderio: «La mistica del sesso» di Anaïs Nin

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10 minuti di lettura

Analizzare l’opera critica di Anaïs Nin sotto la lente dello studioso, suonerebbe fuorviante e fuori luogo. Al di là della scelte e dei possibili approcci, si avrebbe forse la sensazione di fare un torto ad un’autrice che ha fatto del non accademismo la cifra stilistica del suo modo di leggere la letteratura.

Anaïs Nin e la letteratura come esistenza

The Mystic of Sex and Other Writings, raccoglie saggi, prefazioni, introduzioni a convegni, pagine di diario raggruppate sotto al titolo dell’omonimo saggio dedicato alla prosa di D. H. Lawrence. La mistica del sesso non è altro, in effetti, che un «primo sguardo» curioso, un tentativo d’avvicinarsi alla letteratura da parte di una donna che ha utilizzato la scrittura come perno conoscitivo della propria esistenza. Gli appunti e le riflessioni maturate in questo primo testo, rappresentano la fase iniziale di un più ampio compendio critico che vedrà la luce nel 1932 sotto il titolo di D.H. Lawrence: uno studio non accademico. Forse quest’ultimo volume, giudicato con interesse e curiosità dallo stesso Henry Miller, sarebbe passato in sordina se non avesse costituito, quasi per caso, il tramite letterario che fece incontrare, in una Parigi effervescente e misteriosa, lo scrittore americano con una bella trentenne avida di nuove esperienze, già sposata con Hugh Guiler, il banchiere-poeta.

Anaïs Nin e Henry Miller

I saggi raggruppati attorno alla Mistica del sesso[1] svelano un lato sconosciuto della scrittrice, nota più per i suoi racconti erotici, uniti al monumentale diario intimo: più di 35.000 pagine dedicate alla costruzione di sé, scritte dal 1914 – quando la scrittrice aveva all’epoca undici anni e si rifugiò nella scrittura a seguito della separazione dei genitori, con il solo scopo di intrattenere una corrispondenza intima con suo padre – fino alla morte, avvenuta nel 1977 all’età di settantatré anni.

In queste piccole prose pungenti e argute, composte dal 1930 al 1974, si nasconde l’estro di una donna che non riuscì mai a separare l’esperienza esistenziale da quella creativa, che scelse la seduzione come fonte inesauribile di scoperte, incontri e ispirazioni letterarie.

Anaïs Nin e D.H. Lawrence

Anaïs Nin scopre il proprio desiderio quando intraprende la stesura di un saggio “in difesa” di Lawrence e del suo L’amante di Lady Chatterley. In questo, come in numerosi altri casi, parlare di un autore diviene il pretesto per incuneare attraverso le pagine di critica, il proprio modo di concepire l’arte e l’erotismo. Il desiderio è lente della realtà, strumento necessario per penetrare nelle maglie segrete dell’umano. Lo stesso appagamento dei sensi – come nel caso di Lawrenceproduce appagamento intellettuale: scoprire i corpi e indagarne le dinamiche consente di liberare l’intuizione conoscitiva, permettendo all’intelligenza di svilupparsi, sublimando nella creazione l’atto sessuale realmente accaduto.

È così che Anaïs diviene Lawrence: penetrando nella sua mente, ne giustifica i movimenti e le condotte esistenziali. Trasforma le passioni consumate nel quotidiano in materia poetica. Essere artista significa bandire dai propri dizionari gli amori tiepidi, le pratiche consolidate e conosciute. Dunque via alla sperimentazione, alla scoperta: solo l’uomo di lettere che avrà saputo condurre una vita sufficientemente coerente con il proprio desiderio, saprà misurarsi con un’opera magistrale. L’intensità del vissuto erotico permette la chiaroveggenza, favorisce la capacità di creare personaggi ma ciò avviene solo se lo scrittore sarà in grado di afferrare voracemente la propria esistenza, adattandola alle proprie fantasie.

La donna del futuro

Così, nel dipingere i caratteri di un’ipotetica donna del futuro, capace di seguire se stessa oltre i voleri imposti da società retrograde e maschiliste, la Nin loda le doti di Lou Andréas Salomé[2]. La sua vita indipendente unita alle sue esperienza d’amante e confidente di uomini dall’alto valore intellettuale come Friedrich Nietzsche, Rainer Maria Rilke e Sigmund Freud, diviene un modello intellettuale ed erotico a cui la stessa Nin si ispirerà nel corso della sua vita.

La relazione appassionata, violenta e celebrale intessuta con Henry Miller[3] diviene un chiaro esempio di fusionalità sentimentale e culturale. La scoperta dell’amore carnale è inframezzata da lunghi scambi sulla letteratura; da un lato vi sono le riflessioni attorno all’opera di Miller – che Anaïs incoraggerà oltre misura, arrivando persino a sostenere di tasca propria le spese della prima pubblicazione di Tropico del cancro – dall’altro vi è l’infaticabile lavoro che la Nin attua al fine di diventare lei stessa quella donna nuova capace di essere autrice, mecenate, musa ispiratrice, amica e confidente.

Non è un mistero, infatti, che nel periodo parigino della scrittrice – che coincide dunque con il suo risveglio sessuale e l’inizio della relazione extraconiugale con Miller – erotismo e intelletto si fondano in un pericoloso cocktail afrodisiaco.

Anaïs Nin

La tenuta di Louvenciennes, alla periferia della capitale, dove Anaïs vive con il placido marito Hugh, diviene terreno di incontro con i maggiori artisti dell’epoca: Miller con la moglie June, ma anche Antonin Artaud, André Breton, René Allendy, Marcel Duchamp, Edward Titus, Chana Orloff, Fred Perlès. Scopo principale della Nin è suscitare negli altri la sensazione di poter essere accolti, ascoltati, compresi. Casa sua diviene teatro di lunghe conversazioni, di fugaci amplessi illuminati da una lampada orientale che proietta strani giochi di luce sulle pareti: fiori di cactus, foglie d’arancio, ventagli di pizzo. La casa di Louvenciennes e anche la seconda, più piccola, sul bordo della Senna, sono erte a simbolo della sua stessa vita, ossimoriche costruzioni di luci – dove il contatto intellettuale e la scrittura s’alimentano vicendevolmente – e ombre notturne, teatro di ore infuocate e clandestine.

Il simbolismo erotico per giungere al cuore delle cose

Se la ricerca dell’io è il tema dominante dell’opera della Nin, il simbolismo erotico, il gioco e la scoperta, sono un tentativo concreto per accedere alla realtà – della vita e dell’arte –, una modalità, forse goffa, forse parziale, per cercare di giungere al cuore delle cose.

Lo scrittore deve essere capace di utilizzare la propria passione, trasformandola in un mezzo d’accesso alla vita immaginativa. Al contempo, la naturalezza e la mancanza di pudore sono qualità che ogni artista dovrebbe possedere per poter sondare i propri limiti, sono gesti necessari al processo creativo. Soltanto i sensi possono essere considerati la «fonte più ricca della scrittura», divenendo dunque il mezzo conoscitivo per eccellenza. Del resto, gli strumenti dello scrittore e del poeta non sono il semplice inchiostro, la carta o la macchina da scrivere, bensì «il corpo, la sensibilità degli occhi, e del cuore». Poiché se questo stesso corpo soffre la passione, la fame e il dolore, una volta atrofizzato, limitato dunque nelle sue possibilità, non potrà che produrre materia arida e secca, senza germogli, senza vita.

In questi casi, solo uno è il destino dello sventurato scrittore: cessare di produrre letteratura, annullare il processo creativo, chiudendosi così in un doveroso, tiepido, silenzio.

1. A. NIN, Mistica del sesso, Fazi Editori, Roma, 1995.
2. Cfr. Lou Andreas-Salomé, la prima donna moderna, cit. p. 29.
3. Ne sono un esempio le bellissime lettere redatte dai due amanti: Cfr. Storia di una passione. Lettere 1932-1953, Bompiani, Milano, 1989.

Ilaria Moretti

 


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