Uno dei titoli più interessanti usciti nelle librerie italiane in questo 2019 è senz’altro Falsa partenza (acquista) della francese Marion Messina.
«Falsa partenza», viaggio tra i ventenni di oggi
Il romanzo si propone come un vero proprio viaggio nelle vite dei ventenni della provincia francese, in cui però si riconosceranno anche molti giovani italiani. Aurélie, la protagonista, è una figlia di operai con il mito della rivalsa sociale attraverso l’istruzione. Rimane però molto presto delusa dal sistema universitario del suo Paese, che non trova stimolante, e abbandona gli studi. Lascia la sua Grenoble per provare a costruirsi un futuro a Parigi.
Aurélie, però, non si lascia alle spalle solo la sua città, ma anche la storia viscerale vissuta con Alejandro, un giovane colombiano che insegue il sogno di diventare scrittore e ha scelto di realizzarlo in Francia.
Un riscatto impossibile
Sembra che per la giovane protagonista il riscatto sia impossibile. Parigi ha tutta l’aria di una città che soffoca tra le sue spire chi è agli ultimi gradini della scala sociale. Aurélie è costretta ad accontentarsi di un lavoro monotono, con turni massacranti. Non riesce a permettersi una casa degna di essere definita tale. Fa amicizia con un ragazzo, Benjamin, che ha alle spalle una storia simile alla sua: grandi speranze riposte nell’università, ma un presente a consegnare pizze. Nessuno dei due vuole tornare in provincia a mani vuote, senza un valido motivo. Significherebbe sancire la propria sconfitta.
Nemmeno ritrovare per caso Alejandro permette a Aurélie di sfuggire alla disillusione che ormai la pervade, nei confronti di qualunque ambito della sua vita. Il lavoro è avvilente, i sentimenti sono usa e getta. La ragazza arriva a domandarsi se esiste, per i poveri, una vita prima della morte.
Una serie di false partenze
Con questo romanzo Marion Messina delinea una storia di «false partenze»: sembra volerci dire che i giovani nati in contesti disagiati provano a riscattarsi, hanno l’illusione di riuscirci, ma si ritrovano sempre e inevitabilmente punto a capo. Una serie di false partenze, per l’appunto.
È una falsa partenza quella di Aurélie, che non riesce a elevarsi rispetto alla condizione dei genitori. È una falsa partenza anche quella di Alejandro, che non si sente più colombiano ma non riesce nemmeno a farsi considerare francese da chi lo circonda.
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Qualcuno ha definito Marion Messina la degna erede del suo conterraneo Michel Houellebecq. Se la si volesse accostare a un’autrice italiana, invece, il pensiero andrebbe subito a Silvia Avallone. Anche i suoi romanzi sono una fortissima critica sociale, con un’attenzione tutta particolare rivolta ai giovani che vivono in provincia e in contesti socioeconomici difficili. Anche i personaggi della Avallone in qualche caso perdono la loro possibilità di riscatto.
Al momento, però, Marion Messina lascia ai lettori una sensazione più profonda di impotenza e pessimismo. La scrittrice francese critica in primis il sistema scolastico del suo Paese, che sembra essere di qualità solo per chi può permettersi di studiare in determinati istituti. Tutti gli altri sembrano spacciati, anche nel caso in cui riuscissero a conquistare l’agognato «pezzo di carta». La Avallone, invece, pare credere ancora nell’ascensore sociale rappresentato da una buona istruzione. Alcuni suoi personaggi (Anna in Acciaio, Zeno in Da dove la vita è perfetta) trovano nell’istruzione liceale un’occasione di riscatto dal contesto di squallore da cui provengono.
È una questione complessa, quella della possibilità di riscattarsi, e ognuno la vede secondo la propria sensibilità e la propria esperienza personale. Resta il fatto che l’istruzione è ancora senza dubbio la via maestra per un’autentica ascesa sociale. La vera speranza è che venga resa sul serio accessibile a tutti e che storie amare come quella di Aurélie possano un giorno rimanere solo confinate tra le pagine di un libro.