Cos’è il fascismo in Pasolini (e perché è significativo oggi)

Articolo della newsletter n. 55 - Novembre 2025
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Pier Paolo Pasolini ha avuto una parabola peculiare all’interno del panorama intellettuale italiano, poiché ancor prima di un intellettuale egli è stato, nel senso concreto del termine, un personaggio storico. Si dirà che sono sottigliezze, ma la differenza risiede in come il soggetto è stato accettato all’interno della coscienza di un paese. Pasolini è un caso di accettazione postuma e da lontano può sembrare banale: era un eretico da vivo, da morto, come spesso accade, è stato accolto tramite la beatificazione. E non deve nemmeno sorprendere il fatto che la beatificazione sia giunta da un tipo di società che Pasolini ripudiava e combatteva, quella della piccola borghesia universale e interclassista, un po’ scolastica, un po’ accademica, antropologicamente omologata, ma che si sente anche intimamente trasgressiva per certe inclinazioni moderne. Forse, la beatificazione di Pasolini è stata un passaggio storico necessario all’interno della società italiana e di tutta la nazione, perché a compiersi nel suo cuore è stato un fatto che il poeta aveva colto e posto come filo rosso della sua intera opera: il destino della società piccolo borghese e del suo nuovo fascismo.

La vaghezza della parola “fascismo”

Pasolini era un eretico perché anzitutto combatteva da solo. Certe cause, si direbbe, sono fatte per essere servite in solitudine e lui questo ruolo “don chisciottesco” lo accettò pubblicamente. Pasolini sotto tale aspetto era un antieroe, perché rappresentava solo se stesso, combatteva non per salvare il mondo, ma perché non gli restava altro da fare. Era per questo osteggiato sia dalle maggioranze di governo che dalle opposizioni, parlamentari o meno. Esemplare della sua solitudine ed eccezionalità è il suo studio del fascismo, a partire da cui si può capire come mai in vita egli fosse considerato così difficile da accettare o assorbire. Pasolini recriminava alla modernità una finzione, ossia quella della Repubblica antifascista. Non tanto e solo perché egli considerasse il potere costituito post-bellico come una continuazi…

Alessandro Maria Radice

"Il mio nome è Legione, poiché siamo in molti": classe 2002 e vago storico, ma anche osservatore di tutte quelle arti che cerco, indebitamente, di fare mie.

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