Fleabag è una serie televisiva britannica: chi non l’ha ancora vista dovrebbe correre subito ai ripari; la prima stagione è al momento disponibile su Amazon Prime Video.
I commenti cinematografici li lasceremo a chi di competenza. Ciò che interessa qui è l’aspetto epistemologico alla base della serie: per una donna è sbagliato pensare sempre al sesso?
Questo quesito ne apre moltissimi altri, tipo: «Una donna può pensare sempre al sesso?», «Una donna può pensare come un uomo?», «Una donna può agire come un uomo?». Domande che ancora oggi possono sembrare strane. È possibile che siamo qui ancora ad arrovellarci su queste ipotesi? Ebbene si, siamo ancora qui.
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Perché la visione di Fleabag lascia del tutto spiazzati, anche le donne. E lascia spiazzati perché, ancora oggi, si tende a non ammettere senza riserve che una donna possa comportarsi come Fleabag. Insomma, tra le mura di casa propria, in un continuo dialogo solo con se stessa sì, forse è tutto possibile. Ma esplicitare pensieri, intenzioni e finanche azioni, sembra tuttora sconsiderato e a tratti addirittura disdicevole.
Anni per cercare di abbattere stereotipi, ma forse ce ne vorranno molti altri ancora per smontarli del tutto e lasciarli ad ammuffire in cantina. Perché lo sconcerto provato da Fleabag è sintomatico del fatto che dal maschilismo e dalle leggi del patriarcato non siamo ancora del tutto guariti, donne comprese che almeno una volta nella vita, hanno desiderato essere come Fleabag. Come lei avrebbero voluto dar voce ai pensieri più sporchi, e avrebbero voluto avere il suo stesso coraggio non nel fare azioni eclatanti ed eroiche, ma anzi, al contrario, per fare semplicemente schifo.
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Fleabag fa schifo. Insomma, lei fa tutto ciò che, da un certo pubblico femminile con una certa visione della femminilità, con una certa morale femminile, viene considerato “schifo”. Ma più di tutto Fleabag fa schifo perché pensa sempre e solo al sesso e tutto per lei assume un connotato sessuale.
Il connotato sessuale del femminile
Cosa si intende con il temine “connotato”? Connotato è il rapporto tra un significato e un significante è soggettivo per questo risente dei condizionamenti emotivi interni ed esterni delle persone che parlano. Inoltre, in questi condizionamenti subentra chiaramente l’influenza sociale, culturale, politica, religiosa che sta alla base di quell’interpretazione, di quella che la filosofa inglese Victoria Welby chiamerebbe significance, ovvero significanza.
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La significanza della femminilità di certo deriva da una cultura maschile, bianca, eterocentrica e patriarcale: di questo si parla ampiamente ormai da decenni e il nostro obiettivo non è fare di questo articolo un trattato femminista. Sicuramente, però, la significanza della femminilità non è ancora scevra da condizionamenti socio-culturali. Se così non fosse un personaggio come Fleabag non farebbe scalpore.
Nel saggio Pornocultura (Mimesis, 2016- 103), Claudia Attimonelli e Vincenzo Susca sottolineano che
La storia della merce e del corpo erotizzato, su cui la società dello spettacolo riposa, è l’epopea di un rilancio continuo che culmina nella dissipazione, di una promessa sempre più altisonante che sfocia nell’angoscia, di un denudamento progressivo del soggetto teso ad appagare e riaccendere senza sosta il suo desiderio: una storia destinata a sollevare sessualmente (e non solo) ogni brandello organico e inorganico delle nostre esistenze.
Fleabag fa parlare di sé non solo perché è una donna che esprime liberamente se stessa al di là del pregiudizio sociale (ben personificato dalla sorella Claire), ma anche perché viviamo in una società dove l’eros serpeggia ovunque e dove l’orizzonte pornografico, in cui viene tutto mostrato in maniera esplicita, rappresenta comunque un orizzonte del possibile, in cui rifugiarsi per sfuggire all’oppressione di un desiderio sempre acceso. Per questo, riprendendo le parole di Claudia Attimonelli e Vincenzo Susca, dietro la promessa di un continuo rilancio, che spesso ha il suo culmine in un’angoscia sessuale ed esistenziale, cerchiamo spazi di significazione che possano placare un senso di insoddisfazione costante.
E, quindi, figure come quella di Fleabag ci mostrano l’inesauribilità della sessualizzazione e del sessuale e lo fanno chiaramente, sottoponendo le nostre menti e la nostra attenzione ad un’evidenza che vuole a tutti i costi palesarsi: la donna è un soggetto e non solo un oggetto sessuale e la sua voce risuona forte nelle coscienze e nelle vite di ognuno di noi.
Fleabag e il femminile pornografico
Fleabag, quindi, “fa schifo” perché è sostanzialmente pornografica. Il suo eros e la sua sessualità sono espliciti, senza freni, senza tabù. Esattamente, quindi, come in una pellicola pornografica si vede tutto, genitali compresi, ma soprattutto lo sguardo dello spettatore è focalizzato su quel “tutto”, nudo e crudo, perché è lì che la telecamera concentra le sue riprese, restituendo un’immagine esplicita; in Fleabag non c’è posto per il non detto, per il presupposto, per il celato. Si vede tutto, si sente tutto. In Fleabag il desiderio femminile va finalmente in scena, non come oggetto del desiderio maschile o come volano per i pregiudizi di una società maschilista e nevrotica, ma da come protagonista della serie.
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Come sostiene Stefano Bancalari in Fenomenologia e pornografia (Edizioni ETS 2015 – 16) «il fenomeno abbraccia – almeno potenzialmente – allo stesso titolo quel che è offerto da tutti gli altri sensi».
In Fleabag il sesso e la sessualizzazione del femminile sono un vero e proprio fenomeno che coinvolge tutti i sensi, non solo la vista. Infatti, la protagonista parla in prima persona con lo sguardo in camera allo spettatore e abbatte ogni eventuale distanza restituendoci un senso di prossimità femminile. Un punto di vista nuovo, solo a livello temporale, che emerge dopo secoli e secoli di oppressione, in tutto il suo splendore, fatto di contraddizioni, fatto di desideri, fatto di un onesto e irresistibile “schifo”.
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