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«Forme uniche della continuità dello spazio» di Umberto Boccioni: il ruolo fondamentale del movimento e dello spazio

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Simbolo della scultura futurista, la celebre opera di Umberto Boccioni Forme uniche della continuità dello spazio (1913) cerca di rappresentare dinamicamente la forma del movimento.

In un mondo continuamente in transito come quello di inizio ‘900, che vedeva l’avanzare dell’industria moderna nel tessuto della società ed economico, l’artista decise di dare vita a questa scultura con lo scopo di mostrare le “scie invisibili” del movimento.

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Umberto Boccioni, artista sicuramente tutto tondo, non fu solo uno scultore: realizzò anche grandiosi dipinti dove emerge sempre la ricerca teorica della fisica e della scomposizione del movimento.

«Forme uniche della continuità dello spazio»: analisi dell’opera

Il corpo della nostra figura si muove fluido in avanti, con il busto leggermente proteso in obliquo verso la direzione del moto. La gamba flessa che avanza forma un angolo di 90 gradi, mentre la gamba sinistra è stesa posteriormente, come ad indicare il consueto movimento del “passo”.

Nonostante l’idea di movimento, la scultura risulta ben ancorata a terra, in un modo che appare, ad un primo impatto, equilibrato e fermo.

Osservando la figura da destra, il torso pare essere pieno… ma se si gira intorno alla statua e la si osserva da sinistra il corpo si trasforma in una cavità vuota: così sembra che la figura si modelli a seconda dello spazio che la circonda.
Lo spazio diventa così il protagonista, ed è in grado di plasmare forma e materia.  

Forme uniche della continuità dello spazio
Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio, 1913, bronzo, h 126.4 cm. Milano, Museo del Novecento

La massa muscolare viene destrutturata, quasi scorticata per svelarci i suoi ingranaggi, colpita dall’entropia del movimento: in alcuni casi sembra che cada letteralmente a pezzi mentre la figura rappresentata compie il suo ampio passo.

Così, giocando attraverso un continuo interscambio di concavi e convessi, l’artista ci mette di fronte una figura estremamente aerodinamica ma allo stesso tempo riconoscibile (del corpo riconosciamo infatti gli arti e la testa).

Il materiale utilizzato è il bronzo, anche se l’opera originale di Boccioni è in gesso e non è mai stata prodotta la copia in bronzo nel corso della sua vita. A guardarla in bronzo però, l’opera appare estremamente liscia e levigata, e questo materiale conferisce ancora più in risalto il tema del movimento, giocando sugli effetti suggestivi di alternanza tra luci ed ombre.

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Anche l’aria qui pare trovi una sua raffigurazione compiuta: lo scopo di Boccioni infatti era quello di rappresentare un “continuum sintetico” del movimento, invece di una “discontinuità analitica” (che egli leggeva nelle opere di altri artisti come František Kupka e Marcel Duchamp).

L’opera apportò una vera e propria rivoluzione nella scultura tradizionale, tanto che lo stesso Boccioni scrisse ad un amico: «In questi giorni sono ossessionato dalla scultura! Credo di aver visto una completa rinnovazione di quest’arte mummificata».

A proposito di Umberto Boccioni

Umberto Boccioni, oltre ad essere pittore e scultore del movimento futurista, fu l’inventore del Dinamismo Plastico, tecnica che vuole rappresentare la simultaneità del movimento nell’ambito delle arti plastiche e figurative. L’artista, nato a Reggio Calabria nel 1882, trascorre infanzia ed adolescenza in varie città: originario di Forlì, si trasferisce prima a Genova con la famiglia e poi a Padova; in seguito torna a Catania. Ma ha modo di vivere anche a Roma, dove frequenta la Scuola Libera del Nudo e, al contempo, lavora nello studio di un cartellonista.

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In questo periodo il giovane pittore conosce Gino Severini e con lui frequenta lo studio di Giacomo Balla. Insieme a quest’ultimo affronta la ricerca sulle tecniche divisioniste.

Dal 1903 al 1906 partecipa alle esposizioni annuali della Società Amatori e Cultori, partecipazione che vede lo scaturire di molte polemiche presso gli animi più conservatori delle giurie ufficiali. Nel 1905 dunque organizza con Severini, nel foyer del Teatro Costanzi, la “Mostra dei rifiutati”.

L’artista muore a soli 33 anni a Verona il 17 agosto 1916 per una caduta accidentale da cavallo.

 


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Ester Franzin

Lettrice incallita, amante della letteratura e della lingua italiana in tutte le sue declinazioni. Classe 1989, è nata in un paesino della Pianura Padana. Si è laureata in Storia dell’Arte a Venezia e poi si è trasferita a Rimini, nel cuore della Romagna. Ha frequentato la scuola Holden di Torino e pubblicato il suo primo romanzo «Il bagno di mezzanotte».

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