In un mondo dove i libri non hanno la stessa importanza che in passato e il tempo libero è riempito dagli schermi, un gruppo di persone cerca di riportare alla luce quegli oggetti troppo dimenticati. No, non stiamo parlando della nostra realtà, bensì di quella di Fahrenheit 451 che ha ispirato lo spettacolo Il fuoco era la cura del collettivo Sotterraneo.
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Interrogare la realtà
Partendo dal romanzo di Ray Bradbury il gruppo di artisti ha elaborato uno spettacolo che sia mantiene invariata la struttura drammatica, sia porta elementi originali che vanno a raccontare tre diverse linee drammaturgiche. Altrettante fili temporali si intrecciano: un qui-e-ora metateatrale, il futuro distopico del testo di partenza e un ipotetico futuro del 2051 di cui gli attori stessi sono protagonisti.
Le contaminazioni metateatrali aggiungono molto a ciò che già c’è in Fahrenheit 451 e lo rendono lampante, impossibile da non comprendere.
Ci sono dei perché politici [al voler mettere in scena questo testo]: in Fahrenheit 451 il tempo-libero è sempre un tempo-schermo, l’accelerazione tecnologica ha spinto la società tutta a ricercare una semplificazione autoritaria a fronte di una complessità che si era fatta insostenibile, tutte e tutti vivono sotto la minaccia di un conflitto nucleare, la gente ha smesso spontaneamente di leggere perché l’inconsapevolezza è più rassicurante – tutto fin troppo attuale, purtroppo.
Perché i libri fanno (ancora) paura – conversazione con Sotterraneo, dal libretto di sala, risposte a cura di Daniele Villa
Ciononostante, Sotterraneo non elabora semplicemente la propria visione consegnandola al pubblico, bensì crea un ironico saggio che stimola il pensiero critico del pubblico.
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«Il fuoco era la cura»: uno spettacolo da leggere
Due schermi mostrano diverse scritte attraverso lo spettacolo: le opinioni che si mettono a confronto su uno stesso argomento. In questo modo Sotterraneo non consegna un solo punto di vista, ma lascia che il suo pubblico si faccia un’opinione. Non solo, il fatto che queste opinioni siano scritte e non recitate toglie quel filtro (l’attore) che con intonazione e ritmo potrebbe dare un’inclinazione a ciò che viene letto.
Ovviamente questo grande utilizzo della scrittura va a sottolineare l’importanza della parola in quanto tale: la scrittura è il modo più diretto per decodificare il linguaggio. Dal momento in cui un bambino impara a leggere guadagna la libertà di conoscere.
Ironia bruciante
Fin dall’inizio Il fuoco era la cura è uno spettacolo altamente ironico: dalle scene con un budget altissimo solamente descritte, ai commenti e freeze che spiegano la verità dietro le affermazioni degli attori nel 2051. L’ironia è l’arma che permette di sopportare la realtà che c’è intorno a noi, senza negarne l’esistenza o rifuggire da essa.
Un’altra notifica che Sotterraneo aggiunge è che ogni documento di un periodo storico è esso stesso testimonianza della barbarie, perché è frutto di quella società. Non si può scappare: siamo immersi in questo mondo e nessun uomo è un’isola, nel bene e nel male. Una speranza c’è, ed è diventare un Guy Montag del XXI secolo, che Sotterraneo descrive così:
Chi dubita. Chi usa la corteccia prefrontale. Chi riesce dolorosamente a uscire dai propri automatismi e preconcetti, dalle proprie gabbie ideologiche, chi legge tanto e, se non capisce, legge di più. Chi legge anche contro se stesso, per eludere i propri bias cognitivi, chi difende il pensiero complesso in un tempo iperemotivo, in cui il sistema nervoso della società è sottoposto a una pressione per la quale noi Sapiens non siamo programmati.
Ibidem
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Una performance completa
Ne Il fuoco era la cura dare importanza alla parola non significa però dimenticare gli altri mezzi di comunicazione, anzi! Tutto lo spettacolo è un susseguirsi di danze, performance corporee e di immagini meravigliose create attraverso i vari linguaggi teatrali. Un esempio di questo uso sapiente di mezzi è il suono assordante della pioggia che copre le parole di un lungo dialogo tra Guy Montag (Davide Fasano) e la moglie Mildred (Flavia Comi) costringendo il pubblico a leggere tale scambio. Le luci e il fumo usati con eccellente maestria riproducono fedelmente la presenza del fuoco.
La colonna sonora di questo spettacolo meriterebbe un articolo a parte: musiche che parlano di fuoco per sostenere le coreografie (ipnotizzanti anch’esse) e canzoni ispirate ai libri per gli altri interventi.
A volte le parole non bastano
Sotterraneo ha creato un’opera che educa al pensiero critico, fa riflettere e allo stesso tempo presenta immagini affascinanti. A questo spettacolo ci si approccia come si farebbe con un libro: la copertina è accattivante, ci attira con i colori, poi quando lo si va a leggere si scopre tutto un mondo di riflessioni e significati. Purtroppo, però, nel caso di questo articolo non bastano le parole per restituire la stessa forza: Il fuoco era la cura va visto. D’altro canto, questa è solo un’opinione.
Il fuoco era la cura al Piccolo Teatro Studio Melato
creazione Sotterraneo
Ideazione e regia Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Daniele Villa
con Flavia Comi, Davide Fasano, Fabio Mascagni, Radu Murarasu, Cristiana Tramparulo
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