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idea di Europa

«L’idea di Europa» di Georg Simmel

15 minuti di lettura

Abbiamo tradotto l’articolo «L’idea di Europa» pubblicato da Georg Simmel in “Berliner Tageblatt, 44. Jg., Nr. 121, 7.” Marzo 1915, Morgen-Ausgabe, 2. Beiblatt. La versione originale si trova qui: https://socio.ch/sim/verschiedenes/1915/europa.htm. Traduzione a cura di Lorenzo Pampanini

Questa guerra è un accesso parossistico, una di quelle febbri che a volte attraversano epidemicamente i popoli, come il «flagellantismo» medievale, e da cui ci si risveglia un giorno, distrutti e senza capire come questa follia sia stata possibile – oppure è un tremendo scavo e dissodamento del suolo europeo, che ha prodotto sviluppi e valori di cui oggi non possiamo nemmeno immaginare la natura?Tale è stata la migrazione dei popoli, che certamente è sembrata alle vecchie nazioni civilizzate una mera distruzione insensata, uno stupro incomprensibile, eppure ha preparato le condizioni per una vita e una feconda fioritura (Fruchtbringen) di valore infinito, prima del tutto inimmaginabile.

Il fatto che nessuno possa rispondere in linea teorica a questa domanda non allevia la pressione con cui ci incalza giorno e notte, ma dà spazio all’appello pratico di usare tutti i nostri poteri affinché non il lato insensato ma quello sensato dell’alternativa diventi realtà. Per la sua pressione, tuttavia, anche questo significa solo riorganizzazione, non riduzione. Perché ora ogni nostro istante è gravato da una responsabilità così tremenda come nessuna pace ha mai conosciuto.

In pace, abbiamo i nostri obiettivi e compiti ben chiari davanti a noi e solo per essi la maggior parte di noi crede di essere responsabile. Che l’impenetrabile futuro possa allo stesso modo provvedere a sé stesso! Ma ora non vediamo con chiarezza i contorni di uno spazio vuoto che dovremmo prepararci a riempire, ed esso si dilata al punto di essere imperscrutabile e quindi per noi illimitato. 

Certamente, come sempre e più del solito, essere maturi è tutto.

Ma il mondo per il quale siamo chiamati ad essere maturi sarà un mondo nuovo, forse non ancora immaginato da nessuno, di cui sappiamo solo che con ogni nostra azione e ogni nostro pensiero dovremo rispondere di esso e dargli un senso compiuto Certo, l’esperienza della Germania durante la guerra può essere essa stessa un simbolo di speranza per noi.

Mai prima d’ora la storia che conosciamo ha generato una così tremenda tensione tra i valori negativi di una causa e i valori positivi del suo effetto. Il fatto che questa guerra sia stata scatenata dai nostri nemici è stata una follia e un crimine; ma ciò che ha prodotto in Germania in termini di forza dispiegata, di entusiasmo e volontà di sacrificio, è così lontano dai valori medi del comportamento umano quanto lo è rispetto all’altra parte.

Non si tratta di un’affermazione sciovinisticamente altezzosa, secondo la quale tutti i valori sono dalla nostra parte e tutti i disvalori dalla parte dei nemici; almeno in Francia, la guerra sembra aver scatenato il più alto grado di patriottismo, di disponibilità al sacrificio e di virtù marziali, il che rende il destino di questo popolo ancora più tragico.

Ma nemmeno il popolo francese nel suo complesso voleva la guerra, per quanto accarezzasse l’idea della rivincita. In una certa misura, dunque, quella tremenda polarità di valori che è la nostra esperienza di tedeschi si sta verificando anche in Francia: e cioè che una guerra che tutti i desideri e le frivolezze criminali hanno acceso continua ad ardere con la fiamma più pura, nella quale si è consumato tutto ciò che di torbido, di scisso e di egoistico vi è nella vita tedesca.

Tuttavia, accanto alla perdita delle persone più preziose, da cui questo beneficio è determinato in un rapporto di indissolubile unità, la guerra ne ha posta un’altra, che è una perdita e nulla più: quell’unitaria entità spirituale che chiamavamo “Europa” è stata frantumata e la sua ricostruzione non è in vista.

E certamente nessuno può credere seriamente che possa continuare ad esistere escludendo la Germania e l’Austria! E di una pura perdita penso di tratti in quanto non può in alcun modo essere il prezzo da pagare per un germanesimo più forte e più puro.

Questo sarà certamente il successo della guerra; ma ciò a cui si rinuncia è solo quell’internazionalismo che, nella sua grottesca esasperazione, il giramondismo, è semplicemente un’informe guazzabuglio, un assurdo vagare di interessi e sentimenti privo di carattere che cancella ogni frontiera, nel migliore dei casi una pura astrazione, ottenuta al prezzo della negazione del peculiare valore di ogni singola nazione. L’indole e la mentalità di tipo internazionalistico, che purtroppo sono diventate fatali anche per molti tedeschi, costituiscono un’entità del tutto secondaria, che nasce per mera giustapposizione o per mera omissione, ed è nemica dell’essenza nazionale delle sue radici.

L’europeismo, invece, è un’idea, è un qualcosa di assolutamente primario, non raggiungibile per composizione o astrazione – per quanto tardiva sia la sua apparizione come potenza storica. Esso non si pone tra le nazioni, ma al di là di esse ed è perciò senz’altro compatibile con l’esistenza di ogni singola nazionel

Questa “Europa” ideale è il luogo dei valori spirituali che l’uomo di cultura di oggi venera e conquista quando il suo essere nazionale è per lui un bene inalienabile, e  non una ristrettezza accecante. Ecco perché Goethe e Beethoven, Schopenhauer e Nietzsche, per quanto tedeschi nel profondo, sono comunque tra i creatori dell'”Europa”.

Quest’idea di Europa, che attinge in sé i migliori succhi della crescita spirituale senza strapparla dalle sue radici native, come fa l’internazionalismo, non può essere definita logicamente o fissata a contenuti specifici; come le altre “idee”, non può essere dimostrata per mezzo di cose tangibili (Greifbarkeiten), ma può solo essere sperimentata in un’intuizione, che in effetti è semplicemente la ricompensa di lunghi sforzi tesi all’affermazione dei valori culturali del passato e del presente.

Tuttavia, l’altezza metastorica in cui le idee metafisiche e artistiche, religiose e scientifiche trovano la loro intangibilità non limita l’idea di Europa. È quella che si potrebbe definire un’idea storica, una creazione spirituale che, pur elevandosi al di sopra della vita da cui è sorta, rimane tuttavia legata ad essa e da essa trae significato e forza.

Certamente l’idea di Europa, questa singolare coloritura di un complesso dei beni spirituali, si distingue in modo peculiare da quella dello spirito greco-romano proprio dell’antichità e dall’idea cattolica del mondo nel Medioevo – certamente essa è immortale: ma è vulnerabile.

Certamente non può sparire del tutto – ma può diventare invisibile, come la cometa dell’estate scorsa, che non è svanita (verschwindet) nel nulla, e che forse ritornerà solo quando tutti noi saremo da tempo scomparsi (verschollen).

L’idea di verità non perde nulla della sua consistenza e luminosità, anche se tutti ci sbagliamo; l’idea di Dio non è intaccata dal fatto che il mondo non la riconosca o si sia allontanato da Lui; ma l’idea di Europa è legata alla coscienza (Bewusstsein) degli europei che convergono su di essa in modo meraviglioso, così come la nave è legata alle acque che la trasportano e che resterebbe identica a sé stessa quand’anche quelle si prosciugassero, sia pur perdendo il senso di custodire  in sé (in sich zu bergen) beni e valori e di trasportarli da un luogo all’altro.

Non basta che l’idea di Europa non possa morire: deve anche vivere.

Ed è più virile (männlicher) ammettere a se stessi che non lo farà nel prossimo futuro; e questa consapevolezza eviterà soprattutto la dolorosa delusione di certe vaghe speranze che già appaiono qua e là nella letteratura di oggi. Troppo l’odio europeo ha diviso gli spiriti, troppo profonde sono le simpatie partigiane anche dei neutralisti, perché questi possano essere il rifugio dell’idea di Europa; nessuno di noi dubita che la guerra lascerà i nostri avversari troppo diffidenti e delusi gli uni degli altri: una volta che che questa tensione sarà stata risolta l’odio comune contro di noi, che ora li unisce in modo improvvisato e innaturale, ricadrà su loro, insinuandosi tra loro stessi.

No, le membra del corpo di cui quell’idea era l’anima sono a tal punto separate le une dalle altre che esso per chissà quanto tempo non potrà più esserne l’incarnazione. L’Europa si è giocata il concetto di “buon europeo“, al quale noi più vecchi, credevamo di essere partecipi, certi che non saremmo diventati in alcun modo internazionali, cosmopoliti – o come altro si voglia abbellire, mistificandola, la condizione dello sradicamento – ma che saremmo stati tedeschi nel senso più profondo del termine.

Infatti, così come l’andare oltre la vita costituisce l’essenza della vita, così come lo spirito è più pienamente se stesso quando attinge ciò che è più dello spirito, così andare oltre la germanità sembra essere proprio dell’essenza della germanità stessa.

Certo, questo ci ha portato innumerevoli pericoli, distrazioni e perdite: molti alberi tedeschi si sono rinsecchiti perché le loro radici sono state strappate dalla loro terra d’origine per paura  (Besorgnis) che la loro cima non arrivasse in “Europa”. Tuttavia, questa mancata comprensione di noi stessi non devono ingannarci sul fatto che l’anelito europeo nasce comunque dalla genuina profondità dell’anima tedesca.

Ma proprio in questo sta la nostra consolazione (Trost), ora che anche l’idea di Europa appartiene all’elenco delle nostre perdite e di tale idea le sole belle espressioni che in esso si possano trovare: Ricordo e Monito (Erinnerung und Mahnung). L’idea della Germania sarà l’erede universale delle forze che ad essa tendono, così come di tante altre che hanno fatto sì che la nostra vita precedente diventasse troppo stretta o troppo larga, e che ora vengono ricondotte alla loro fonte per scaturire nuovamente da essa.

Ma proprio perché sappiamo che l’europeismo non era un qualcosa di aggiunto  dall’esterno alla Germania, che questo vivere al di là di se stessa apparteneva alla sua vita più intima e profonda, sappiamo anche che il germanesimo, rafforzato all’interno dei suoi confini, diventando sempre più autentico in se stesso, un giorno lontano darà all’idea di Europa una nuova vita, più potente e più ampia di qualsiasi altra cosa prima, ricordandole la sua immortalità.

È come quando ad un figlio è preclusa la propria casa, magari nel dissenso e nell’amarezza; ciò che del suo essere da quella casa veniva e ad essa andava, ora si separa da ciò che egli realmente è, e sulla cui energia e crescita (Wachtum) il suo futuro si basa.

Arriverà tuttavia il giorno in cui la riconciliazione (Versöhnung) aprirà di nuovo le sue porte, ed in cui egli tornerà con una ricchezza che solo la forza che faceva affidamento su se stessa aveva potuto conquistare; e la voce risvegliata del sangue dirà a lui e agli altri che ciò che nella separazione  ha elaborato solo per sé stesso era destinato dalla sua fonte più profonda a confluire nell’antica, risorta comune appartenenza (Gemeinsamkeit).

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Lorenzo Pampanini

Classe 1994. Laureato in Scienze Filosofiche all'Università La Sapienza di Roma.

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