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Scambiamoci opinioni e non scontriamoci con esse: intervista a Gianandrea Muià

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4 minuti di lettura

Gianandrea Muià, conosciuto sopratutto per il suo canale YouTube Orion-Web Dubbing, è un giovane ragazzo di 26 anni che da tempo vive appieno quello che è il mondo del doppiaggio.

 

Qual è il rapporto che hai con il doppiaggio? Cosa ti ha spinto ad intraprendere questo percorso?

 Mi sono appassionato al cinema sin da piccolo. Ho sviluppato la passione per il doppiaggio intorno ai 13-14 anni, attraverso l’animazione giapponese che andava in onda su MTV nel programma Anime Night. La volontà di intraprendere un percorso professionale è nata quando avevo 16-17 anni, attraverso un corso di una giornata di avvicinamento al doppiaggio diretto da Ivo de Palma. Al che ho cominciato a frequentare scuole di recitazione a Torino, la Sergio Tofano e anche alla O.D.S (Operatori Doppiaggi e Spettacolo) cercando di prepararmi a tuttotondo. Da lì ho cominciato il mio percorso di studi e, piano piano, l’inserimento nel mondo del doppiaggio, attualmente milanese e torinese. É da tre anni che cerco di inserirmi in questo mondo sempre di più ma è difficile, perché siamo circondati da un’eccellenza e vi sono delle tempistiche sempre più veloci che, difficilmente, permettono l’inserimento dei giovani, di iniziare a lavorare se non già con una preparazione molto solida alla base. Io sono ancora ad un livello iniziale, quindi il termine più incalzante per definirmi è «giovanissimo professionista», quindi sono ben lontano dal definirmi un doppiatore di professione.

Cosa significa doppiare?

 La mia risposta da appassionato è che ci sono molte risposte, tutte corrette. La migliore è «quando si doppia un film, il doppiatore recita un copione cercando di creare l’illusione che il personaggio che appare sullo schermo parli italiano». Il miglior doppiaggio è quella che non si fa notare.

Gianandrea Muià
Ph: Federico Manai

Vincent Cassel il 20 novembre ha dichiarato «La cosa strana in Italia è che non c’è la possibilità di vedere un film senza doppiaggio, più che un’abitudine questo è un problema. Ha a che fare con l’educazione, bisognerebbe imparare. Non è la stessa cosa con un’altra voce, si può doppiare, ma sono certo che così si perda qualcosa». Tu cosa ne pensi a riguardo?

 Io non sono un’unghia di Cassel, posso dire che le ultime due affermazioni sono verissime. È innegabile che un prodotto doppiato perda rispetto alla sua versione originale. Il doppiaggio e i sottotitoli sono un compromesso. Bisogna imparare l’inglese, ma non è colpa del doppiaggio se la gente non lo sa, poiché è una lingua che si studia dalla prima elementare fino ai primi anni dell’università. Se non stai attento a lezione, è normale che tu non lo sappia. Poi ovvio che non basta solo la scuola per conoscere bene la lingua, però non è vero che il doppiaggio non permetta di imparare l’inglese. In Spagna, Francia e Germania il doppiaggio è presente ma non hanno le nostre stesse carenze. Non usiamo il doppiaggio come capro espiatorio. Non è vero che non si possono vedere i film in lingua originale. Oggi, molto più di ieri, le grandi catene di cinema fanno proiezioni in lingua originale, come The Space o l’UCI ma è la domanda che crea l’offerta: se non c’è abbastanza gente che va a vedere film in lingua originale, i cinema non sono invogliati a proiettarli perché vogliono, ovviamente, guadagnare. Gli amanti e i puristi della lingua originale sono una nicchia rumorosissima. Se ci fosse questo fulgido amore per la lingua originale, ci sarebbero molte più occasioni di vedere film non doppiati al cinema. Con ciò non voglio dire «beccatevi questo»: io ad esempio Zombieland non riesco a vederlo doppiato. Il punto cardine è guardate ciò che volete come volete. Il doppiaggio è nato con l’avvento del cinema sonoro, voluto dalle stesse produzioni holliwoodiane proprio per esportare i film oltreoceano. Le produzioni giravano i film più volte in più lingue differenti. Successivamente per rientrare nei costi hanno optato solo per modificare le tracce audio e da lì è nato il doppiaggio. E facendo di necessità virtù, in Italia è nata un’eccellenza.

Gianandrea Muià
Ph: Federico Manai

Molte persone sul web affermano che il doppiaggio sia calato qualitativamente. Tu cosa ne pensi?

 Si, c’è un calo ma ci sono delle motivazioni e delle misure. Negli ultimi anni, a causa dello streaming illegale e della nascita di tante piattaforme televisive, si è arrivati in un momento in cui c’è molto lavoro, si è pagati meno rispetto al passato e i tempi sono molto stretti. Tutto ciò è figlio dell’avanzamento tecnologico: negli anni 80 per fare tot anelli ci si metteva 3 ore e quindi la qualità era più alta poiché si avevano tempistiche più ampie e vi era maggior approfondimento. Tuttavia il calo della qualità non è così disastroso come molti millantano: il prodotto finito è comunque altissimo. Doppiaggio e adattamento sono due cose diverse e spesso sul web si fa confusione: il doppiatore ha il solo scopo di interpretare. I titoli dei film cambiati non sono colpa dell’adattamento, ma del committente che vuole guadagnare quanto più possibile e sceglie un titolo che a suo avviso funga a questo scopo. Poi ovvio a volte si sbaglia, ed è giusto riconoscerlo ma è giusto ricordare che si è esseri umani ed il doppiaggio è un compromesso. Non è facile riuscire a comprendere tutto lo spettro conoscitivo di ciò che si doppia. Quindi, abbiamo il doppiaggio migliore del mondo? Si. Ci sono stati dei problemi e degli scivoloni? Si, opinabile, ma ci sono stati. Ma ricordiamoci anche di adattamenti non fedeli alla traduzione letterale che hanno regalato delle perle, come il Batman di Tim Burton o i Cavalieri dello Zodiaco.

Com’è nata questa moda della guerra al doppiaggio?

 È semplice. Si cerca una bandiera di appartenenza e per sentirsi più forti, si denigra il diverso. Ma è nella natura umana, è fisiologico. Però, arrivati ad una certa età, bisogna capire che è inutile farsi una guerra se siamo tutti amanti dello stesso mondo. Non ti piace come è stata tradotta quella cosa? Ci sta, ma bisogna avere l’onestà di dire «siamo amanti del cinema, perché fare celolunghismi?»; il fatto di usufruire di un determinato strumento dovrebbe favorire lo scambio e non il conflitto. Scambiamoci opinioni e non scontriamoci con esse. Facciamo fronte comune accettando i gusti di tutti e andiamo avanti.

Un ringraziamento speciale a Federico Manai per le foto.

Niccolò Manai

Sono un ragazzo di 27 anni, curioso e voglioso di imbarcarmi sempre in nuove avventure. Sono laureato in Filosofia e in Sociologia. Ho una passione irrefrenabile per i videogiochi, fumetti e, ahimè, per la cioccolata.

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