Alessandro Zappulli, cantautore classe 1985 che forse è noto al grande pubblico grazie alla divulgazione che fa sui social, è prima di tutto un artista fortemente influenzato dalla new wave degli anni Ottanta, dal post punk e dai grandi cantautori italiani del passato e del presente. Ha suonato per vent’anni con varie band finché alla soglia dei 40 anni non ha avviato un progetto solista. Abbiamo ascoltato il suo nuovo singolo Non trovi anche tu e l’abbiamo intervistato a riguardo. Il brano è un meraviglioso spaccato di una crisi interiore e malinconica con un riferimento palese allo spaesamento della generazione di Zappulli, spesso in bilico tra agire e non agire.
Il brano ha un tono molto narrativo e intimo. È ispirato a una storia reale o è completamente frutto della tua immaginazione?
A dire il vero né completamente una cosa, né l’altra: è una sintesi di tante situazioni di vita con in mezzo una parte di immaginazione. Trovo che il modo di scrivere “verista”, che si limita al racconto di fatti per filo e per segno sia tremendamente noioso e ne preferisco uno più “onirico”, dove luoghi e persone possono essere unici e molteplici al tempo stesso, come in questo caso. Mi piace procedere per immagini che diano luogo a sensazioni.
Claudia è una figura centrale nel testo. Chi rappresenta per te? Un simbolo, una persona reale, una proiezione?
Come sopra, non completamente una persona reale, semmai la sintesi di più persone che volendo si proiettano (potremmo anche dire così) in questo personaggio che incarna diverse personalità e in cui, stando a quel che mi hanno scritto molte persone che hanno ascoltato il brano, in tanti si sono indentificati.
Hai scelto volutamente un linguaggio quotidiano, quasi da conversazione. Quanto è importante per te che il testo suoni vero?
Direi fondamentale. La cura che metto nei miei testi è maniacale: scelgo e peso attentamente ogni singola parola ed è una cosa su cui punto molto. Molte persone credono per scrivere un buon testo sia necessario utilizzare un lessico forbito, quasi letterario, ma non è necessariamente così e anzi, spesso si risulta sin troppo accademici. Dall’altro lato, non bisogna semplificare in maniera esagerata. Scrivere richiede una pratica continua.
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Nel brano c’è un riferimento a Roma, al camminare da soli per la città. Spesso Roma è un luogo citato nelle canzoni di vari cantautori, quanto conta il contesto urbano nelle tue canzoni?
Non è necessariamente centrale, a dire il vero: nel caso di “Non trovi anche tu” viene menzionata Roma perché è la città dove sono cresciuto e dove ho trascorso più di 30 anni di vita, perciò è quasi normale che in un brano come questo, che prende a grandi mani da esperienze vissute, sia la città che fa da sfondo al racconto.
Si sente una forte influenza della new wave anni Ottanta. Quali sono gli artisti o i dischi di quell’epoca che ti hanno formato di più?
Hai assolutamente ragione, la new wave (italiana e non) degli anni Ottanta e il cantautorato sono senza alcun dubbio i miei generi preferiti e credo che la sintesi migliore di questi due generi in Italia sia stata raggiunta con i Diaframma di Federico Fiumani, che è sempre stato il mio principale artista di riferimento. Dovessi elencarne altri, però, penso che la lista sarebbe sin troppo lunga e noiosa, preferisco citarti solo il nome più evidente.
Il pezzo tocca argomenti come l’insoddisfazione, l’intimità, il vuoto emotivo. Cosa volevi trasmettere con questa canzone?
Sì, esatto, si tratta di un brano malinconico su come a volte si osservino persone a cui vogliamo bene andare lentamente a pezzi, il voler fare qualcosa a riguardo, ma non sapere bene cosa e quindi a volte rimanere semplicemente lì, sperando che possa aiutare in qualche modo. Siamo una generazione di spaesati senza alcun controllo sulle cose, molte mie canzoni affrontano questo tipo di situazione presa da diversi punti di vista. In questo caso è molto forte quello della salute mentale.
Sei molto attivo sui social facendo una sorta di divulgazione, anche se ci tieni a sottolineare che non sei un critico musicale. Quanto è importante questa parte della tua vita per promuovere la tua musica? I social sono un ambiente ottimale per parlare di musica o a volte i “leoni da tastiera” e la tendenza alla tifoseria lo rendono più complicato?
Ti rispondo sinceramente: utilizzare i social è una sorta di “compito per casa” che non svolgo particolarmente volentieri. Oggi, purtroppo, agli artisti viene richiesto di svolgere una serie di compiti secondari a fini di promozione dell’immagine e chi non si adegua rischia, nella maggior parte dei casi, di rimanere inascoltato. Non penso che i social in generale siano il luogo ideale per parlare di musica (o di altri argomenti) in maniera esaustiva, la soglia dell’attenzione è molto bassa e tutto risulta spesso superficiale. Creare contenuti è semplicemente una parte noiosa, ma necessaria del lavoro. Fosse per me, non farei altro che suonare dal vivo, scrivere e registrare.
Foto in copertina di Davide Rancan
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