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Lucia Perez è morta due volte

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È morta due volte, Lucia Perez. E lo siamo un po’ tutti noi mentre apprendiamo le notizie che arrivano dall’Argentina. È morta due volte una ragazza di sedici anni: la prima due anni fa, nell’ottobre del 2016, dopo essere stata drogata, stuprata, torturata. La seconda in questo novembre inoltrato, dopo la lettura della sentenza che – senza troppi giri di parole – assolve Matías Farías (25 anni) e Juan Pablo Offidani (43), gli uomini accusati della sua morte per cui era stato chiesto l’ergastolo. Invece sono stati condannati a 8 anni per vendita di droga. C’è anche un terzo,accusato “solo” di occultamento di cadavere: completamente assolto da tutte le accuse.

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La sentenza è chiara: i tre uomini non sono colpevoli di violenza, di stupro, di impalamento, della morta della ragazza. Al massimo sono solo colpevoli di averle venduto una dose fatale.

Una storia di femminicidio

È difficile parlarne,scriverne, è difficile cercare di immaginare la sofferenza di una famiglia distrutta che chiede giustizia per ciò che è accaduto. È difficile pensare alla rabbia, alla disperazione di tutti coloro che in questi anni si sono battuti per portare a galla una verità scomoda ma necessaria da dichiarare, da urlare nelle piazze.

Perché quello che è successo alla giovanissima Lucia Perez – e dobbiamo chiamarlo con il suo nome – è femminicidio, barbaro femminicidio unito alla violenza più animalesca e una cultura patriarcale che si fa spazio anche nelle aule di tribunale.

 lucia perez
da ermanplatense.com

La sentenza che coinvolge anche il PM

Sotto la lente di ingrandimento, c’è un’altra donna adesso: il suo nome è Maria Isabel Sanchez, è il PM che all’indomani dei fatti del 2016 aveva dichiarato che la morte della ragazza era stata la conseguenza di violenze inaudite. Per questa ragione è stato chiesto di aprire un’indagine sulla sua condotta. I giudizi (tre uomini, Pablo Viñas, Facundo Gómez Urso e Aldo Carnevale) affermano che le sue dichiarazioni hanno condizionato l’opinione pubblica e che le violenze – impalamento compreso – non ci sarebbero mai state.

Per cosa è morta la giovane quindi? Se lo chiede anche la famiglia: «Loro non l’hanno stuprata, non l’hanno uccisa, non le hanno dato niente. E la morte di mia figlia cos’è, un regalo?», ha detto la madre Marta Montero. È morta di overdose dice la sentenza, e un mix, non scritto, di frivolezza che non guasta mai. Sì, perché i giudici hanno preso la loro decisione basandosi anche sulla vita privata della sedicenne, andando a recuperare i messaggi scambiati con le amiche e dicendo in aula che
«non era una persona che poteva essere facilmente costretta ad avere relazioni sessuali non consensuali», e che «sceglieva volontariamente gli uomini con cui stare». Lo schiaffo finale: l’umiliazione mista al giudizio facile, il dito puntato contro, l’idea messa nero su bianco su una sentenza ufficiale che «se l’era andata a cercare».

lucia perez
da notaperidismopopulral.com

Lucia Perez, una storia da raccontare

Dovremmo sentirci svuotati, umiliati, fragili anche noi per quello che è successo e che sta succedendo in Argentina. La storia di Lucia Perez, che ha sconvolto tutta l’America Latina dando vita al movimento globale #NiUnaMenos (Non una di meno), è dolorosa ma va raccontata. E va raccontata senza paure ed ipocrisie, anche se riapre ferite che non vorremmo vedere perché crediamo rimarginate.

Chiamiamolo nel modo giusto, non chiamiamolo solo “incidente”, “cattive compagnie”, “tossicodipendenza”, chiamiamolo abuso, violenza, femminicidio, maschilismo, patriarcato. È il minimo. Lo dobbiamo a tutti noi, lo dobbiamo a Lucia.

 

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Agnese Zappalà

Classe 1993. Ho studiato musica classica, storia e scienze politiche. Oggi sono giornalista pubblicista a Monza. Vicedirettrice di Frammenti Rivista. Aspirante Nora Ephron.

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